BOVIO, Zefiriele Tommaso
Nato a Verona da nobile famiglia nel 1521, Studiò legge a Padova, a Bologna e a Ferrara. Dedicatosi al mestiere delle armi, fu in vari paesi europei tra cui Francia, Germania e Boemia per ventisette anni. Nel 1546 partecipò alla guerra di Carlo V contro la lega di Smalcalda nelle file delle truppe pontificie, come luogotenente di Paolo Vitelli. Ristabilitosi a Verona, dovette fuggirne per cause oscure. Nel 1566 è a Genova, come documentano due sue lettere a Leonardo Fioravanti (stampate nel Tesoro della vita umana di quest'ultimo, Venetia 1673, p. 248), in cui egli, alle prime armi, chiede al più esperto collega qualche consiglio. Contemporaneamente, oltre che come medico si faceva conoscere come astrologo.
Stampò nel 1567 a Venezia una raccolta di versi latini, Horifugia. Tornato a Verona, nel 1572 rivolse una supplica a papa Gregorio XIII chiedendo di poter assumere il nuovo nome di Zefiriele, nella persuasione, derivatagli dalla sua cultura magico-cabalistica, che ciò potesse propiziargli influenze benefiche. Diviene in questi anni, come egli stesso ebbe a scrivere, il medico "de' disperati e abbandonati"; la convinzione di possedere rimedi curativi di valore non comune, in contrasto con la tradizionale prassi medica, trovò espressione nel suo Flagello de' medici rationali, stampato a Venezia nel 1583. L'opera suscitava la risposta di Claudio Gelli (Venezia 1584), cui il B. replicava con il Melampigo overo confusione de' medici sofisti che s'intitolano rationali (Verona 1585), cui seguiva, nel 1592, il Fulmine contro de' medici putatitii rationali, stampato a Verona.
Tali opere, interessanti per i riferimenti a personaggi dell'ambiente veronese e padovano (notevoli le notizie sugli ultimi anni del medico eretico G. Donzellino), ebbero tra il sec. XVI e XVII numerose ristampe: il Melampigo nel 1595, il Flagello e il Fulmine nel 1601;due edizioni nel 1626 raccoglievano in un unico volume le tre opere, che furono ristampate a Venezia nel 1676 unitamente alla risposta del Gelli. Questi, giovane medico veneziano, non si limitava a sottolineare la derivazione alchimistica e l'origine paracelsiana di preparati presentati dal B. come originali, ma cercava di porre in cattiva luce l'avversario rilevandone la notoria propensione per l'astrologia giudiziaria e insinuando che le sue pretese sul piano medico fossero legate a pratiche demoniache. Il Melampigo del B. costituisce appunto una difesa dell'importanza dell'astrologia per la medicina così come un'affermazione della liceità della magia.
Dopo essere intervenuto nella polemica scoppiata tra l'astrologo veronese Annibale Raimondi e Th. Hagecius a proposito dell'apparizione della cometa del 1577, il B. rivolse verso il 1595 alcune lettere a Filippo II e a Clemente VIII, sostenendo l'opportunità di riammettere Enrico IV nel seno della Chiesa cattolica: a tale scopo si adoperò perché le sue idee fossero prese in esame dal collegio dei cardinali. Invitato a Roma in seguito a tali iniziative dal papa stesso, il B. avrebbe sostenuto la necessità di una revoca del breve emesso da Sisto V contro le pratiche astrologiche, come mostra una sua lunga lettera a mons. Francisco Penia, auditore di S. Rota, riportata nel suo Theatro dell'infinito, di cui esistono esemplari alla Laurenziana di Firenze (Ashb. 340) e alla Marciana di Venezia (ms. Marc. It. IV, 57). In quest'ultima opera, scritta in forma dialogica (interlocutori del B. sono Curio Boldieri e Giovanni Fratta, autore della Malteide), la cultura del B. si mostra in una prospettiva molto più ricca di quella offerta dalle opere mediche. Presentata come una difesa dell'astrologia nei confronti delle Disputationes pichiane, essa è caratterizzata dalla ripresa di temi neoplatonico-ermetici e cabalistici sul piano di una ininterrotta tradizione religiosa che si sarebbe svolta da Ermete Trismegisto, attraverso i platonici, fino alla rivelazione cristiana. Tale formulazione trova nel B. un espositore scarsamente attento a rispettare i limiti dell'ortodossia. Nel 1606 egli intervenne a favore di Venezia con una lettera, più volte ristampata, nella polemica suscitata dall'interdetto di Paolo V contro la Città.
Morì a Verona il 18 sett. 1609.
Bibl.: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1929-1931; S. Maffei, Verona illustrata, II, Milano 1825, pp. 364 s.; G. B. Pescetto, Biografia medica ligure, I, Genova 1846, pp. 145-151; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, Napoli 1846, III, pp. 73, 458; IV, p. 410; E. Narducci, Giunte all'opera "Gli Scrittori d'Italia" del conte G. M. Mazzuchelli..., Roma 1884, pp. 108 s.; C. D. Hellmann, The comet of 157..., New York 1944, p. 334.