SAGGI, Zaccaria
– Nacque presumibilmente a Pisa tra il 1415 e il 1420, da Francesco Zacci (il cognome Saggi venne adottato dopo il trasferimento in Lombardia).
Sin dal Trecento, vari esponenti della casata erano stati impegnati in uffici, in varie città. Il padre, dottore in legge, dichiarava nel 1428 alle autorità fiscali di Pisa di trovarsi al servizio di Venezia e di disporre di mediocri fortune.
Di poco successivo deve essere stato l’inizio del servizio di Zaccaria Saggi presso il duca di Milano Filippo Maria Visconti, attestato da un più tardo documento inedito (la sua nomina a consigliere dei duchi di Milano è del 1477). Saggi, ancora adolescente, entrò a far parte della cerchia più intima del duca e la sua presenza alla corte milanese è in linea con l’affermazione di Pier Candido Decembrio, secondo cui Visconti usava attorniarsi di prestanti giovani impiegati come paggi e camerarii. Secondo la patente del 1477, Saggi aveva svolto compiti delicati e persino pericolosi, ed era stato molto caro al principe. Negli stessi anni il fratello Celidonio rivestiva nel ducato il più modesto ruolo di officiale delle bollette.
Sempre secondo l’atto milanese fu a Milano fino alla morte del duca (agosto 1447), ma una lettera di Saggi stesso (1481) fa risalire il servizio presso i Gonzaga al 1444; si sa per certo, comunque, che era già a Mantova a inizio 1447, quando accompagnò il marchese Ludovico a Venezia a prendere il bastone di capitano dell’esercito veneziano. Passato dunque a servire Gonzaga, Saggi ottenne la cittadinanza di Mantova, acquistò case e terre e altre ne ebbe in dono dal marchese, in città e fuori. Nel 1455 sposò Pina del Voglio, di una famiglia pisana che a sua volta si era allontanata dalla città nativa. Con il giovane marchese Ludovico, Saggi intrattenne un rapporto non solo di fedeltà e servizio ma anche di amicizia; un rapporto che, come è stato notato (Lazzarini, 1996), gli assicurava maggior libertà rispetto agli altri oratori, inseriti invece nei ranghi della cancelleria marchionale.
A Mantova trovò un ambiente culturalmente vivace, anche se sembra da escludere che potesse seguire, come è stato sostenuto, le lezioni di Vittorino da Feltre. Fu comunque uomo di vasti interessi culturali e artistici e scrittore colto e raffinato, autore di alcuni sonetti di ispirazione petrarchesca.
Di uno di essi si segnala una recente edizione (Canova, 2013). Si tratta di rime giovanili, ma di buon livello letterario. Vari interessi e contatti culturali di Saggi sono attestati, sia nell’ambito delle sue missioni d’ufficio, sia nella vita privata: ebbe contatti con i primi stampatori mantovani e con diversi artisti di fama. È stato anche ritrovato l’inventario post mortem della sua biblioteca, con titoli che confermano la buona formazione culturale e i vivaci interessi intellettuali.
Dopo la missione a Venezia del 1447, Saggi svolse incarichi per Gonzaga presso Alfonso d’Aragona a Napoli nel 1449; fu a Roma nel 1449, 1451 e 1454, a Ferrara nel 1449, 1455 e 1467, a Firenze nel 1458 e 1459. La sua attività di ambasciatore, però, si svolse prevalentemente a Milano, alla corte degli Sforza, dove approdò stabilmente nel 1469, poco dopo aver assistito alle esequie di Bianca Maria Visconti.
Le numerose lettere dalla città lombarda, consultabili nell’edizione del Carteggio degli oratori mantovani, confermano sia la personale vicinanza di Saggi al marchese Ludovico, sia la confidenza che ebbe con vari gentiluomini e cortigiani. Sovente, era ammesso alle stanze private e alle conversazioni del duca, circostanza che ebbe anche qualche risvolto negativo: Galeazzo Maria Sforza temeva che il pisano venisse a conoscenza di troppi segreti e che riferisse a Gonzaga delle notizie riservate. Saggi da parte sua subiva la volubilità del giovane duca, da cui dipendevano i sempre sofferti pagamenti delle condotte mantovane, e si trovò talvolta a disagio nei momenti di freddezza tra le due corti. Come gli altri oratori gonzagheschi, scambiava frequenti lettere anche con la marchesana Barbara di Brandeburgo e fu spesso tramite di acquisti di generi di lusso presso i mercanti milanesi, in particolare presso i Maggiolini, originari come lui di Pisa. I suoi dispacci sono vivaci e densi di analisi politiche, quantunque l’argomento principale sia sempre la difficoltà di conseguire le rate delle condotte.
