ZACCARIA
– Il primo personaggio noto di questa famiglia genovese è Zaccaria de Castro menzionato in una compravendita di terreni nel 1160. Ben presto il cognome del gruppo familiare si stabilizzò, tanto che i discendenti abbandonarono la denominazione topografica de Castro (con cui già si identificava un’altra famiglia aristocratica genovese) e cominciarono a usare il nome proprio del padre quale cognomen: già a inizio degli anni Ottanta del secolo XII si ha notizia di un Ogerio Çacaria, figlio, appunto, del ‘capostipite’.
La ricostruzione genealogica della famiglia nel Duecento è resa ardua dal ricorrere di nomi propri caratterizzanti (in particolare: Zaccaria, Fulco e Manuele) ed è perciò facile incorrere in casi di omonimia; tali scelte onomastiche, tuttavia, attestano una precoce autocoscienza di questo gruppo parentale.
Fino al primo decennio del Duecento i riferimenti agli Zaccaria sono del tutto sporadici, ma è ipotizzabile che, come la maggior parte del ceto eminente della città, fossero dediti alla partecipazione a imprese commerciali a lungo raggio, un’attività che nel corso del secolo XIII diede slancio economico alla famiglia. Tuttavia, a differenza di altri gruppi parentali dell’élite urbana che traevano il loro prestigio dall’esercizio della mercatura, gli Zaccaria non furono particolarmente interessati (o non riuscirono a partecipare pienamente) alla vita politica della città. Sono infatti pochissimi i riferimenti al coinvolgimento di personaggi provenienti da questa famiglia nell’apparato burocratico-istituzionale.
Uno dei pochi esempi di tale coinvolgimento concerne Zaccaria, probabilmente figlio del primo esponente noto della famiglia, che nel 1202 ricoprì la carica di console dei placiti. Si tratta forse dello stesso individuo attestato come consigliere del Comune nel 1225, nel 1228 e nel 1229, in piena età podestarile. Pochi altri membri della famiglia occuparono le magistrature di vertice: un altro omonimo è menzionato come consigliere nel 1251 e nel 1252, con Giovanni e Fulco, quest’ultimo probabilmente il padre del noto mercante e ammiraglio Benedetto (v. la voce in questo Dizionario). Giovanni fu uno degli Otto nobiles – una magistratura istituita in età podestarile – nel 1235 e ancora consigliere nel 1254, mentre Fulco fu consigliere nel 1263 ed è annoverato tra i firmatari del trattato del Ninfeo (1261), che il Comune stipulò con l’imperatore Michele VIII Paleologo e che diede ai Genovesi enormi vantaggi economici e commerciali nei territori bizantini. Alcuni personaggi furono attivi come diplomatici, impegnati in missioni fuori patria per conto del Comune, fra questi spicca la figura del già menzionato Benedetto, attivo nella seconda metà del Duecento anche per conto di sovrani esteri.
Similmente opaco è il grado di coinvolgimento degli Zaccaria nelle istituzioni ecclesiastiche: un raro riferimento è relativo a un Nicola Zaccaria, monaco nel cenobio genovese di S. Stefano nel 1240.
Il moderato interesse a un coinvolgimento dal punto di vista istituzionale appare singolare anche a fronte della constatazione che quella degli Zaccaria fu una famiglia abbastanza ampia, i cui membri mostrarono una buona capacità di intessere strategie matrimoniali di altissimo livello con gruppi parentali posti ai vertici della vita politica cittadina. I personaggi più in vista della famiglia Zaccaria saldarono rapporti, per esempio, con i Doria, gli Spinola, i Fieschi, i de Nigro, i De Mari, i Cattaneo della Volta, i Grillo tutte famiglie di antica origine consolare (o signorile, nel caso dei Fieschi) che avevano mantenuto un ruolo centrale nella politica cittadina nel corso del Duecento (e anche oltre).
Gli Zaccaria mobilitarono somme importanti per dotare le figlie che sposarono i rampolli di queste famiglie: così Orietta, figlia di Manuele (v. la voce in questo Dizionario), nel 1271 ricevette 1000 lire come dote per il suo matrimonio con Rainaldino Spinola, figlio di Oberto, al tempo capitano del Popolo, e le sue sorelle, tutte entrate a far parte di famiglie altrettanto eminenti, ricevettero una somma similmente alta. Anche alle donne accolte dagli Zaccaria, in determinati casi, venne concesso un buon margine di manovra: all’inizio del Trecento la moglie di Manuele risulta attiva come amministratrice dei beni dei figli minori e nel 1310 poteva rivendicare una quota dei proventi della raccolta di allume dalle miniere di Focea.
