ZAGORA
Sebbene l'isola di Andros sembri essere stata abitata a partire dalla fine del Neolitico, le più antiche testimonianze archeologiche attestate sono tre vasi micenei databili al II millennio a.C.
Ancora in anni recenti le notizie relative alla prima Età del Ferro sull'isola erano fondate soltanto su dodici vasi trovati fortuitamente nel 1899 in due tombe nei pressi del sito di Z. e su altri due rinvenuti isolati: uno di questi vasi, databili tra il 925 e il 760 a.C., è attualmente conservato al Museo Archeologico di Andros e l'altro in una collezione dell'Università di Heidelberg (A. Cambitoglou e altri, 1991, pp. 99-102 e 108-109).
L'esistenza di antichi resti di mura nel luogo era nota da lungo tempo e lo storico D. P. Paschalis menzionava già nel 1925 resti architettonici ancora visibili; il primo archeologo che comprese l'importanza del sito fu N. Kontoleon; la prima campagna di scavo fu condotta nel i960. Tra il 1967 e il 1974 si svolsero scavi sistematici.
Gli scavi a Z. hanno riportato alla luce quella che si è rivelata una città del periodo geometrico (in particolare del IX-VIII sec. a.C.), di cui vi sono pochi esempi in Grecia: la città era costruita su un promontorio fortificato naturalmente sulla costa occidentale dell'isola dove un muro difensivo correva lungo la sella che lo collega con il resto dell'isola.
Non sono state scoperte sorgenti, cisterne o pozzi all'interno dell'area fortificata e gli abitanti dovevano approvvigionarsi d'acqua raccogliendo la pioggia sui tetti piatti delle loro case e conservandola forse in grossi pìthoi di cui restano molti esemplari, per lo più frammentari; per bere, tuttavia, avranno usato le fonti localizzate nelle vicinanze del promontorio.
Gli scavi hanno messo in luce soltanto un certo numero di abitazioni private e il santuario con il tempio; sono state inoltre esplorate parti del muro di fortificazione e in particolare la porta che in esso si apriva. E stato possibile ricostruire la pianta delle case per l'ottimo stato di conservazione dei corsi inferiori dei muri dovuto al fatto che la città fu abbandonata alla fine del periodo geometrico senza essere in seguito mai più occupata (eccetto il santuario) e anche per l'uso della pietra con cui erano costruite tutte le case di Z., diversamente da quanto avveniva in quel periodo sul continente greco, ove per lo più venivano usati mattoni di fango.
La necropoli della città non è stata identificata: è probabile tuttavia che fosse localizzata al di là del muro di fortificazione, su un pendio che, essendo fertile, fu coltivato attraverso i secoli e in ragione di ciò venne fortemente danneggiato e saccheggiato.
La quantità di ceramica importata rinvenuta a Z. fa supporre che gli abitanti fossero in contatto non solo con il continente, ma anche con le altre isole dell'Egeo e, nella seconda metà dell'VIII sec. a.C., in modo particolare con l'Eubea. Poiché una buona percentuale di ceramica fine dipinta trovata nel sito proviene da quell'isola, si è supposto che la città fosse una colonia euboica. Qualunque sia la verità circa le origini degli abitanti di Z. e lo status politico della città, è certo comunque che nell'VIII sec. essa si trovava sotto la forte influenza degli Eubei che se ne servivano come scalo nelle loro rotte verso le coste orientali dell'Egeo.
La cinta muraria. ― Il muro di fortificazione è un elemento caratteristico della città geometrica e uno degli esempi più notevoli di architettura militare di questo periodo in Grecia. La parte principale è costruita sulla sella attraverso la quale il promontorio è connesso con il resto dell'isola. La lunghezza del tratto conservato è di circa 140 m: la porta si apre presso l'estremità SE. Un lungo tratto di mura nella metà SO ha uno spessore maggiore rispetto al resto.
