ZENOBIA (Septimia Zenobia, Bathzabbai)
Seconda moglie di Odenato (v.), alla morte del marito tenne il potere in nome del figlio Wahballāt (L. Julius Aurelius Septimius Vaballathus Athenodorus). Fin da principio Z. seguì verso l'impero romano una politica del tutto opposta a quella di Odenato, rompendo i buoni rapporti con Roma e stipulando accordi con i Persiani. Eracliano, prefetto del pretorio, inviato in Oriente da Gallieno, fu sconfitto dalle truppe palmirene. Il periodo fino al 269 fu probabilmente impiegato da Z. a estendere il dominio di Palmira sulla Siria, che però nominalmente continuava a dipendere da Roma e sulle provincie limitrofe. Dal 269 i piani di Z. divennero sempre più ambiziosi, anche per impulso dei suoi consiglieri, fra i quali si trovava il filosofo Cassio Longino. Un esercito, comandato dal generalissimo Zabdā, s'impossessò dell'Egitto. Z. riusciva poi ad allargare la sua conquista all'Asia Minore, occupando Ancira nella Galazia, ma falliva nel tentativo di impadronirsi della Bitinia. Aureliano, non potendo per il momento impegnarsi in una campagna in Oriente, stringeva nel 270 con Z. una convenzione, per la quale lasciava alla regina di Palmira il dominio sulle regioni conquistate e riconosceva a Vaballato i titoli già posseduti da Odenato. L'accordo durò appena un anno. Nel 271, prima del 29 agosto, si veniva alla rottura aperta: Z., mirando, secondo l'opinione comune, a crearsi in Oriente uno stato indipendente da Roma, batté moneta in suo nome e in quello del figlio, che prese i titoli di imperatore romano, Imperator Caesar Augustus. Pronta fu la risposta di Aureliano, che riuscì a riprendere l'Egitto nello stesso 271 e nel 272 guidò personalmente l'esercito principale contro Z.: ricuperata senza incontrare resistenza l'Asia Minore fino al Tauro, impadronitosi mediante il tradimento di Tiana, batté sull'Oronte l'esercito palmireno al comando di Zabdā, occupando così Antiochia. La battaglia decisiva avvenne presso Emesa e terminò con la disfatta dei Palmireni. Z. fuggì a Palmira e di lì, quando la situazione della città assediata divenne insostenibile, tentò di recarsi presso i Persiani, ma, raggiunta, fu arrestata sulla riva dell'Eufrate. Processata ad Emesa, per salvare la vita riversò ogni colpa sui suoi consiglieri, che furono giustiziati, compreso Longino. Sull'ulteriore sorte di Z. esistono due versioni: secondo una (riferita da Zosimo), Z. sarebbe morta durante il suo viaggio alla volta di Roma, secondo l'altra, che sembra più attendibile, avrebbe ornato il trionfo di Aureliano.
Bibl.: A. von Sallet, Die Fürsten von Palmyra, Berlino 1866, pp. 12-71; H. Dessau, in Prosopographia Imperii Romani, III, Berlino 1898, pp. 213-214; L. Homo, Essai sur le règne de l'empereur Aurélien, Parigi 1904, pp. 66-69; 84-104; 108-109; E. Groag, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, coll. 1360-66, 1380-87; J. G. Février, Essai sur l'histoire politique et économique de Palmyre, Parigi 1931, pp. 100-136. Cfr. J.-B. Chabot, Choix d'inscriptions de Palmyre, ivi 1922, pp. 17-19, 56-59; J. Cantineau, Inventaire des inscriptions de Palmyre, fasc. III, Beirut 1930, n. 3, pp. 5-6, n. 20, pp. 26-27; J. Vogt, Die alexandrinischen Münzen, I, Stoccarda 1924, pp. 213-215; P. H. Webb, The Roman Imperial Coinage, V, i, Londra 1927, pp. 260-61, 308; V. 2, Londra 1933, pp. 573, 584, 585; Ch. Clermont-Ganneau, in Revue Biblique, XXIX (1920), pp. 382-419; E. Caspar, Geschichte des Papstums, I, Tubinga 1930, p. 94; G. M. Bersanetti, in Riv. Indo-Greco-Italica, XVII (1933), pp. 107-110; P. Damerau, Kaiser Claudius II. Goticus, in Klio, Suppl. XXXIII (1934), pp. 54-61; M. Rostovtzeff, Città carovaniere, Bari 1934, pp. 33, 109-110, 114-115.