Sul piano delle strategie residenziali gli esponenti della famiglia pare abbiano seguito, almeno in una prima fase, opzioni diversificate. Sebbene il gruppo parentale avesse le sue origini, per così dire, nel quartiere genovese di Castello, in pieno centro cittadino, almeno per la prima parte del Duecento non tutti i membri della famiglia sembrano aver privilegiato l’assetto residenziale ‘compatto’ tipico della gran parte delle famiglie aristocratiche genovesi. Se Zaccaria de Castro, il primo esponente della famiglia di cui abbiamo notizia, aveva il suo porticus in Castelletto, suo figlio omonimo si spostò nel quartiere poco distante di Piazzalunga, dove mantenne la sua residenza – una casa con torre – ereditata dal figlio Fulco, che a sua volta la passò a suo figlio Manuele, mentre Benedetto, fratello di quest’ultimo, risiedeva presso il torrente Bisagno.
Nel 1335 si ha la menzione si una cuntrata Iachariorum, dove risiedevano sicuramente la vedova di Benedetto, il nipote del più famoso omonimo ammiraglio e mercante, e i figli di un Manuele Zaccaria; si tratta di un riferimento che probabilmente possiamo ritenere come segno di un ricompattamento insediativo di almeno una parte dei membri della famiglia in forma di albergo.
Verso la metà del Duecento, la vicenda degli Zaccaria assunse una connotazione decisamente sovralocale e mediterranea: grazie ad alcuni esponenti che si distinsero più per il loro operato fuori patria che per il loro coinvolgimento nelle dinamiche cittadine, le fortune della famiglia crebbero in modo esorbitante. La svolta avvenne forse nel 1267, quando Michele VIII Paleologo concesse agli Zaccaria la città di Focea (vicino a Smirne), il più importante centro del Mediterraneo per la produzione di allume: un minerale usato, tra le altre cose, come mordente per la colorazione dei tessuti.
Soprattutto sulla scia dello studio di Roberto Lopez su Benedetto e della successiva popolarizzazione della figura dell’ammiraglio genovese, è generalmente ritenuto che furono i fratelli Manuele e Benedetto a essere investiti di questa concessione. Tuttavia, le circostanze attorno a queste investiture non sono molto chiare e necessiterebbero di una più puntuale indagine critica sulle fonti: il cronista coevo greco Giorgio Pachimere, per esempio, attribuisce la signoria di Focea a Manuele, figlio di Zaccaria, identificabile non con il fratello di Benedetto, bensì con un lontano cugino dei due.
Quello che è certo, è che questi anni rappresentarono una cesura nella storia della famiglia: la presenza degli Zaccaria nel Levante si fece sempre più incisiva. Alcuni occuparono cariche per conto del Comune genovese, come per esempio Matteo Zaccaria che fu podestà genovese a Cipro nel 1291. Ma l’espansione della famiglia fu alimentata in particolare dai discendenti di Benedetto, che riuscirono a consolidare la loro posizione nell’area acquisendo diritti commerciali e terre, svincolandosi dagli impegni nei confronti del Comune genovese. L’impulso verso il consolidamento di uno status eminente fuori patria, attraverso azioni talvolta spregiudicate, da parte di alcuni membri della famiglia è pienamente osservabile già negli anni Settanta del Duecento, successivamente all’acquisizione di Focea.
Sempre Pachimere, per esempio, riporta come Manuele, figlio di Zaccaria riuscì a ottenere dall’imperatore bizantino un editto che sanciva il divieto per gli altri mercanti genovesi di importare allume dal Mar Nero assicurandosi così di fatto il monopolio esclusivo sul commercio della preziosa merce nonché la possibilità di fissarne il prezzo. Tale concessione sfociò in ritorsioni da parte dei concittadini di Zaccaria. Il legame con Bisanzio, più evidente fino ai primi decenni del Trecento è riflesso nelle scelte onomastiche della famiglia, come Paleologo, nome assegnato al figlio di Benedetto, uno dei primi esponenti della famiglia a mettere radici nel Levante, e Andronico Asen, figlio di Centurione I.
A inizio Trecento, gli Zaccaria, grazie all’intervento di Benedetto, acquisirono anche l’isola di Chio (1304), l’unico centro mediterraneo dove veniva prodotto il mastice, apprezzato per le sue proprietà mediche. La famiglia trattò queste concessioni come se fossero dei possedimenti personali, tanto che Benedetto II e Martino (i nipoti di Benedetto Zaccaria) si arrogarono il diritto di battere moneta a Focea. L’operato di diversi membri della famiglia in questa città fu notevole anche dal punto di vista urbanistico: gli Zaccaria non mancarono di impiegare risorse anche nella fortificazione del piccolo centro urbano, che conobbe una discreta espansione demografica negli anni del loro dominio, tanto che nel 1296 è attestata una Focea Nuova accanto all’antica fondazione. Tuttavia, questi possedimenti non rimasero a lungo nelle mani della famiglia genovese. Benché gli investimenti non mancassero, la presenza della famiglia aveva alimentato il malcontento tra gli abitanti di Focea che ebbe esito in una sommossa contro i signori genovesi dell’isola alla fine degli anni Venti del Trecento. Approfittando della situazione, l’imperatore Andronico III, a quel tempo impegnato in una campagna militare nell’Egeo, riuscì a imporsi e riconquistare i possedimenti concessi alla famiglia genovese nel 1329.