All'entrata della città la porta è arretrata rispetto alla facciata esterna sul lato N, così da formare un bastione; a causa dei successivi interventi di modifica, il lato S può essere localizzato solo approssimativamente. Lo scavo ha identificato due fasi principali: nella prima la porta avrebbe dovuto avere un'ampiezza approssimativa di 4,5 m e in una fase più tarda una larghezza massima di 3,5 m. L'accesso era possibile attraverso una strada rialzata sostenuta da un muro di contenimento che attutiva la brusca pendenza. Originariamente tale strada seguiva una direzione verso NE, ma in un secondo momento ne fu costruita un'altra, a un livello più alto, rivolta quasi esattamente a N. Lo spessore del muro variava nelle misure; la frazione più spessa misura 7,25 m; tale ampiezza fu ottenuta con l'aggiunta di nuove facciate costruite sia a causa di una parziale distruzione dovuta a periodici attacchi nemici, sia per un miglioramento del sistema di fortificazione in relazione alla crescita della città nel Tardo Geometrico. Il materiale usato per la costruzione è un misto di scisto e marmo, quest'ultimo utilizzato in particolare verso l'estremità Ν mentre a S il rivestimento è essenzialmente di scisto. La facciata S del bastione presso la porta era quasi interamente in marmo.
A seguito dell'abbandono della città alla fine del periodo geometrico, intorno al 700 a.C., il muro di fortificazione cadde in rovina. Presso l'area della porta, tuttavia, furono effettuate alcune ricostruzioni in scisto in un periodo più tardo, molto probabilmente nel VI sec., quando fu costruito il tempio. E stata scoperta una struttura rettangolare, che serviva forse come sostegno, eretta presso il piedritto settentrionale della porta, con muratura in scisto e in uno stile che somiglia a quello delle mura del tempio. Essa faceva presumibilmente parte di un programma di ricostruzione: è ragionevole infatti pensare che, insieme con l'erezione del tempio, l'area della porta sia stata riordinata per facilitare l'entrata in città ai pellegrini che visitavano il santuario.
Le abitazioni. - Le case in migliore stato di conservazione sono state messe in luce sulla sommità del promontorio, nelle aree D, H e J. Il materiale usato per la loro costruzione è principalmente scisto con aggiunta di marmo. La pietra è di gran lunga il materiale da costruzione più facilmente reperibile a Zagora. I tetti erano piani e costituiti da travi lignee o da tronchi d'albero disposti orizzontalmente che sostenevano lunghe lastre di scisto, sulle quali era steso uno strato di argilla. Gli spigoli erano rafforzati da una sorta di cornice di pietre pesanti per evitare che il tetto fosse spazzato via dal violento vento settentrionale che per tutto l'anno batte l'isola, in modo particolare l'esposto promontorio di Zagora.
Tra gli elementi caratteristici delle case meritano una menzione particolare il focolare centrale rettangolare nel pavimento di alcuni ambienti e i banchi di pietra lungo le pareti; la maggior parte delle case aveva cortili; alcuni angoli di strada erano arrotondati per facilitare il passaggio di animali da soma carichi.
La casa meglio conservata a Z. è stata rinvenuta nell'area D, verso il lato settentrionale del promontorio. Si tratta di un'abitazione progettata razionalmente, con un ambiente di soggiorno verso E, un cortile con un recinto per animali nel centro (e un magazzino verso O), dotato di banconi atti all'alloggiamento di pìthoi. Il tetto era sostenuto da pilastri di legno posti su basi di pietra.
Alcune abitazioni di Z., compresa quella di cui si è detto, si sono sviluppate in due fasi poco distanti cronologicamente. Durante la prima fase la casa era costituita da un unico ambiente destinato a tutti gli usi, con un focolare centrale e banconi lungo le pareti; nella seconda fase subì un ampliamento.
Il santuario e il tempio. - La stratigrafia del tempio e la ceramica in esso rinvenuta fanno pensare a due fasi nello sviluppo del santuario, la prima del periodo geometrico, durante la quale doveva esserci soltanto un recinto a cielo aperto intorno a un altare, e la seconda d'età arcaica durante la quale fu costruito il tempio.
Sebbene l'altare non sia stato adeguatamente esplorato poiché non si sarebbe potuto scavare senza distruggerlo, esso sembrava giacere sulla sommità dei depositi geometrici; perciò si pensa di farlo risalire a un'epoca precedente allo sviluppo della città e si suppone che fosse stato costruito ben prima del tempio. L'altare originale doveva essere diverso da quello attualmente visibile poiché l'aspetto di quest'ultimo suggerisce aggiunte a ima struttura precedente e alterazioni. Il fatto che nessuno dei suoi lati sia parallelo o uguale agli altri e che il suo centro sia spostato di circa 0,52 m verso E rispetto all'asse del tempio, fa inoltre pensare che esso sia precedente a quest'ultimo.
