ZENONE Epicureo
Era della siriaca città di Sidone e fu capo della scuola epicurea nell'età di Cicerone, che dice di averne udito frequentemente le lezioni ad Atene. Era stato anche allievo e ammiratore di Carneade. Cicerone riferisce che l'accademico Filone lo chiamava il corifeo degli epicurei.
Era d'ingegno assai acuto, a quanto afferma Cicerone, e partecipando alle discussioni degli accademici di tendenza scettica, come i già nominati Filone e Carneade, ebbe occasione di meditare parecchio sul problema della conoscenza e particolarmente sulla teoria dell'analogia, che egli trattò nel senso della logica induttiva, sulle tracce della dottrina di Epicuro stesso. Di queste sue dottrine abbiamo documento nello scritto del suo allievo Filodemo, che ci è conservato, in parte, nei papiri di Ercolano, intitolato Degl'indizî e dell'arte di servirsene (Περὶ σημείων καὶ σημειώσεως). Quanto egli si serbi fedele a Epicuro, anche nei particolari, è incerto e molto disputato. Anche altri scritti di Filodemo, di retorica, di teologia e di etica hanno per fonte lezioni e scritti di Zenone, come ci dice lo stesso Filodemo. Fu scrittore assai fecondo, e più limpido e polito ed elegante di quanto non fossero di solito gli epicurei: polemista appassionato e violento non risparmiò gli avversarî né con le confutazioni né con il dileggio. Manca di lui una raccolta dei frammenti e uno studio che corrisponda allo stato presente delle conoscenze. Contro una sua opera circa la validità delle matematiche polemizzò Posidonio.