La famiglia continuò a perseguire la sua politica di mantenimento della propria posizione nel quadrante nordorientale del Mediterraneo, spostando l’interesse dalle isole greche alla Morea franca; una politica che nel corso del Trecento e del Quattrocento fu alimentata non solo dalla capacità di diversi esponenti della famiglia a intrecciare rapporti diplomatici con i principali attori nell’area, ma anche da ponderate alleanze matrimoniali strette con importanti casate estere.
Già nel 1325, Martino (v. la voce in questo Dizionario), forse figlio di Paleologo e nipote di Benedetto, sposò Jacqueline de la Roche, erede della famiglia che aveva retto il Ducato di Atene fino a inizio Trecento, acquisendo tramite il matrimonio il titolo di barone di Velogisti e di Damala. I suoi discendenti si unirono con donne egualmente altolocate: il figlio maggiore di Martino, Bartolomeo, sposò Guglielma Pallavicini, marchesa di Bodonitsa (oggi Medenitsa), mentre Centurione I si sposò con una esponente, il cui nome è sconosciuto, della dinastia bulgara degli Asen che aveva stretto legami di parentela con l’alta nobiltà bizantina. Maria, invece fu concessa in sposa a Pedro di San Superano – uno dei capitani della Compagnia Navarrese, nominato principe di Acaia nel 1396 – e diventò reggente per conto del figlio alla morte del marito. A inizio Quattrocento, Centurione II (v. la voce in questo Dizionario), dopo aver ottenuto la reggenza del principato dalla zia Maria II, sposò Creusa, figlia di Leonardo II Tocco, signore di Zante, per rafforzare la sua posizione.
Se dal punto di vista matrimoniale almeno fino agli inizi del Trecento gli Zaccaria si mossero sul piano esclusivamente locale, nel corso del Trecento riuscirono ad allineare l’intreccio di relazioni parentali con le loro conquiste e ambizioni espansionistiche. A questi legami, infatti, si erano parallelamente aggiunti nomine e titoli ottenuti attraverso attività diplomatiche e imprese militari: Martino fu gran connestabile di Morea, ottenne la castellania di Tebe e infine il titolo di re e despota dell’Asia Minore da Filippo II; Centurione I fu nominato gran connestabile di Acaia (1370), mentre al nipote Centurione II nel 1404 fu riconosciuto il titolo di principe di Acaia, che poi fu costretto a passare al genero Tommaso Paleologo, despota di Morea.
Le contestuali vicende del ramo della famiglia che mantenne gli interessi a Genova sono avvolte da un cono d’ombra e necessitano ancora di essere indagate puntualmente anche attraverso una prudente ricostruzione genealogica. Sono anche in questo caso scarsissimi i riferimenti a esponenti del gruppo parentale che vennero coinvolti a livello istituzionale: Ottaviano Zaccaria fu membro del Consiglio degli anziani nel 1355, mentre Giovanni e Geronimo Zaccaria furono consiglieri del Comune nel 1367. Altrettanto oscure risultano le dinamiche sociali e le scelte patrimoniali operate dagli Zaccaria attivi a Genova nel corso del Trecento e del Quattrocento. È molto probabile che la famiglia propriamente genovese sia entrata in crisi verso la fine del secolo XIV: il registro Possessionum del 1414, che elenca le proprietà delle famiglie riunite in alberghi, mostra solamente tre immobili cittadini appartenenti agli Zaccaria (due dei quali gestiti pro indiviso dagli eredi di due esponenti) ubicati nel quartiere di Piazzalunga (dove erano già attestate le abitazioni di alcuni esponenti a metà Duecento), lasciando intendere che il ramo genovese si stava assottigliando all’estremo. Infatti, il nome degli Zaccaria non risulta tra quello delle famiglie coinvolte nella rimodulazione degli alberghi dopo le riforme di Andrea Doria del 1528.
Le cose non andarono molto diversamente per il ramo attivo nel Levante: Centurione II non aveva un discendente legittimo maschio (ebbe un figlio naturale, Giovanni Asen) a raccoglierne l’eredità e con il trasferimento del titolo del principato di Acaia a Tommaso Paleologo il cognome degli Zaccaria perse definitivamente la sua rilevanza.
La famiglia è associata a una preziosa reliquia, la cosiddetta Croce degli Zaccaria, una stauroteca commissionata nel IX secolo dal fratello dell’imperatrice Teodolinda, che fu acquisita dalla famiglia genovese verso la fine del secolo XIII e donata alla cattedrale di S. Lorenzo circa un secolo dopo, quando cominciò a essere usata nella cerimonia di benedizione del doge entrante. La croce è a tutt’oggi conservata nel museo del Tesoro della cattedrale di Genova.
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