DONISI (Dionisi, Donise, Donisi, Donato, Donati), Zeno
Figlio di Giacomo e di Cecilia Orti, nacque verso il 1574 (Rognini, 1982). Pittore poco noto, attivo a Verona tra la fine del sec. XVI e gli inizi del XVII, è ricordato già orfano di padre nel testamento del 1576 del nonno paterno Domenico, abitante nella contrada di S. Giorgio. Nel testamento sono nominati anche i suoi tutori; tra questi era il maestro vetraio Antonio Bardolino nella cui casa, vicino a S. Nicolò, il pittore si trasferì e che doveva essere comunque un parente, dato che nei documenti il D. è sempre indicato come suo nipote (è possibile per parte di Diamante, moglie di Antonio). La madre invece risulta a quel momento già risposata e trasferita nella casa del nuovo marito. Nel 1583, secondo l'anagrafe della contrada di S. Nicolò, il D. risulta appunto vivere in casa del tutore: lo stesso nell'estimo del 1595. Nel 1603 l'anagrafe lo registra ancora, con la qualifica di "pitor", in casa di Antonio Bardolino: il D. era sposato con Orsola de Mucji e padre di una figlia, Margherita, nata verso il 1598-1599. Nel 1604 nacque il figlio Giacomo, che morì subito dopo; nel 1605 il D. è ricordato in un nuovo estimo di S. Nicolò; nel 1608 nacque il figlio Dionisio: negli atti di battesimo di Giacomo e di Dionisio sono presenti illustri rappresentanti della nobile famiglia dei conti Giusti di S. Maria in Organo, probabili committenti del pittore.
Il 25 giugno del 1611, infine, il D., gravemente ammalato, dettò il proprio testamento: oltre a ricordare i parenti, l'artista nominava un suo allievo al quale lasciava i propri arnesi professionali, Giovanni Battista Pellizzari, pittore veronese noto per la sua attività a Rovigo e Padova e di cui fin qui non si sapeva nulla a proposito della formazione pittorica. Non si sa con certezza se il D. morì subito dopo aver testato: in ogni caso l'estimo del 1616 dichiara vedova sua moglie Orsola, che con i figli viveva ancora in casa di Antonio Bardolino a S. Nicolò.
In tutti questi documenti (Rognini, 1982) il pittore è sempre indicato come "Zeno Donisi" o "Donise" oppure "Dionisi", tuttavia egli è noto alla letteratura veronese anche come "Zeno Donati" o "Donato". Non si tratta però di un errore perché egli stesso usava in qualche caso firmarsi in questo modo, come nella tela già a Povegliano, certamente sua non solo per i concordi pareri di tutti gli scrittori, ma per la stessa evidenza stilistica.
Nonostante le generose lodi di parte della letteratura antica, in primo luogo del Maffei (1732, III, col. 164) che dice "meritar costui d'andare a paro Co' primi" pittori veronesi, il D. è un artista che non è stato ancora sufficientemente considerato, un po' per le incertezze derivate dalla duplice dizione del suo casato (addirittura lo Schweikhart, 1973, p. 262, propone Zeno come cognome e Donato come nome), un po' per essere stato confuso da alcuni (Lanzi, 1808; Da Persico, 1821) con il più antico Zenone Veronese, la cui attività a Rimini e in Romagna gli è stata appunto indebitamente riferita. Le notizie più antiche e la segnalazione del catalogo delle sue opere risalgono al Dal Pozzo (1718) e al Lanceni (1720). Il Dal Pozzo, sulla scorta di un anonimo manoscritto seicentesco, oggi introvabile (p.256), lo elenca tra gli allievi di Felice Brusasorci: questo trova conferma stilistica nelle rare opere superstiti, come la Madonna in gloria tra le ss. Dorotea (?) e Barbara e i ss. Cristoforo, Francesco, Agostino, Onofrio e Rocco, nella sacrestia della parrocchiale di Poiano di Valpantena (firmata e datata "Zen / Donisi / 1600"), e il Miracolo di s. Martino che resuscita un defunto già sull'altar maggiore della parrocchiale di Povegliano ed oggi in deposito nel seminario vescovile di Verona (opera documentata al 1605 e firmata, ma oggi la firma è solo in parte leggibile: "Zenonis Donati Opus": Turella, 1942), la Discesa dello Spirito Santo (datata 1605) nella parrocchiale di Bionde di Visegna, le opere, infine, recentemente segnalate dal Marinelli (1987), cioè la Deposizione di Cristo già nell'oratorio del Cristo presso San Giorgio (tela già datata, pare, 1590) e la S. Caterina da Siena già nella chiesa omonima, entrambe oggi a Castelvecchio, nonché l'Ultima cena (firmata e datata 1608) nella parrocchiale di Rivoltella (Desenzano del Garda).
