GUASCONI, Zenobi
Nacque a Firenze nel 1325 da Piero di Nardo, detto Bonaccio.
Ebbe sei fratelli, quattro dei quali (Biagio, Bindo, Rinuccio e Iacopo) ricoprirono importanti cariche pubbliche in Firenze. Gli altri due abbracciarono la vita religiosa: Bernardo, frate minore in S. Croce, ebbe la carica di ministro provinciale e di inquisitore e salì al seggio vescovile di Cervia; l'altro fratello, di cui conosciamo solo il nome in religione, il medesimo del G. - da cui lo distingue nei documenti l'aggettivo senior - morì diacono nello stesso anno in cui questi nacque, dopo cinque anni di vita conventuale in S. Maria Novella.
Del defunto fratello il G. adottò il nome religioso per entrare nel 1337 o nel 1338, forse proprio al posto del congiunto, nel convento domenicano di S. Maria Novella; ivi risulta studente di logica nel 1341, mentre a Siena fu mandato nel 1348 per studiare filosofia. Prima del 1356, anno in cui fu priore di San Miniato, è probabilmente da collocare il canonico soggiorno allo Studio di Parigi, conclusivo degli studi universitari, e la sua attività di lettore in arti e filosofia naturale nei conventi domenicani di Perugia, Roma e Pisa.
Alla fine del dicembre 1362 il G. succedette a Leonardo da Castelfiorentino in qualità di priore di S. Maria Novella; il suo priorato, durato sino alla fine del 1365, lasciò una traccia duratura nella vita del convento. Merito non piccolo del G. fu quello di riordinare e continuare l'archivio finanziario della comunità conventuale. Nel Liber novus, opera intrapresa nel 1364, il G. sunteggiò un perduto libro compilato dal frate Giovanni di Tuccio Infangati, procuratore del convento, e formato da una serie tendenzialmente sistematica di regesti dei documenti finanziari concernenti la comunità di S. Maria Novella, a partire dall'epoca della fondazione; vi continuò poi attivamente l'opera di registrazione. Molte furono infatti le questioni finanziarie e relative alla gestione delle proprietà conventuali di cui il priore ebbe a 0ccuparsi. Nel 1363 concesse alla Società dei Disciplinati di S. Zanobi la parte inferiore della casa delle scuole posta presso una delle porte del convento; circa un anno dopo concesse alla Società dei Disciplinati di S. Lorenzo i locali della vesteria e calzoleria, ove i Disciplinati, dotatisi di un nuovo nome (Compagnia di S. Lorenzino in Palco) conseguente alla nuova sede concessa loro dal G., ebbero dimora dal 1365 fino al sec. XVIII. Il 2 maggio 1364, attraverso l'acquisto di un terreno da Costanza de' Pitti, pose termine alla controversia che da tempo opponeva la famiglia della donna al convento.
Tra le molte transazioni economiche e concessioni dal G. condotte sino alla fine del suo priorato, rivestono particolare importanza le donazioni finalizzate alla costruzione del nuovo convento di S. Maria Novella, concretamente realizzata in alcune parti sotto la sua supervisione. Il 4 luglio 1364 Francesco e Alessandro di Benedetto Gucci donarono al convento per la costruzione di un nuovo dormitorio 600 lire ereditate da un terzo fratello defunto, Bartolomeo, ma il finanziamento più importante dell'impresa giunse senza dubbio dal testamento di Bartolo di Cino Benvenuti, reso nello stesso dicembre 1362 in cui ebbe inizio il priorato del Guasconi. Di questo testo egli fece fare copia autentica per il convento al costo di 82 fiorini: costosa cautela, determinata dall'importanza della donazione.
Dal Benvenuti erano stati destinati 600 fiorini alla costruzione di un dormitorio orientale, a condizione che i frati impiegassero un'altra quota del lascito, 2000 fiorini, per edificare un monastero dedicato a S. Giuliano in un podere del donatore chiamato Montaione, nel "popolo" di S. Stefano in Pane, nel giro di due anni, pena il trasferimento dei fondi col relativo ufficio edificatorio alle Compagnie di Orsanmichele, della Misericordia e del Bigallo. Previa autorizzazione papale - il diploma di Urbano V oggi unito alla copia autentica del testamento - il G. avviò la costruzione del monastero, che risulta effettivamente ultimato e aperto alle prime monache nel 1365; il luogo, lontano dalla città, sarebbe poi stato abbandonato per motivi di sicurezza il 23 luglio 1376 e il monastero spostato in un edificio sito presso porta Faenza, acquistato dal monastero di S. Orsola. Ultimato il monastero, il G. poté avviare la costruzione del dormitorio orientale.
Fu invece principalmente grazie al lascito di Buonamico di Lapo Guidalotti che il G. poté far ultimare il dormitorio grande o settentrionale superiore, detto "di contro alla Libreria" (Orlandi, p. 615), la cui edificazione era rimasta interrotta dal 1333; il lavoro fu terminato nel 1363 sotto sovrintendenza diretta di frate Uberto Donati. Buonamico di Lapo Guidalotti e Turino di Baldese, attraverso l'esecuzione testamentaria dell'allora priore Iacopo Passavanti, avevano già finanziato la costruzione del capitolo; il Guidalotti aveva anche lasciato ai frati 325 fiorini d'oro per farlo affrescare.
