ZATRILLA Y VICO, Giuseppe
– Nacque a Cagliari il 7 agosto 1648 da Saturnino Zatrilla y Dedoni, barone di Gerrei e di Sisini, cavaliere di Calatrava, a lungo tesoriere generale e maestro razionale del Regno di Sardegna, e da Elena Vico y Manca. Venne battezzato il 21 agosto dello stesso anno da padre Giovanni Battista Guiraldo, beneficiario della cattedrale, ed ebbe come padrini Bernardino Mattia de Cervellòn, allora governatore del capo di Cagliari e Gallura, la carica più importante del Regno di Sardegna, dopo quella del viceré, e Maria Deyar, contessa di Almayno.
La famiglia Zatrilla apparteneva alla più blasonata aristocrazia isolana di origine aragonese: nel 1355, il sovrano Pietro IV d’Aragona aveva concesso in feudo a Raimondo I Zatrilla alcune ville, nel territorio del Gerrei, fra le quali i borghi di Villasalto e Sisini; nel 1421, il suo discendente Raimondo III aveva ampliato il feudo, acquisendo il territorio di Montiferru, che sarebbe diventato successivamente la contea di Cuglieri, mentre più tardi Raimondo IV aveva acquisito la villa di Siete Fuentes. Nel corso del XVI secolo la famiglia si era divisa in due rami: gli Zatrilla, signori di Montiferru, Cuglieri e Siete Fuentes e gli Zatrilla, signori del Gerrei, cui appartenne Giuseppe.
Nulla si sa della sua infanzia e della sua giovinezza, che trascorse – come dice in uno scritto del 1686 – interamente in Sardegna, dove è possibile ipotizzare che ricevette l’educazione tipica di un gentiluomo secentesco, coniugando le discipline cavalleresche e lo studio delle lettere. Il 24 febbraio 1667 sposò la cugina Gerarda Francesca Zatrilla y Zatrilla, figlia di Giovanni Battista Zatrilla e di Chiara Zatrilla y Dedoni, da cui ebbe quattro figli: Maria Maddalena (nata nel 1675), Giuseppa Antonia (nata nel 1677), Ramon Giuseppe (nato nel 1681 e morto di malattia nel 1699) e Giovanni Battista (nato nel 1683), destinato a succedergli.
Nel 1670 morì il padre; tuttavia egli, in base alle regole successorie fissate dal nonno Gerardo III, non ereditò il feudo, che andò allo zio e suocero Giovanni Battista. Nel 1671 armò a sue spese due compagnie di fanteria che negli anni successivi parteciparono alla guerra di Messina. Un anno dopo, l’8 luglio 1672, venne nominato cavaliere di Alcantara. Nel 1673 presentò al sovrano la richiesta di succedere al padre nella carica di maestro razionale del Regno e il titolo di marchese, ricordando le prove di fedeltà offerte non solo dagli antenati negli anni più lontani ma anche dal padre e da lui stesso durante la difficile stagione del 1668, quando a Cagliari erano stati assassinati prima Agostino di Castelvì, marchese di Laconi, e poi, per rappresaglia, lo stesso viceré, Manuel de los Cobos, marchese di Camarasa. Nel 1677, alla morte dello zio e suocero, Zatrilla divenne signore del Gerrei e partecipò in qualità di rappresentante dello stamento militare al parlamento presieduto dal viceré Francesco Benavides, marchese di Las Navas e conte di Santo Stefano. In occasione delle assise parlamentari fu scelto per ascendere al titolo di conte, che gli fu assegnato, sul suo feudo di Villasalto, nel 1681 da Carlo II.
In questi anni Zatrilla aveva già conquistato un ruolo di una qualche importanza nell’ambiente letterario isolano, come dimostra la sua prefazione all’opera di Hilario H. Galcerín, Carta a un amigo que quiso saber las razones de congruencia que concurren en las sagradas y humanas letras para la combinación de ambos gobiernos temporal y espiritual, stampata a Cagliari nel 1682.
