POGGINI, Zanobi
POGGINI, Zanobi. – Nacque a Firenze il 6 aprile 1508, in una casa di via Mozza, nel popolo di San Lorenzo, dove abitò tutta la vita (Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea medicea, 223, c. 213v; I fiorentini, 1991).
Il padre, Poggino, già collaboratore di Domenico e Ridolfo del Ghirlandaio, è documentato fino al 1542 ed ebbe altri tre figli maschi (Firenze, Biblioteca nazionale centrale, E. Cirri, Necrologio fiorentino, XV, cc. 90v-91r). Stando a quanto racconta Vasari (1568, VI, 1906, p. 535), Poggino fu ritratto da Ridolfo nell’Andata al Calvario (1505 circa) della National Gallery di Londra, mentre secondo altri (Colnaghi, 1928, p. 217; Ciardi, 1986, p. 745) fu Zanobi stesso a esservi effigiato, nonostante la cronologia dell’opera e la citazione vasariana siano inequivocabili.
Il primo apprendistato di Zanobi dovette svolgersi con il padre, forse nella bottega di Ridolfo, ma in seguito divenne allievo di Giovanni Antonio Sogliani (Vasari, 1568, V, 1906, p. 131), assorbendone completamente lo stile. La sua immatricolazione alla Compagnia di S. Luca avvenne verso il 1536 (Archivio di Stato di Firenze, Accademia del disegno, 4, c. 4r) e non nel 1525 come asserito da Dominic Ellis Colnaghi (1928) e Maria Pia Mannini (Mannini-Tenducci, 1988, p. 7). In seguito ne divenne un membro rappresentativo e vi ricoprì ruoli di prestigio. Nel 1540 si immatricolò anche all’Arte dei medici e speziali e l’anno successivo rilevò la bottega di Sogliani posta dietro la cattedrale di Firenze, mantenendola fino alla morte (Archivio di Stato di Firenze, Decima granducale, 3784, c. 114r; Colnaghi, 1928, p. 251; Fantappiè, 2001-02, pp. 137 s.). A tale data era già da tempo attivo per conto proprio, e tra le sue prime opere si segnala la S. Orsola e le compagne martiri del Museo civico di Prato, ancora vicinissima a Sogliani.
La pala, forse in origine nella locale chiesa della Ss. Annunziata dei Servi (Benassai, 2015), sembra derivare per composizione dallo stendardo con S. Nicola da Bari (1521 circa) realizzato da Sogliani per la Compagnia di S. Niccolò del Ceppo a Firenze. Non vi si scorgono invece gli spiccati riferimenti a Ridolfo che la critica vi ha talvolta riscontrato (Mannini, 1990, p. 107). La S. Orsola non è databile con esattezza, ma forse la si può collocare verso il 1532 per i rapporti che la legano a una inedita Madonna con il Bambino e santi nell’eremo dei cappuccini della Maddalena a Montepulciano, fondato in tale anno. Molte figure della pala risultano infatti identiche a quelle della S. Orsola, lasciando supporre l’uso dei medesimi cartoni.
Le prime committenze pratesi documentate iniziano nel 1545 con undici stendardi per la Compagnia del Sacro Cingolo, seguiti nel 1547 da altri per l’Opera di S. Maria delle Carceri e per la Compagnia del Corpus Domini (Fantappiè, 2001-02, p. 137), tutte opere perdute. Per la cappella del Corpus Domini in cattedrale eseguì, tra il 1547 e il 1549, la sua opera più nota, l’Effusio sanguinis e santi (Fantappiè, II, 1983, pp. 34-36; Id., 2001-02, p. 138). Fino al 1563 continuò a fornire stendardi alle istituzioni pratesi, sfruttando un rapporto con la città certo favorito dalla frequentazione di personaggi legati a s. Caterina de’ Ricci e al monastero di S. Vincenzo (dove ella risiedeva), nonché all’ambito della riforma savonaroliana nata in S. Marco a Firenze, alla quale era stato assai vicino anche Sogliani. In quest’ottica appare significativo l’episodio riportato da Vasari (1568, V, 1906, pp. 39 s.) circa la copia che Poggini trasse da un busto di Cristo di Andrea del Sarto su committenza di don Silvano Razzi, monaco camaldolese, ma con fratelli e sorelle domenicani in conventi legati alla suddetta riforma, tra i quali Serafino, biografo della Ricci. Il perduto dipinto era destinato a Bartolomeo Gondi, che intrattenne con la santa rapporti epistolari (Muzzi, 1996, p. 261), e non è noto quando fu eseguito, ma poiché Razzi nacque nel 1527, certo non prima della fine degli anni Quaranta, quando Poggini già lavorava per Prato. Il contatto con gli ambienti savonaroliani è ribadito da una pala più tarda con Savonarola come s. Domenico e la Vergine che invocano Cristo perché protegga Firenze, oggi nel convento di S. Domenico a Fiesole, ma forse proveniente da quello di S. Caterina a Firenze (Turrill, 2008, p. 122).
