ZENOBI, Luigi, detto il Cavalier del Cornetto
ZENOBI (Zanobi), Luigi, detto il Cavalier del Cornetto. – Nacque intorno al 1547 ad Ancona. La data si deduce da una lettera del 1602, in cui dice d’avere 54 anni (Newcomb, 1980, I, p. 182); sul frontespizio delle sue Rime (Ferrara, Vittorio Baldini, 1589) si dichiara «anconitano». Non sono noti i nomi dei geniori.
Dal novembre del 1569 al novembre del 1573 fu al servizio dell’imperatore Massimiliano II in qualità di suonatore di cornetto (Pass, 1980, p. 223). Nel 1570 si recò a Pesaro: avrebbe dovuto sposare la cantante senese Virginia Vagnoli, allora al servizio di Guidobaldo Della Rovere, e poi condurla a Vienna, secondo le intenzioni formalmente manifestate da Massimiliano al duca d’Urbino con lettera del 6 settembre 1570. Il progetto non andò in porto, perché il padre della cantante non accettò la proposta di matrimonio a causa del livello sociale del pretendente, ritenuto inferiore a quello della sposa (non senza dispetto del duca, Virginia sposò invece il gentiluomo Alessandro Striggi, compositore). Il rifiuto dovette ripercuotersi sui rapporti del musicista con l’imperatore. In effetti già dal gennaio del 1573 sappiamo che Zenobi, lamentandosi del trattamento ricevuto alla corte imperiale, per migliorare le proprie condizioni e per poter metter su famiglia, puntava alla cappella di corte a Monaco di Baviera, all’epoca diretta da Orlando di Lasso (Blackburn - Lowinsky, 1993, pp. 66 s.). A tale scopo – lo si apprende da una lettera di Ludwig Haberstock, contralto nella corte monacense, dell’8 gennaio 1573 – Zenobi intendeva abbandonare la corte imperiale per fare ritorno in Italia e solo in seguito poter accettare un posto a Monaco (ibid.). Manifestò le lamentele sui mancati riconoscimenti dopo tre anni al servizio imperiale, e il desiderio di non essere trattato come un semplice cornettista ed elevarsi a un rango sociale superiore, in una lettera, scritta in un apprezzabile latino, del 25 febbraio 1573 al duca Guglielmo di Baviera (ibid., p. 67).
Nel novembre 1573, ottenuta la licenza e il passaporto, lasciò la corte imperiale, non senza disappunto del sovrano, che scrisse ai duchi di Savoia, Mantova, Ferrara, Urbino, Toscana e altri, sconsigliandoli dall’assumere il musicista al loro servizio e accoglierlo nelle loro corti (Lindell, 1992, pp. 238, 243). Di conseguenza Zenobi si trovò ben presto «nel più misero stato [...] cioè infermo e ridotto come un legno, pieno di debiti, poco men che mendico», come scriveva da Roma il 3 dicembre 1574 a Massimiliano II (Vienna, Österreichisches Staatsarchiv, Haus-, Hof- und Staatsarchiv, Diplomatie und Außenpolitik vor 1848, Staatenabteilungen, III Rom Varia, fasc. 5); il 10 dicembre indirizzò un’accorata supplica all’imperatore, cui seguì una postilla in pari data, affinché con la mediazione del cardinale Marco Sittico Altemps o del vescovo di Frisinga, Ernesto di Baviera, gli facesse ottenere un aiuto dal papa e gli concedesse di ritornare a corte (ibid.). A quanto pare Massimiliano raccomandò allora Zenobi al cardinale Ludovico Madruzzo, che tentò, ma invano, di fargli ottenere un beneficio dal pontefice (lettera del porporato all’imperatore, da Roma l’8 gennaio 1575; Lindell, 1992, p. 238). Nell’aprile 1575 l’ambasciatore a Roma ebbe ordine di pagare 200 ducati a Zenobi, come anticipo di futuri stipendi, a condizione che ritornasse a Vienna (ibid., pp. 238, 244 s.). L’anno seguente il musicista, elevato al rango di gentiluomo, era rientrato al servizio imperiale: lo si evince da un ciclo di cento sonetti intitolato Il pianto di Luigi Zenobi, gentilhuomo della casa dell’invittissimo imperador Ridolfo secondo, scritto per la «morte della Sacra Cesarea Maestà dell’imperador Massimiliano secondo, signor suo clementissimo», avvenuta il 12 ottobre 1576. Il componimento è dedicato a Carlo Emanuele, principe di Savoia e di Piemonte (Torino, Biblioteca nazionale universitaria, ms. N.VI.24).