Nel 1687 il Tribunale del Regio patrimonio rifiutò le istanze di Zatrilla per entrare in possesso del marchesato di Siete Fuentes e della contea di Cuglieri, che erano state confiscate alla cognata, sorella della moglie, e cugina Francesca Zatrilla che le deteneva, dopo che quest’ultima era stata riconosciuta colpevole delle morti di Agostino di Castelvì, suo marito, e di conseguenza, del marchese di Camarasa. Zatrilla impugnò la sentenza; tuttavia la causa non ebbe fine che nel 1727, con la concessione ai suoi eredi del solo marchesato di Siete Fuentes.
Nel 1687 venne pubblicato a Napoli il primo tomo, diviso in ventinove capitoli, del romanzo Engaños y desengaños del profano amor, il cui secondo tomo, diviso in ventidue capitoli, uscì, sempre nella stessa città, un anno dopo.
Il romanzo, ambientato a Toledo (una città assai simile alla Cagliari secentesca, come si ricava dalle rare notazioni paesistiche), racconta l’innamoramento di Federico, duca di Toledo, per donna Elvira di Peralta, sposa di don Felix Morales, la passione e gli incontri clandestini fra i due amanti fino al ravvedimento del protagonista, stanco della sua vita peccaminosa. La narrazione, tuttavia, non si snoda in maniera lineare, ma segue gli stilemi del romanzo picaresco ed è costellata di incisi di stampo morale e di digressioni speculative. Il romanzo ebbe così successo da meritare, nel volgere di cinquant’anni, tre edizioni.
Dopo la pubblicazione del primo volume e prima di dare alle stampe il secondo, data la licenziosità degli argomenti trattati, Zatrilla chiese al canonico Carlo Celano della curia arcivescovile di Napoli un’approvazione scritta e inviò copie manoscritte del suo lavoro all’arcivescovo di Cagliari, Antonio Diez de Aux, al vescovo di Alghero, Jerónimo de Velasco, e all’inquisitore apostolico don Francisco Hortega de Castro , per ottenerne l’approvazione. Gli scritti elogiativi di costoro sono inseriti all’inizio del secondo volume, in modo da servire all’autore come protezione ecclesiastica contro un’eventuale censura. Il secondo volume, oltre a diversi componimenti poetici, contiene cinque academias, resoconti di conversazioni colte su temi specifici che l’autore afferma si svolsero nella città dove è ambientato il romanzo: è perciò plausibile pensare che siano cronache di consessi letterari tenutisi effettivamente a Cagliari.
Fra il 1688 e il 1689 Zatrilla prese parte al Parlamento convocato dal viceré Niccolò Pignatelli, duca di Monteleone: in questa occasione, divenne portavoce dello stamento militare. Nel 1689 il procuratore fiscale patrimoniale di Cagliari gli intentò causa, accusandolo di essersi impossessato delle terre del Gerrei e di Sisini senza regolare investitura. Il 21 dicembre dello stesso anno, però, il procuratore reale, Francesco Rogger, emise una sentenza in suo favore, accertando la dovuta investitura.
Nel 1696, alla notizia della morte di Juana Inés de la Cruz, di cui evidentemente conosceva l’opera poetica, Zatrilla pubblicò a Barcellona il Poema heroico al merecido aplauso del único oracolo de las Musas, una composizione in castigliano in cento ottave reali in lode della religiosa e delle sue qualità poetiche ed erudite: testo non tanto importante in sé, quanto per comprendere le reazioni dei lettori europei all’opera della scrittrice messicana. Il poema è dedicato al conte di Altamira, don Luis Moscoso Ossorio, viceré di Sardegna dal 1690 al 1696.