Nel dipinto Savonarola è accompagnato dai due confratelli con i quali fu bruciato in piazza della Signoria nel 1498, raffigurati come martiri. È stato notato che una simile celebrazione del domenicano avverso ai Medici non poté certo essere concepita «prima della metà del secolo, quando la storia del culto del Savonarola conobbe una ripresa autorevole […] con Caterina de’ Ricci, con la quale la figura del predicatore ebbe successo anche con personaggi legati alla corte medicea» (Muzzi, 1996, p. 261).
Se l’Effusio del Duomo di Prato mostra un raffreddamento tonale e un più schematico accademismo rispetto alla S. Orsola e alla Madonna e santi di Montepulciano, la pala di Fiesole appare ancora più rigida, segnando l’avvio di un’involuzione che prosegue con le opere successive, spesso copiate da prototipi altrui. È il caso di una Madonna con il Bambino del Museo civico di Prato, proveniente dall’ospedale della Misericordia e documentata al 1551, che deriva dalla Madonna Bridgewater di Raffaello (Carrara-Mannini, 1993, pp. 158, 205), mentre un piccolo Arcangelo Raffaele e Tobiolo nell’oratorio di S. Antonio Abate a Prato (attribuitogli in Mannini-Tenducci, 1988, p. 10) riprende il dipinto dello stesso soggetto di Sogliani oggi nel Musée des beaux-arts di Nancy. A Poggini sono stati attribuiti anche altri dipinti pratesi, ma i riferimenti non appaiono sempre convincenti. Può spettargli una predella con il Cristo risorto e santi nel palazzo degli Spedalinghi, nella quale il Cristo ripete quello dell’Effusio, mentre sono distanti dal suo stile un’Annunciazione, conservata nel medesimo luogo (per entrambi cfr. Carrara-Mannini, 1993, pp. 103-107), e uno scudo con lo stemma di Cosimo de’ Medici inquartato con quello di Eleonora di Toledo e circondato da quelli delle istituzioni assistenziali di Prato, ora nel Museo civico (Mannini, 2008). Non convince neppure l’ipotesi di un suo intervento nella pala con Cristo giudicante tra la Vergine e santi dell’oratorio di S. Sebastiano, che spetta completamente a Ridolfo del Ghirlandaio, mentre una Natività attribuitagli nel monastero di S. Niccolò è risultata opera del fiorentino Domenico Beceri (Nesi, 2007b).
Sempre per Prato eseguì, tra il 1555 e il 1557, un ritratto del duca Cosimo de’ Medici, ancor oggi in palazzo comunale (cfr. Bigazzi, 1980; Fantappiè, 1983, II, pp. 116-118).
Dominato dalla statica figura del duca di Firenze, il quadro non possiede più la complessità cromatica e chiaroscurale della S. Orsola e mostra tonalità slavate e piatte che lo avvicinano a un’Assunta e santi nel Museo civico di Prato, forse eseguita per la chiesa del Carmine (attribuitagli in Mannini-Tenducci, 1988, pp. 3 s.). Accomuna i due dipinti anche la presenza di didascalici brani di paesaggio dalla prospettiva semplificata.