Il dipinto di Poiano, a partire dal Simeoni (1909, p. 341) che per primo lo ha segnalato, è stato fin qui identificato con la pala "fatta del 1600" del D. che fino alle spoliazioni napoleoniche era indicata su un altare laterale di S. Giovanni della Beverara a Verona: ma, a parte la stessa datazione, l'identificazione è piuttosto dubbia sia perché il dipinto veronese era in tutte le guide diversamente descritto (la Madonna in gloria e i ss. Cristoforo, Caterina, Barbara ed altri), sia perché anche nel Settecento esisteva a Poiano una pala raffigurante S. Cristoforo ed alcuni santi, descritta come opera anonima e "ordinaria" dal Lanceni (Divertimento..., 1720, p. 142). Il dipinto di S. Giovanni della Beverara pertanto va considerato perduto insieme con altre opere del D. segnalate a Verona, come un paio di affreschi su facciate di case: una Madonna col Bambino e i ss. Rocco, Antonio abate e Raffaele arcangelo con Tobia, in via Nuova, e una Madonna col Bambino e i ss. Rocco e Antonio abate, in figure piccole "sotto i volti rimpetto alla Beccaria grande" (Dalla Rosa, 1803-1804, p. 323).
Le tele superstiti di Poiano e di Povegliano dimostrano che il D. appartiene all'ala più pedissequa degli imitatori di Brusasorci, compagno di G. B. Rovedata, G. Andrioli e S. Creara, che partivano dal Brusasorci più capziosamente manieristico riducendolo con un fare dichiaratamente conservatore alle esigenze della nuova Chiesa controriformata. Mentre è interessante la complessa ed affollata tela di Poiano del 1600, decisamente prossima al gusto compositivo e alle tipologie del Creara, stanco e pesante appare il pittore nel 1605 nella pala già a Povegliano, più povera di colore, anche se occorre considerare che oggi essa è malamente leggibile a causa del pessimo stato di conservazione in cui ci è giunta. Ma allo stesso D. va confermata anche la già cit. Discesa dello Spirito Santo, datata anch'essa 1605, nella parrocchiale di Bionde di Visegna giustamente attribuitagli (Berro, 1964), opera piuttosto notevole, sia per la felice riuscita compositiva, sia per gli interessanti spunti luministici affini, si direbbe, al luminismo di superficie di un Aliense, che, per la sua qualità, sembra convalidare i positivi giudizi della storiografia antica sul pittore. Si ascrivono infine al D.: la Gloria di tutti i Santi di Bionde, segnalato come opera di Brusasorci in collaborazione col D. (Malavolta, iggi) ma da riferire totalmente al nostro; la Deposizione di Cristo e la S. Caterina da Siena (Verona, Museo di Castelvecchio); l'Ultima Cena nella parrocchiale di Rivoltella, firmata e datata 1608 (Marinelli, 1987); infine il Crocefisso con angeli nell'oratorio di S. Vincenzo a Isola della Scala.
Fonti e Bibl.: B. Dal Pozzo, Le vite de' pittori... veronesi, Verona 1718, pp. 158, 238, 256, 280, 312; G. B. Lanceni, Ricreazione pittorica o sia Notizia universale delle pitture nelle chiese ... di Verona, I, Verona 1720, pp. 187 s.; Id., Divertimento pittorico..., II, Verona 1720, p. 88; S. Maffei, Verona illustrata, III, cap. 6, Verona 1732, coll. 164, 187; G. B. Cignaroli, Serie de' pittori veronesi, in G. B. Biancolini, Cronica della città di Verona descritta da Pier Zagata ampliata e supplita, II, 2, Verona 1749, p. 212; G. B. Biancolini, Notizie stor. delle chiese di Verona, III, Verona 1750, p. 105; Verona, Biblioteca civica, ms. 1008: S. Dalla Rosa, Catastico delle pitture e delle scolture esistenti nelle chiese e luoghi pubblici situati in Verona (1803-1804), pp. 97, 206, 323 (nella trascrizione dattiloscritta del 1958 eseguita a cura della direzione dei Musei civici di Verona); L. Lanzi, Storia pittorica della Italia... (1808), II, a cura di M. Capucci, Firenze 1970, p. 102; G. B. Da Persico, Descrizione di Verona e della sua provincia, II, Verona 1821, p. 97; C. Bernasconi, Studi sopra la storia della pittura italiana dei secoli XIV e XV e della scuola pittorica veronese, Verona 1864, pp. 365 s.; D. Zannandreis, Le vite dei pittori scultori e architetti veronesi, a cura di G. Biadego, Verona 1891, p. 251; L. Simeoni, Verona. Guida storico-artistica..., Verona 1909, pp. 341, 409; G. Turella, La chiesa parrocchiale di S. Martino in Povegliano Veronese, Verona 1942, pp. 35 ss.; P. Brugnoli, Dizionario biobibliografico dei pittori veronesi, in Vita veronese, IX (1956), p. 348; E. Berro, Nogara Salizzole, Verona 1964, p. 79; L. Magagnato, Commento a B. Dal Pozzo, Le vite, Verona 1967, p. 35; G. Schweikhart, Fassadenmalerei in Verona, München 1973, p. 262; G. P. Marchini, in Chiese e monasteri nel territorio veronese, Verona 1981, pp. 545, 573; L. Rognini, Z. D. e G. Camozzoni allievi di F. Brusasorzi, in Studi storici veronesi Luigi Simeoni, XXXII (1982), pp. 139-144, 151; S. Marinelli, in Proposte e restauri. I musei d'arte negli anni Ottanta (catal.), Verona 1987, pp. 194-200; La pittura in Italia (Electa). Il Seicento, Milano 1988, pp. 728 s.; A. Malavolta, in Restituzioni'91. Quattordici opere restaurate, Vicenza 1991, pp. 37-40; R. Brenzoni, Dizionario di artisti veneti, Firenze 1972, p. 127.