Nel 1699 Zatrilla non solo partecipò attivamente al Parlamento che si svolse sotto la presidenza del viceré José de Solís de Valderrábano, conte di Montellano, ma venne nominato sindaco, ossia ambasciatore degli stamenti militare e reale presso la corte regia. Egli, pertanto, nel 1700 lasciò la Sardegna per Madrid, dove si era insediato sul trono Filippo V che, nel 1701, concesse a lui il titolo di marchese di Villaclara e al figlio Giovanni Battista la facoltà di usare il titolo di conte di Villasalto. È possibile che durante questo soggiorno Zatrilla abbia tradotto dal latino al castigliano l’opera pubblicata nel 1684 dallo scrittore Agustín Nipho contenente le biografie dei sovrani spagnoli. I retratos de los ochenta y cuatro Reyes de España, con le illustrazioni dell’incisore fiammingo Arnold van Westerhout sono un’opera manoscritta, dedicata a Pedro Nicolás Lope de Ayala, conte di Colmenares, e oggi conservata presso la Biblioteca nacional de España.
Nel 1706, nel corso della guerra di successione spagnola che opponeva Filippo V di Borbone a Carlo d’Asburgo, Zatrilla fu proditoriamente inserito fra i firmatari di una lettera, inviata dal padre mercedario sardo Ignazio Trincas a Carlo e intercettata da Filippo, nella quale si auspicava il trionfo dell’Asburgo e si richiedevano future ricompense: per Zatrilla, per esempio, si chiedeva il comando militare di Cagliari e della Gallura. Filippo V informò della lettera il viceré di Sardegna Baltasar de Zúñiga, marchese di Valero, con l’ordine di comprovare il tradimento dei firmatari, molti dei quali, come lo stesso Zatrilla, erano invece all’oscuro della cosa. Il viceré, tuttavia, senza indugi, fece arrestare i presunti sottoscrittori del documento e li fece imbarcare sulla nave Mercurio, destinandoli all’esilio a Tolone. Nel 1708, i cittadini cagliaritani chiesero all’ammiraglio John Leake, dopo che questi aveva bombardato Cagliari e conquistato la Sardegna in nome di Carlo d’Asburgo, che intercedesse presso di lui per il ritorno in patria di Zatrilla.
Questa è l’ultima traccia che le fonti danno su Zatrilla, di cui non si sa se sia morto in Francia o sia riuscito a rientrare in patria.
Opere. Madrid, Biblioteca nacional de España, Mss. 1329: Retratos de los ochenta y cuatro Reyes de España, desde Athaúlfo rey primero de los godos, años 410, hasta Phelipe Quinto, que empezó a reinar, año 1700; El auctor deste discreto papel o político discurso pide al conde de Villa Salto haga juicio y censura dél, antes de darle a las prensas y el conde, conociendo el gran talento del autor y los elogios que han merecido siempre sus desvelos, hize su sentir depuesta toda passión y lisonja porque se precia de dezir verdades come se conocerá por sus razones, in H. Galcerín, Carta a un amigo que quiso saber las razones de congruencia que concurren en las sagradas y humanas letras para la combinación de ambos gobiernos temporal y espiritual, en Caller, en la estampa del doct. Hylario Galçerin, por Nicolas Pisa 1682, cc. 7r-8v; Engaños y desengaños del profano amor, deducidos de la amorosa historia que a este intento se describe del duque don Federico de Toledo, donde se reprehende lo dañoso de esta passión y se advierte su reparo en varios documentos morales y políticos, exornados de toda erudición sacra y humana para mayor aprovechamiento de las almas, en Napoles, por Joseph Roseli, 1687; Engaños y desengaños del profano amor, deducidos de la amorosa historia que a este fin se refiere del duque don Federico de Toledo, donde se disuade lo nocivo de esta passión y se previene su remedio en diversos documentos morales y políticos, ilustrados de toda erudición sacra y humana. Introdúzense en esta Segunda Parte cinco academias en que se proponen varios assumptos problemáticos en prosa y verso discurridos en forma silogística con ingeniosa novedad, en Napoles, por Joseph Roseli, 1688; Poema heroico al merecido aplauso del único oracolo de las Musas, glorioso asombro de los ingenios y célebre fénix de la poesía, la esclarecida y venerable señora son Juana Inés de la Cruz, religiosa profesa en el Convento de San Jerónimo de la imperial ciudad de México, Barcelona, Thomás Loriente, 1696.
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