Nell’aprile 1579 era in partenza da Praga, l’altra capitale dell’impero, verso l’Italia. Benché avesse chiesto il permesso di recarsi a Ferrara in occasione delle nozze fra Margherita Gonzaga e Alfonso II d’Este, il musicista era diretto a Mantova nell’intento di mettersi al servizio del duca Guglielmo Gonzaga (Mari, 2005, p. 509): ma il progetto non andò a buon fine. Nel 1580, trovandosi a Torino, malato, in casa del giurista Bernardo Trotti, compose il sonetto Di mesta oscura ecclisse il Sol s’asperse, e ne fece omaggio al principe di Savoia e poi al «cardinale di Cremona», Nicolò Sfondrati, suo protettore (Rime, cit., pp. [1] s.).
Nel 1583 Zenobi, che nel frattempo doveva essere stato insignito del cavalierato probabilmente da Rodolfo II, si trovava a Roma, da dove il 14 ottobre s’indirizzava al cardinale Luigi d’Este a Tivoli lamentando le gravi difficoltà in cui era di nuovo precipitato. Da una corrispondenza del gennaio 1587 tra padri oratoriani risulta che il «cavalier Luigi» aveva diretto la musica nell’oratorio di S. Maria in Vallicella (Morelli, 1991, pp. 11 s.). La collaborazione con l’oratorio romano è avvalorata dalla presenza di due sue laudi nelle citate Rime (pp. [5, 10]), incluse anche in due raccolte filippine stampate in Roma nel 1589 e nel 1591. Può darsi che in quegli anni fosse ancora, almeno nominalmente, a servizio di Rodolfo II; in una lettera al cardinale Alessandro d’Este del 28 luglio 1601 dichiarava infatti di aver servito «più di venti anni Massimiliano e Ridolfo imperadori», e di aver insegnato canto per sette anni ad Anna d’Austria, figlia di Massimiliano e «madre del presente re cattolico», ossia di Filippo III (Newcomb, 1980, I, p. 182).
All’inizio del 1589 Zenobi era a Ferrara, essendo entrato da qualche tempo al servizio del duca Alfonso II, con il più alto salario mai corrisposto a un musicista di quella corte (ibid., p. 30); lo conferma una lettera del 4 febbraio 1589 del marchese Alfonso Fontanelli, che doveva aver fatto da intermediario con la corte estense (ibid., p. 182). Il servizio ferrarese non impedì a Zenobi di compiere alcuni viaggi. Nel settembre 1593 era a Roma, incaricato dal duca, tra l’altro, di reclutare alcuni cantori per la corte e, possibilmente, di recarsi anche a Napoli per lo stesso motivo (ibid.). Il 29 aprile 1596, di passaggio a Modena, «il cavalier del cornetto, che poco prima era venuto da Reggio», suonò «su l’organi alle secrete» durante una messa in duomo e ascoltò un mottetto di suor Sulpizia Cesis in S. Geminiano, ch’egli lodò (G.B. Spaccini, Cronaca modenese, ed. moderna a cura di A. Biondi - R. Bussi, Modena 1993, pp. 30-32).
Alla morte di Alfonso II (27 ottobre 1597) e al conseguente scioglimento della corte ferrarese, il musicista dovette cercare un nuovo impiego in altra città. Nel 1599 Zenobi, che pur aveva accarezzato l’ipotesi di entrare al servizio del cardinale Montalto (Alessandro Peretti Damasceni) a Roma, era a Napoli nella cerchia di Matteo di Capua, principe di Conca, collaborando alle musiche della sua cappella privata e delle sue residenze extraurbane a Caiazzo e Vico Equense (D’Alessandro, 2019, p. 477). Il 15 ottobre di quell’anno il musicista vendette alla principessa Giovanna di Zuñiga Pacheco, moglie del principe di Conca, 19 quadri tra i quali diversi Albrecht Dürer, per la somma di 400 ducati (D’Alessandro, 2020, p. 356). Nel luglio 1601 Zenobi, che nel frattempo si era sposato e aveva avuto una figlia, era membro della cappella reale di Napoli. Alcune lettere degli anni 1601-02 al cardinale Alessandro d’Este documentano le reiterate richieste di un aumento di stipendio, nonché l’astiosa inimicizia del cappellano maggiore, che lo riteneva ormai troppo anziano e gli aveva proibito di suonare «sopra l’organo» (lettera del 30 settembre 1602 al porporato; Blackburn - Lowinsky, 1993, pp. 70 s.).
Morì in data imprecisata, non molto tempo dopo. In quello stesso anno la cappella reale assunse il cornettista Bartolomeo Ansalone (D’Alessandro, 2008, pp. 100 s.).
Zenobi, quale celebre virtuoso di cornetto, è ricordato dal pittore Giovanni Paolo Lomazzo nel suo Trattato dell’arte della pittura (Milano, Ponzio, 1584, p. 348) e in una sua poesia (Rime, Milano, Ponzio, 1587, pp. 163 s.). La fama del cornettista gli sopravvisse: fu infatti ricordato da Costanzo Antegnati (L’arte organica, Brescia 1608, p. [6]) e da Vincenzo Giustiniani (1628 ca., 1903, p. 125).
