Zemlja
(URSS 1929, 1930, La terra, bianco e nero, 84m a 20 fps); regia: Aleksandr Dovženko; produzione: VUFKU; sceneggiatura: Aleksandr Dovženko; fotografia: Daniil Demuckij; musica: L. Revuckij; scenografia: V. Kričevskij.
Ucraina, nel 1929. Il vecchio Semën muore, mentre i kulaki sono preoccupati per i provvedimenti di collettivizzazione della terra. Al villaggio arriva il primo trattore, che viene subito rimesso in moto con metodi poco ortodossi. La sera i ragazzi e le ragazze si ritrovano tra loro. Il giovane Vasil′, animatore di una nascente cooperativa, ritorna da un appuntamento con la fidanzata danzando di gioia lungo la strada, ma viene ucciso da un colpo di arma da fuoco. L'intero villaggio accompagna il suo feretro nella cerimonia funebre, mentre la madre assiste a un parto, il pope non riesce a trattenere la propria collera e la fidanzata si dispera. L'assassino di Vasil′, figlio di un kulak, confessa il proprio crimine alla vista dell'immensa folla riunita, ma nessuno gli presta ascolto. Una pioggia consolatrice bagna i campi e i frutti della terra. I giovani sono nuovamente riuniti.
Zemlja è il terzo film realizzato da Aleksandr Dovženko, dopo lo scapigliato Zvenigora (1928) e l'epopea rivoluzionaria Arsenal (Arsenale, 1929). In Unione Sovietica il film suscitò subito polemiche riguardo ai suoi modi e alle sue intenzioni di servire la rivoluzione. In un periodo critico del piano quinquennale, nel pieno della lotta contro i kulaki (dietro la quale si celava in realtà la repressione dei contadini), anche in campo culturale i conflitti fra tendenze ideologiche risultavano inaspriti. L'attacco più violento fu quello del poeta proletario Demian Bednyj, cortigiano del regime stalinista: in seguito a un suo articolo comparso su "Izvestija", il film subì alcuni tagli. Anche il critico della "Pravda", Blëchin, si schierò nello stesso senso, accusando Dovženko di aver eliminato la lotta di classe dal contenuto del suo film. "È possibile che si tratti di un film talmente pericoloso che forse risulterà necessario impedirne la visione alla massa degli spettatori", proseguiva l'autore, concludendo però: "Con tutti i suoi difetti, Zemlja rappresenta comunque un evento importante sul fronte del cinema". Una contraddizione, questa, condivisa dall'intera critica sovietica.
Dovženko aveva realizzato il film nell'estate del 1929 in un villaggio dell'Ucraina, trasformando le riprese in una sorta di rito che celebrava la collettivizzazione della terra. Gli abitanti parteciparono attivamente al progetto, influenzandolo e talvolta modificandolo. Ma tra le riprese del film e la sua uscita la situazione politica era mutata in modo drammatico. Nel dicembre 1929 Stalin aveva impartito l'ordine di "eliminare i kulaki in quanto classe", e per diversi mesi il paese aveva conosciuto una sorta di guerra civile: il termine kulaki, che ufficialmente indicava il proprietario terriero, all'epoca veniva invece sempre più utilizzato per riferirsi al contadino benestante e per estensione a ogni contadino. Le espropriazioni e i saccheggi provocarono di rimando le insurrezioni nelle campagne. La visione di Dovženko è lontana dalla realtà: se durante le riprese del film in Ucraina non c'erano quasi più bestie da tiro, tantomeno c'erano i trattori. Il regista stesso riconobbe che "la liquidazione dei kulaki in quanto classe e la collettivizzazione della terra ‒ avvenimenti di straordinaria importanza politica verificatisi poco prima della presentazione del film ‒ resero la mia voce troppo debole e poco convincente".
L'ambizione del cineasta era sempre stata quella di fondere la rivoluzione socialista e la riabilitazione della nazione ucraina e di divenire lui stesso il cantore di questa unione, prendendo il posto che era stato dei grandi narratori popolari. Dovženko identifica il comunismo con l'ordine cosmico: il ciclo della vita segue di pari passo quello della vittoria rivoluzionaria. Ciò che si oppone alla natura, all'umanità dei contadini ucraini, è la proprietà privata e quanto essa comporta in termini di ingiustizia e sfruttamento. Secondo Ivor Montagu "i burocrati videro il panteismo laddove in realtà era presente una percezione dialettica dell'unità e della continuità dell'universo". Otar Ioseliani, allievo di Dovženko e ammiratore di Zemlja, spiega così le scelte del cineasta: "Proveniva da un ambiente assai povero e semplice e doveva tutto alla rivoluzione bolscevica. Credeva veramente in questo ideale… Era un uomo tradito nelle sue migliori intenzioni, perché la felicità tanto annunciata non arrivava mai". L'adesione del regista agli ideali rivoluzionari era innegabile, e l'avrebbe spinto a mostrare personaggi che arrivano a rinnegare i loro padri (Ivan, 1932) o che non esitano a giustiziare il loro migliore amico (Aerograd, 1935). Nelle parole severe di Bardèche e Brasillach: "Il tema della natura non possiede qui il significato ancestrale che aveva avuto in altre occasioni. Dovženko pensa naturalmente da comunista sovietico e non da ucraino".
In quasi tutte le sue sequenze, Zemlja consiste in una successione di momenti statici che si alternano sostituendosi gli uni agli altri. Tra tutti i cineasti sovietici degli anni Venti, quello meno sensibile alle ricerche dell'avanguardia si ritrovò ad avvicinarsi a esse grazie alla propria indifferenza nei confronti della dimensione narrativa del cinema. Dovženko esprime emozioni puramente sensoriali, estranee alla forma verbale: immagini di grande tranquillità e bellezza, momenti di violenza dal ritmo concitato, esaltazione sensuale della natura e dell'erotismo, il tutto senza soluzione di continuità perché l'uomo e la donna fanno parte della natura, così come la morte che apre il film o la nascita che praticamente lo conclude. Evgenij Margolit parla di uno stato "presociale", di una "socionatura utopica". La morte del vecchio Semën, semplice e naturale come la caduta di un frutto maturo da un albero, si oppone alla morte brutale del giovane Vasil, improvvisamente assassinato mentre danza per celebrare la bellezza del mondo dopo una notte d'amore. Ma anche questa morte contro natura produrrà una trasformazione, questa volta in campo sociale: durante i funerali, che segnano il trionfo del nuovo corso, l'assassino esasperato esegue una parodia della danza energica e vitale della propria vittima. E durante il corteo funebre alcuni rami carichi di frutti sfiorano il viso del defunto. In tutto il mondo Zemlja è stato immediatamente riconosciuto come uno dei capolavori del cinema muto, influenzando sia cineasti (come Jean Vigo) che scrittori (come Luis Aragon). Dopo Bronenosec Potëmkin, è forse il film sovietico che ha avuto la maggiore eco internazionale.
Interpreti e personaggi: Stepan Škurat (Opanas), Semën Svašenko (Vasil′, suo figlio), Julija Solnceva (la figlia di Opanas), Elena Maksimova (la fidanzata di Vasil′), Nikolaj Nademskij (il vecchio Semën), Ivan Franko (kulak Belokon′), Pëtr Massocha (Choma, figlio del kulak), Vladimir Michajlov (il pope), Pavel Petrik (il segretario del komsomol), P. Umanec (il presidente del soviet), E. Bondina (una giovane contadina), Lukaš Ljasenko (un giovane kulak).
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Sceneggiatura: in 'Zemlja', kniga-fil′m, Moskva 1965 (trad. ing. London 1973).