CESARI, Zenocrate
Nacque a Osimo (Ancona) il 9 agosto del 1811 da Vitale, che era segretario comunale, e da Carola Frezzini, figlia di un piccolo industriale proprietario di una filanda. Una notevole influenza ebbe sulla sua formazione politica la figlia della madre, legata agli ambienti carbonari, specie nella persona del nonno Andrea Frezzini, che era stato nel 1817 a capo del gruppo carbonaro osimano. Compiuti i primi studi presso il collegio Campana, il C. si trasferì, alla morte del padre, a Macerata, presso la cui università intraprese gli studi di giurisprudenza, che dovette però portare a termine a Roma, avendo nel 1831 un provvedimento pontificio ordinato la chiusura delle università nelle province dello Stato. Ritornato a Osimo, esercitò la professione notarile fino al 1849, quando venne nominato segretario comunale.
Attiva in quegli anni fu la sua collaborazione con il gruppo moderato di Osimo, per lo più costituito da proprietari terrieri, tra i quali non mancavano esponenti della gerarchia ecclesiastica, come lo stesso vescovo autorevole Giovanni Sogua Ceroni. Nel 1845, in seguito al fallimento dei moti di Romagna e alla reazione pontificia estesasi anche nelle vicine Marche, il C. si trovò con altri patrioti osimani nelle liste dei proscritti e riuscì ad evitare l'arresto solo grazie all'energico intervento del cardinale Soglia. Nel 1848, tuttavia, gli veniva offerto di divenire segretario della delegazione pontificia di Macerata, ma vi rinunciò per la pressione dei suoi concittadini che desideravano la sua permanenza nella città. Nel 1849 fu eletto, in rappresentanza della provincia di Ancona, deputato alla Costituente romana, nella quale sostenne la necessità di una linea politica improntata a un cauto riformismo; fu, infatti, tra i pochi a non votare a favore della decadenza del potere temporale del papa e della immediata proclamazione della repubblica.
Nel discorso tenuto, fra i censi degli elementi più radicali, l'8 febbr. 1849, affermò che la proclamazione della repubblica avrebbe rappresentato, infatti, un grave ostacolo al processo di confederazione italiana, perché avrebbe allontanato Roma dagli Stati più moderati e particolarmente dal Piemonte. Appoggiò quindi la proposta dell'Audinot di rimettere ogni decisione alla Costituente italiana.
Il suo atteggiamento moderato non lo salvò, tuttavia, al momento della restaurazione, dalla scomunica pontificia, comminata dal monitorio papale del, 1º genn. 1849, con cui vennero colpiti tutti coloro che avevano aderito alla Costituente.
Ritornato in Osimo, lo attendeva altresì l'ordine di presentarsi alle autorità pontificie. La sua posizione era inoltre aggravata da una lettera anonima pervenuta al commissario di Ancona, nella quale, con riferimento al suo passato liberale, si minacciava, qualora non fossero stati presi i dovuti provvedimenti, di denunciarlo alle autorità austriache che da poco avevano occupato le Marche. Il C. preferì però non presentarsi e aiutato ancora una volta dal cardinale Soglia che, mentre ufficialmente gli trasmetteva l'invito, nascostamente lo consigliava ad allontanarsi, prese la via dell'esilio.
Grazie all'interessamento dell'amico L. C. Farini, che lo raccomandò all'Azeglio, allora presidente del Consiglio, poté rifugiarsi in Piemonte. A Torino svolse una intensa attività giornalistica che gli dette modo di venire in contatto con gli uomini più famosi del tempo: Cavour, Minghetti, Rattazzi, Nigra e altri. Nel 1850 fu amministratore della Frusta, giornale guidato dal Farini e sostenitore della politica ecclesiastica del ministero d'Azeglio. La Frusta cessò, però, di vivere alla fine dell'anno quando, esaurita la propria funzione con l'approvazione delle leggi Siccardi e ridottosì il già esiguo numero degli abbonati, lo stesso C. preferì disinteressarsene. Nel 1851 (anno del suo matrimonio con Clementina Marino vedova Chiabrera) entrò a far parte della redazione del Risorgimento e intanto lavorava a fondare un nuovo periodico, il Cimento, che iniziò le pubblicazioni quindicinali al principio del 1852 e del quale fu il direttore a nome del Farini.
Ispirato a un cattolicesimo liberale, auspicante la netta separazione della Chiesa dallo Stato, il Cimento annoverò tra i suoi collaboratori letterati e uomini insigni come Balbo, i fratelli Cantù, Nigra, Minghetti, De Sanctis, Tommaseo (non risultano invece scritti firmati dal C., ad eccezione di un breve articolo bibliografico siglato "Z. C."). Nel febbraio del 1856 il Cimento veniva inglobato nella Riv. contemporanea di L. Chiala (propr. e direttore), sulla quale scrivevano Mancini, Spaventa, Correnti, Bersezio; il C. ne fu direttore amministrativo dal settembre al dicembre del 1856 e quindi direttore nel gennaio del 1857.