Il tempio sorge isolato. E costituito da un vestibolo chiuso o pròdomos e da un ambiente principale o sèkos a pianta approssimativamente quadrata, nel quale era conservata la statua di culto. Le dimensioni esterne sono approssimativamente di 10,42x7,56 m. All'interno del sèkos si trova l'altare trapezoidale prima descritto e di fronte a esso, presso l'angolo SE, una pietra triangolare che potrebbe essere un ἀργò Ϛ λίθοϚ (cfr. la recensione di M. Tiverios in Gnomon, LXIII, 1991, p. 744).
Il tempio, quasi interamente costruito in scisto, ha un tetto piano sostenuto, come quello delle case, da colonne di legno poste su basi di pietra, queste ultime, a differenza delle colonne, ancora conservate. Caratteristico delle pareti è il bell'aspetto delle facciate e il riempimento degli spazi vuoti tra le pietre più grandi con piccole schegge di scisto.
Il tempio è databile al secondo quarto del VI sec. a.C., sulla base di una coppa frammentaria rinvenuta nella fossa di fondazione che appartiene a quel periodo; esso presenta analogie con il Tempio di Atena a Emporion nell'isola di Chio, anch'esso del VI secolo. La ceramica rinvenuta nei depositi superiori del tempio e in particolare un kàntharos a vernice nera con il nome Herakles al genitivo, inciso sul fondo, fa pensare che esso sia rimasto in uso almeno fino alla seconda metà del V sec. a.C.
Non sappiamo con certezza quale fosse la divinità a cui il tempio era dedicato. Vi è tuttavia un'indicazione a favore di Atena, fornita da un'iscrizione retrograda su una lekàne di ceramica grezza rinvenuta all'interno del tempio, interpretata come una abbreviazione dell'epiteto di Atena, Poliàs (ιΛοΠ).
Provengono dal tempio e dall'area circostante resti di ceramica grezza e, più in particolare, frammenti di pìthoi dell'VIII e del VII sec. a.C., nonché ceramica fine del Tardo Geometrico, dell'età arcaica (un cratere attico a colonnette a figure nere, frammentario, con raffigurazione di Peleo e Teti) e classica, vasetti miniaturistici votivi, lastre votive fittili, il braccio di una statua di kore in marmo, la base di una figurina in piombo con decorazione incisa, amuleti a sigillo, uno scarabeo, oggetti domestici di uso femminile, vaghi di terracotta, fibule bronzee e strumenti di uso sacrificale. Sono particolarmente interessanti due amuleti in osso con funzione di sigilli (uno con raffigurazione in rilievo di una figura femminile, l'altro invece con un leone coricato) e un terzo di pietra nera leggera, decorato su una faccia con due processioni speculari di uomini; sono tutti databili nella seconda metà dell'VIII-inizî VII sec. a.C., rinvenuti anch'essi davanti al tempio. All'interno di quest'ultimo è stata inoltre ritrovata una grande quantità di ossa di porcellini e agnelli, probabili resti di sacrifici eseguiti nell'edificio.
Tra i vasi di ceramica grezza rinvenuti a Z. va ricordato un certo numero di chỳtrai (recipienti da cucina da porre direttamente sul fuoco), un calderone su tripode con versatolo e un notevole numero di pìthoi. Particolarmente interessante è un frammento di pìthos decorato con un motivo a spirale, piccole protuberanze e figure strette in una danza.
La maggior parte della ceramica fine si data al Geometrico (900-700 a.C.); vi è tuttavia un certo numero di vasi databili al Protogeometrico (circa 1050-900 a.C.). Tra gli skỳphoi rinvenuti a Z. vi sono esemplari attici, ma anche cicladici ed euboici, questi ultimi databili essenzialmente al Tardo Geometrico (circa 750-700 a.C.). Tra le kotỳlai figura un bell'esemplare corinzio, con due uccelli che si contendono un verme; c'è anche il frammento di una kotỳle con un graffito, datato nella seconda metà dell'VIII secolo. Oltre alle kotỳlai corinzie, gli scavi hanno fornito un certo numero di esemplari provenienti dalle isole e alcuni, più in particolare, dall'Eubea.