Di Zenobi è pervenuto uno scritto assai interessante (Roma, Biblioteca Vallicelliana, ms. R.45, cc. 199r-204v; ed. moderna in Blackburn - Lowinsky, 1993, pp. 79-90) sotto forma di lettera a un «Serenissimo mio signore e padrone» che desiderava conoscere i precisi criteri con cui selezionare i migliori musicisti. Lo scritto risale all’ultimo decennio del Cinquecento (vi si nomina la tiorba, strumento entrato in uso non prima di quegli anni). In uno stile schietto e colloquiale l’autore riassume le questioni poste dall’anonimo «padrone» in sei punti, che toccano qualità e competenze dei migliori «musici, come cantanti, compositori, contrapuntisti et instrumentisti»; al netto di luoghi comuni e tirate moralistiche, il testo presenta alcune osservazioni originali, che rivelano la familiarità dell’autore con le novità invalse nella prassi musicale vocale e strumentale dei giorni suoi. Vengono descritte con molta accuratezza le peculiarità tecniche (emissione, timbrica, ornamentazione ecc.) specifiche di ciascun registro vocale. Viene chiarito il ruolo del «rimettitore», un cantore-direttore in grado di suggerire la parte agli altri cantori durante l’esecuzione di un brano polifonico. Quanto agli strumenti da fiato, l’autore loda l’abilità nel curare «più il piano [...] del forte, come quello che serve nelle camere de’ principi et in luoghi di rispetto», facendo implicito riferimento al proprio virtuosismo nel suonare in pianissimo il cornetto, per il quale andava famoso, come testimoniò anche Giustiniani, che lo aveva ascoltato in un suo camerino (Blackburn - Lowinsky, 1993, pp. 85, 73 s.).
Per le citate Rime del 1589 – una manciata di componimenti spirituali – venne lodato in una lettera di Battista Guarini del 14 luglio 1590 (Lettere, Venezia, Ciotti, 1593, pp. 81-83). Un suo componimento, Io so ben che vivete, fu messo in musica da Giovanni Agostino Veggio nel Primo libro di madrigali a quattro (Parma, Viotto, 1575).
Fonti e Bibl.: V. Giustiniani, Discorso sopra la musica, 1628 ca., ed. mod. in A. Solerti, Le origini del melodramma, Torino 1903, pp. 103-128; A. Newcomb, The madrigal at Ferrara, 1579-1597, Princeton (N.J.), 1980, ad ind.; W. Pass, Musik und Musiker am Hof Maximilians II., Tutzing 1980, pp. 222 s.; A. Morelli, Il tempio armonico. Musica nell’oratorio dei Filippini in Roma, 1575-1705, Laaber 1991, pp. 11 s.; R. Lindell, New findings on music at the court of Maximilian II, in Kaiser Maximilian II: Kultur und Politik im 16. Jahrhundert, a cura di F. Edelmayer - A. Kohler, Wien 1992, pp. 231-245; B.J. Blackburn - E.E. Lowinsky, L. Z. and his letter on the perfect musician, in Studi musicali, XXII (1993), pp. 61-114; F. Piperno, Diplomacy and musical patronage: Virginia, Guidobaldo II, Massimiliano II, “Lo Streggino” and others, in Early music history, XVIII (1999), pp. 259-285; L. Mari, Alcuni musicisti al servizio di Mantova e dell’impero, in I Gonzaga e l’impero. Itinerari dello spettacolo, a cura di U. Artioli - C. Grazioli, Firenze 2005, p. 509; D.A. D’Alessandro, Giovanni de Macque e i musici della Real Cappella napoletana, in La musica del Principe. Studi e prospettive per Carlo Gesualdo, a cura di L. Curinga, Lucca 2008, pp. 100 s.; Id., Mecenati e mecenatismo nella vita musicale napoletana del Seicento e condizione sociale del musicista. I casi di Giovanni Maria Trabaci e Francesco Provenzale, in Storia della musica e dello spettacolo a Napoli. Il Seicento, a cura di F. Cotticelli - P. Maione, Napoli 2019, p. 477; Id., Una prima ricognizione sul mecenatismo musicale di Matteo di Capua, principe di Conca, in Arti e lettere a Napoli tra Cinque e Seicento. Studi su Matteo di Capua principe di Conca, a cura di A. Zezza, Milano 2020, p. 356. Si veda inoltre: B.J. Blackburn, Z., L., in Grove music online, 2001, https://doi.org/ 10.1093/gmo/ 9781561592630.article.40679 (7 sett. 2020).
Si ringrazia Bonnie J. Blackburn per le notizie gentilmente fornite.