Nello stesso anno, con interessi più specificamente culturali, nell'intento di avvicinare la cultura piemontese a quella degli altri paesi europei, il C. fondava un nuovo giornale Il Gabinetto di lettura, il cui primo numero uscì il 4 aprile. Allo stesso scopo apriva un circolo omonimo, dotato di sale di lettura e di conversazione per il pubblico, che fu ritrovo degli uomini politici di ogni parte d'Italia.
Entrambe le iniziative fallirono però nel breve giro di un anno; nel 1858 il C. abbandonava inoltre la direzione della Rivistacontemporanea concludendo così la sua opera in campo giornalistico che in verità non gli aveva mai portato fortuna e nella quale aveva perduto quasi tutto ciò che possedeva.
Il C. era però entrato sempre più, grazie anche all'amicizia con il Farini, nella considerazione degli ambienti governativi piemontesi, tanto che nel 1859, divenuto funzionario del ministero degli Interni, veniva incaricato dal Cavour di una importante e delicata missione presso il governo provvisorio di Toscana. Nel 1860, dopo la battaglia di Castelfidardo, il C. ritornò nelle Marche, dove fu nominato segretario generale del commissario regio L. Valerio, che ne apprezzò la fattiva collaborazione nella conduzione della politica di governo. Rientrato il Valerio nel 1861 a Torino, il C. occupò l'ufficio di segretario di seconda classe nella prefettura di Ancona, che lasciò però l'anno seguente, quando ritornò all'esercizio del notariato in Osimo, dal quale era stato sospeso nel 1849 e reintegrato nel 1860 con un decreto che il Valerio aveva segnalato come un atto di riparazione ad una ingiusta sentenza.
Nello stesso anno il governo gli conferiva la nomina a delegato straordinario presso il comune di Osimo; nel 1863 egli veniva nominato cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro; la stessa Repubblica di San Marino, per la quale il C. aveva sostenuto l'ufficio di incaricato d'affari presso il governo piemontese, gli conferiva il patriziato e il titolo di cavaliere colonnello.
Il C. desiderava però ritornare a Torino ed essere richiamato al servizio governativo; nel 1862 aveva infatti scritto a Silvio Spaventa, allora segretario generale del ministero degli Interni, nella speranza di essere riassunto presso quello dell'Agricoltura, ove era stato impiegato prima di seguire il Valerio nelle Marche. L'anno seguente Bertrando Spaventa, conosciute le difficoltà economiche in cui versava il C., pregava suo fratello Silvio di offrirgli un posto di caposezione. Trascorse invece gli ultimi anni nella sua città natale ove, per alcuni mesi, ricoprì la carica di sindaco.
Il C. morì nella città natale il 6 febbraio 1884.
Fonti e Bibl.: Assemblee del Risorgimento, IV, Roma 1911, pp. 86-88; L. C. Farini, Epistolario, a cura di L. Rava, I-IV, Bologna 1911-1935, ad Indices; Id., Lo Stato romano dall'anno 1815 al1850, IV, Bologna 1853, p. 205; L. Rava, Il carteggio di L. C. Farini ela politica degli Stati italiani negli anni 1849-50-51, in Nuova Antol., 16 nov. 1913, pp. 185, 194, 201; B. Spaventa, La politica dei gesuiti, a cura di G. Gentile, Milano-Roma-Napoli 1911, pp. XV-XVI; F. De Sanctis, Lettere dall'esilio,1853-1860, a cura di B. Croce, Bari 1938, ad Indicem; S. C. Landucci, De Sanctis e Tommaseo,Lettere inedite, in Belfagor, XVII (1962), p. 208; Le Marche dal 15 sett. 1860 al 18 genn. 1861.Relazioni al ministero dell'Interno del R. Commissario generale straord. L. Valerio, in Il Politecnico, luglio 1861, pp. 37, 56; C. Grillantini, Il contributo della città di Osimo all'impresa del Risorg. ital., Ancona 1861, pp. 3, 8 s.; E. Ippoliti, Onoranze al cav. Z. C., Osimo 1884; G. Cecconi, Discorso funebre per Z. C., Osimo 1884; R. Filippucci, Alla mem. del cav. Z. C., Osimo 1884; A. Manno, Bibliogr. stor. degli Stati della monarchia di Savoia, I, Torino 1884, pp. 256, 444; G. Finali, Le Marche,ricordanze, Ancona 1897, p. 118; F. Frezzini, Cronaca osimana dal 1849 al 1860, Osimo 1898, p. 18; G. Leti, La rivoluz. e la Repubblica romana(1848-1849), Milano 1913, pp. 147, 150; E. Costantini, Il decennio di occupaz. austriaca dal 1849 al 1859 in Ancona, Ancona 1916, p. 122; V. Valente, "Il Cimento", in Riv. letteraria (Udine), IX (1937), pp. 34 s.; C. Grillantini, Storia di Osimo, II, Pinerolo 1969, pp. 645 s.; Dizionario del Risorgimento nazionale, II, p. 662.