La classe di oggetti personali include pissidi, un anello, un certo numero di vaghi di pietra, di argilla o vetro, scarabei e fibule. È stata portata alla luce anche una varietà di utensili domestici in pietra: pesi, un pestello e una macina usata per la preparazione del cibo, una cote, coltelli di ferro, fuseruole e pesi da telaio. Una menzione particolare meritano gli utensili di ossidiana che includono punte, lame e raschiatoi.
La necropoli. - Nel 1899 due tombe furono casualmente scoperte da alcuni contadini che lavoravano nei campi
nei pressi del sito; contenevano oggetti di corredo funerario, in particolare vasi; poiché sembra che anche nel 1950 sia stata scoperta da un contadino nella stessa zona un'altra tomba, questa era probabilmente l'area della necropoli della città geometrica, che però non è stata ancora esplorata sistematicamente.
La ceramica proveniente dalle tombe rinvenute nel 1899 è di grande interesse perché include alcuni vasi che risalgono al Protogeometrico (ultimo quarto del X sec. a.C.), e sono perciò tra i più antichi trovati nel sito. La ceramica proveniente dalle tombe fa supporre che l'occupazione del promontorio di Z. cominciò molto prima del periodo indicato dalle case scavate nei pressi del tempio. Nel 1974, in una trincea aperta attraverso il muro di fortificazione, fu trovata una grande quantità di ceramica; il pezzo più antico, un frammento di anfora, è datato al Tardo Protogeometrico (925-900 a.C.). Significativamente la stessa fossa ha restituito pure un certo numero di frammenti di ceramica del Geometrico Antico. I rinvenimenti del 1974 hanno fatto ipotizzare la presenza umana sul sito, e probabilmente una continuata abitazione, fin dall'ultimo quarto del X sec. a.C.
Quale che ne sia stata l'origine, è certo che la città cadde sotto l'influenza dell'Eubea durante l'VIII sec., come scalo tra l'isola e l'Egeo orientale. Questa visione è anche sostenuta dalle osservazioni di Strabone (X, 448) secondo il quale Andros, Tino e Ceo erano sotto l'influenza politica di Eretria nonché dal fatto che Z. fu abbandonata subito dopo il 700 a.C., forse come risultato della crisi politica ed economica che seguì alla guerra lelantina o per altre cause che portarono all'abbandono della città.
Più di recente un secondo insediamento geometrico molto importante è stato scoperto sulla costa occidentale dell'isola, pochi chilometri a Ν di Z., in un sito chiamato Hypsele, vicino al villaggio di Aprovatou. Sebbene gli scavi a Hypsele siano solo in una fase iniziale, è chiaro che i due siti devono avere molte caratteristiche in comune ed essere pressappoco contemporanei. Come Z., Hypsele ha un muro di fortificazione che non è stato ancora adeguatamente studiato. Vi è anche un tempio che richiama quello di Z. sia nella pianta che nelle dimensioni.
Bibl.: A. Cambitoglou, J. J. Coulton, J. M. Birmingham, J. R. Green, Zagora, 1. Excavations Season 196J, Study Season 1968-69, Sydney 1971 (rist. Atene 1992); A. Cambitoglou e altri, Archaeological Museum of Andros. Guide to the Finds from Excavations of the Geometric Town of Zagora, Atene 1981 (rist. con aggiunte 1991); A. Cambitoglou, J. J. Coulton, A. Birchall, J. R. Green, Zagora, 2. Excavation of a Geometric Town on the Island of Andros (Βιβλιοθηκη της εν Αθηναις αρχαιολογικης εταιρείας, 105), Atene 1988. - Sul sito di Hypsele: Ch. Televantouj in ADelt, XXXVII, 1982, B’2, p. 353 ss.; ead., in The Third Conference Αρχαιολογία και Παιδεια. Association of Greek Archaeologists, Atene 1984, p. 33. - Cfr. inoltre: G. Touchais, in BCH, CVIII, 1984, p. 817; A. Pariente, ibid., CXIV, 1990, p. 811.