ZAGREUS (Ζαγρεύς)
Nelle età più antiche appare incerto se si tratti di una divinità indipendente o di un appellativo particolare riservato a Dioniso e ad altre divinità ctonie. Più tardi, nella comune accezione sostenuta e diffusa dall'orfismo, Z. appare come una ipostasi di Dioniso, figlio di Zeus e di Persefone. Z. è quindi un Dioniso bambino, un divino infante di altissimi destini che perisce divorato dai Titani e miracolosamente risorge per volere di Zeus. In questo caso poi il motivo consueto del dio annuale risorgente, si associa al tema allegorico del grappolo d'uva misticamente sacrificato nel torchio per la creazione del vino.
Z. non lascia una traccia significativa nel mondo figurato dell'antichità. Si tratta infatti di una divinità di carattere mistico e di conseguenza riservata a un genere tutto particolare di popolarità. E i tentativi di riconoscerne delle immagini rimangono quasi sempre incerti e isolati. Non completamente tranquillizzanti sono infatti figurazioni come quelle di un vaso italiota (Ann. Inst., 1865, tav. B) in cui una solenne figura femminile seduta porge il seno a un bimbo, inquadrata da elementi nettamente dionisiaci quali un tirso e una pantera accompagnati da un Eros volante; o il noto tondo di coppa del Cabinet des Médailles (Gaz. Arch., v, tav. 3) in cui una dea tiene in grembo un Minotauro infante. A proposito di Z. difatti i riferimenti a un vitellino sono costanti, così allo scopo di drammatizzare con trasformazioni sensazionali il tentativo di sfuggire ai persecutori, come a dare maggior compiutezza e perspicuità al suo sacrificio. Poiché tuttavia le immagini di Dioniso Tauromorfo sono abbastanza frequenti, è tutt'altro che sicura l'identificazione del piccolo Z. in documenti come la testa di fanciullo dionisiaco terminante nel retro in una testa di vitello del museo di Berlino (Roscher, vi, p. 538). Come incerta è la presunta figurazione dei Titani che divorano le membra del dio fanciullo in, una tarda hydria attica da Rodi (Journ. Hell. Stud., 1890, p. 343). Con ogni probabilità figurazioni riferibili a Z. saranno da incontrare su sarcofagi romani illustranti aspetti misterici della religione dionisiaca.
Peraltro, in un recente studio sui misteri dionisiaci in età ellenistico-romana, M. Nilsson sembra sempre intendere nelle figurazioni di infanti dionisiaci, bambini mortali, reali iniziandi, invece che personalità divine. E. Simon, al contrario, propone di riconoscere Z. anche in alcune figurazioni su terrecotte Campana, come quella del bambino nel cesto, energicamente cullato a braccia tese da un satiro e una menade danzanti: o quella del fanciullo dionisiaco che emerge da un cespo di vite tra due satiri che rendono omaggio inginocchiati ed estatici.
Bibl.: J. Schmidt, in Roscher, VI, 1924-37, c. 532 ss.; M. P. Nilsson, Dionysiac Mysteries in Hellenistic and Roman Times, hund 1957, pp. 108; 133; E. Simon, in Hommages à A. Grénier (Coll. Latomus, LVIII), III, Bruxelles 1962, pp. 1418 ss.