Nel 1365, ormai al termine del suo priorato, il G. ebbe ancora il tempo di occuparsi della realizzazione degli affreschi, che commise ad Andrea di Bonaiuto in cambio di una casa del valore di 65 fiorini d'oro sita nella piazza di S. Maria Novella e di una ricompensa in danaro; il lavoro era da compiersi in diciotto mesi, a partire dal 1° genn. 1366. Visto il ruolo avuto dal Passavanti nella costruzione del capitolo, gli fu attribuito anche il piano della decorazione, poiché essa è in parte dedicata a rappresentare scene tratte dal di lui Specchio di vera penitenza; il Vasari attribuisce invece l'ispirazione degli affreschi a chi era priore del convento al momento della loro esecuzione, vale a dire al Guasconi. Le due notizie non sono in contraddizione, visto che l'opera di riduzione pittorica dello Specchio potrebbe esser stata lasciata allo stato progettuale dal Passavanti e diretta nella realizzazione concreta dal G., o interamente ascrivibile a quest'ultimo come omaggio al precedente priore, di cui il G. continuò tanto le opere di edificazione del convento quanto quelle di produzione devozionale in lingua volgare.
Nel 1369 il G. ottenne la licenza magistrale presso lo Studio fiorentino, alla presenza del vescovo di Firenze Pietro Corsini e di sei maestri in teologia, i francescani Bernardo Guasconi (fratello del G.) e Benedetto Cavalcanti, i domenicani Jacopo da Siena e Bartolomeo di Firenze, il servita Antonio, gli eremitani Francesco Nerli e Martino di Signa; esercitò il suo magistero in Firenze prima allo Studio universitario e poi in quello conventuale. In questo medesimo periodo deve probabilmente collocarsi il suo lettorato in Siena, ove conferì licenza magistrale ad Antonio de' Cancellieri. Nel 1380 partecipò in qualità di definitore della provincia romana al capitolo generale dell'Ordine dell'obbedienza romana tenutosi il 12 maggio a Bologna.
La morte, forse per malattia (nella nota si parla di una sua assidua frequentazione del coro "quamdiu fuit sanus", Orlandi, p. 130), lo colse, presumibilmente a Firenze, nel 1383.
Sappiamo dalla nota obituaria che il G. fu autore di "multos bonos sermones scolasticos" (ibid., p. 131) e di altri testi di devozione; di questa produzione sono noti due volgarizzamenti, certo da porre in relazione con l'ampio progetto di traduzione di testi sacri legato, nel tardo Trecento e nel primo Quattrocento, a una istanza di rinnovamento dell'attività di predicazione, eminentemente espressa attraverso analoghi testi da personaggi fortemente legati a S. Maria Novella: Domenico Cavalca, Giordano da Pisa e lo stesso Passavanti.
Il primo testo, traduzione in fiorentino di un'omelia pseudorigeniana dedicata a Maria Maddalena, è tradito da tre codici, che lo attribuiscono univocamente al G., ed è forse nominato da Giovanni Boccaccio nel Decameron come "ramarichio della Magdalena" (Conclusione, 24). Una diversa forma volgare della stessa omelia, tradita adespota dal ms. Pal. 17 della Biblioteca nazionale di Firenze, fu attribuita in passato al Passavanti, e venne stampato con altre opere di quest'autore: tanto nel catalogo dei manoscritti palatini del Palermo, quanto, a penna, nel recto della guardia anteriore del Pal. 16, latore del volgarizzamento del G., si avvertiva di non confondere i due testi. Si tende oggi a interpretare questa tradizione attributiva come un fenomeno di assorbimento nel corpus di un famoso autore di materiale adespoto; se questa diagnosi è esatta, il testo potrebbe costituire semplicemente una diversa redazione del volgarizzamento del Guasconi.
Il secondo volgarizzamento, assai più lungo, traduce invece l'epistola di s. Girolamo a Demetriade, e ci giunge attraverso una più corposa tradizione manoscritta formata da alcuni codici Palatini della Biblioteca nazionale di Firenze, e da quattro manoscritti della Biblioteca Riccardiana. Il Palermo informa inoltre che sotto il nome del G. venne stampato da B. Puoti (Napoli 1836) il volgarizzamento di un'altra epistola geronimiana, quella a Sigismonda.
Del G. conosciamo il ductus grafico non solo grazie all'autografo Liber novus, conservato presso l'Archivio del Convento di S. Maria Novella, ma anche perché sono di sua mano alcune note obituarie del Necrologio di S. Maria Novella (ob. 410 e 411 a c. 39r, 413-427 alle cc. 39v-42r, 454-466 alle cc. 46r-47r, 471-472 alle cc. 47v-48r).
Fonti e Bibl.: F. Palermo, I manoscritti palatini di Firenze, I, Firenze 1853, ad ind.; A. Gherardi, Statuti della Università e Studio fiorentino, Firenze 1881, pp. 153, 317-319; I. Taurisano, Il capitolo di S. Maria Novella in Firenze, in Memorie domenicane, XXXIII (1916), pp. 224-228; S. Orlandi, Necrologio di S. Maria Novella, I-II, Firenze 1955, ad ind.; J. Quétif - J. Échard, Scriptores Ordinis praedicatorum, I, p. 905; Th. Kaeppeli, Scriptores Ordinis praedicatorum Medii Aevi, IV, pp. 488-490.