Al 1561 è databile una Pietà e santi nei depositi del Museo civico, proveniente dall’oratorio di S. Niccolò in Palazzolo fondato quell’anno da un Niccolò Modesti, il cui stemma compare nel dipinto. Già ritenuta di bottega (Nesi, 2007a), la pala appare invece autografa, ma di livello ormai quasi artigianale.
Morì a Firenze il 6 agosto 1564 e fu sepolto nella chiesa di S. Barnaba.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le Vite (1568), a cura di G. Milanesi, Firenze 1906, V, pp. 39 s., 131; VI, p. 535; VIII, p. 618; F. Baldinucci, Notizie dei Professori del Disegno da Cimabue in qua (1681-1728), a cura di F. Ranalli, II, Firenze 1846, p. 213; D.E. Colnaghi, A Dictionary of Florentine Painters, London 1928, p. 217; Poggino di Zanobi Poggini, in W. Thieme - F. Becker, Künstler-lexikon, XXVII, Leipzig 1933, pp. 188 s.; I. Bigazzi, Testimonianze medicee nella quadreria del Palazzo comunale di Prato, in Prato e i Medici nel ’500 (catal., Prato), Roma 1980, pp. 98-102; R. Fantappiè, Il Bel Prato, Prato 1983, I, pp. 53, 168 s., II, pp. 34-36, 116-118; R.P. Ciardi, Architettura e arti figurative, in Prato. Storia di una città, II, Un universo in movimento, a cura di E. Fasano Guarini, Prato 1986, pp. 700 s., 745; M.P. Mannini - E. Tenducci, Restauri del Museo Civico 1988 (catal.), Prato 1988, pp. n.n. (ma 1-13); M.P. Mannini, in Il Museo civico di Prato: le collezioni d’arte, a cura di M.P. Mannini, Firenze 1990, pp. 106-109; I fiorentini nel 1562. Descritione delle Bocche della Città et stato di Fiorenza fatta l’anno 1562, a cura di S. Meloni Trkulja, Firenze 1991, c. 88v; F. Carrara - M.P. Mannini, Lo Spedale della Misericordia e Dolce di Prato, Prato 1993, pp. 103-107, 139, 158, 205; A. Muzzi, in L’età di Savonarola. Fra Bartolomeo e la scuola di San Marco (catal., Firenze) a cura di S. Padovani, Venezia 1996, pp. 259-262, 326; Gli Accademici del Disegno. Elenco alfabetico, a cura di L. Zangheri, Firenze 2000, p. 261; R. Fantappiè, Nuovi documenti su artisti e artigiani a Prato, in Archivio storico pratese, LXXVII-LXXVIII (2001-02), pp. 137-141; A. Bliznukov, Spigolature cinquecentesche nei musei russi: inediti di Pier Francesco Foschi e Z. P., in Arte Cristiana, XC (2002), 810, pp. 179-182; M.P. Mannini, in Così celesti, così terreni: un secolo di pittura 1550-1650 nei dipinti del Museo civico di Prato (catal.), Prato 2002, pp. 14-20; A. Nesi, in San Nicola da Tolentino nell’arte. Corpus iconografico, a cura di R. Tollo, III, Dal Settecento ai giorni nostri, Tolentino 2007a, p. 377; Id., Domenico Beceri. Una pala pratese e altre opere per la riscoperta di un artista del Cinquecento, in Prato: storia e arte, CI (2007b), pp. 47-50; M.P. Mannini, in Tra il sacro e il profano. Opere scelte del Museo Civico di Prato (catal., Barcellona), a cura di M.P. Mannini - C. Gnoni Mavarelli, Firenze 2008, pp. 128 s.; C. Turrill, Paintings attributed to Plautilla Nelli, in Plautilla Nelli (1524-1588). The Painter-Prioress of Renaissance Florence, a cura di J.K. Nelson, Firenze 2008, pp. 122, 128; P. Benassai, in Il Museo di Palazzo Pretorio a Prato, a cura di M.P. Mannini - C. Gnoni Mavarelli, Firenze-Milano 2015, p. 151.