Nel novembre del 1471 Saggi dovette allontanarsi da Milano, giacché il duca lo accusava di aver riferito al marchese Gonzaga varie indiscrezioni, relative sia a faccende politiche, sia a fatterelli di corte dipinti in chiave malevola («più volte la me disse ch’io scrivea più che homo del mondo, e ch’io scrivea ogni cosa a vostra signoria fin a li atti e cenni che faceva sua signoria», Carteggio degli oratori mantovani, VIII, 2000, n. 270). Riparò a Mantova «sbigottito» e umiliato, ma conscio di avere sempre fatto il suo dovere. Già nel settembre 1472, tuttavia, era ritornato al suo posto con i consueti incarichi.
Nei complicati mesi seguiti all’assassinio del duca Galeazzo Maria Sforza (di cui Saggi fu testimone diretto, il 26 dicembre 1476), Ludovico Gonzaga fu chiamato a Milano a sostenere i reggenti, ma con il tempo i suoi rapporti con i duchi si deteriorarono e nel giugno 1477 l’ambasceria di Saggi fu sospesa. I milanesi giudicavano eccessive le pretese di Gonzaga e non erano soddisfatti delle sue scarse prestazioni militari, essendo ormai anziano e infermo. Forse per ricucire i rapporti e temendo una defezione del marchese verso Venezia i reggenti Bona di Savoia e Gian Galeazzo Maria Sforza nominarono Saggi consigliere ducale, con l’atto già citato del settembre 1477, che menzionava il suo precedente servizio presso l’ultimo duca Visconti. Saggi comunque tornò a Milano solo dopo la morte del marchese Ludovico, nel luglio 1478. Anche a Mantova, intanto, era stato nominato consigliere.
Il rapporto stretto tra Zaccaria e Gonzaga è evidente dal tono spesso confidenziale delle loro corrispondenze. Nel maggio 1471 Saggi rispose al marchese, che lo aveva chiamato scherzosamente «pisano traditore», che era felice di essere ormai del tutto «amantoanato» (Carteggio degli oratori mantovani..., VIII, 2000, n. 205). Arguta è anche la chiusa di una lettera del novembre 1470 a Gonzaga, in cui Saggi si complimenta con il signore per i progressi nell’«arte del murare», avendo saputo che seguiva passo passo i lavori e dava lezioni ai muratori («insegnandoli come fare lombelli ed embrici», ibid., n. 141). Altre facezie nei carteggi da Milano riguardano il poderoso aspetto fisico di Saggi, che scherzava sulla robustezza delle sue gambe («le mie colonne»; Signorini, 1985, pp. 81 s.), compiangendo i cavalli e muli che dovevano trasportarlo. È stato plausibilmente ipotizzato che la forte e prestante effigie di Saggi sia stata immortalata da Andrea Mantegna nella Camera degli sposi del castello di Mantova, e che sia riconoscibile nel personaggio che si staglia in piedi contro un pilastro, in primo piano davanti al marchese (Simonetta, 2004, p. 111 nota 3, con riferimento agli studi di Rodolfo Signorini). Al di là delle possibili identificazioni, nessuno più di Saggi meritava di essere raffigurato tra le persone vicine al marchese Ludovico.
A Milano, dove rimase pressoché stabilmente dal 1478 alla morte, Saggi visse con la moglie, da cui aveva avuto i figli Francesco, Barbara e Niera (Neria). Dopo molte istanze riuscì a sistemare il figlio alla corte gonzaghesca, ma con suo grande dolore questi annegò nel Po nell’estate del 1482.
Barbara sposò Bernardino Corradi (il cui padre Andrea era un fedele gonzaghesco, podestà di Milano nel 1482), e Niera si accasò nel 1483 con Gaspare Visconti, di illustre famiglia milanese. Saggi ebbe anche due figlie naturali, Isotta e Ginevra, e un figlio postumo da una governante. Isotta sposò nel 1469 il mantovano Nicolò di Filippo da Casale, e un’altra figlia, probabilmente Ginevra, fu accasata a fine 1481 con Agostino Lavagnoli, con una dote di 500 ducati. Le doti delle figlie furono spesso motivo di crucci economici, nonostante i numerosi doni ricevuti dai Gonzaga. In questa circostanza Saggi scrisse al marchese che, non riuscendo ad alienare le sue tenute, avrebbe messo in vendita la casa di Mantova: probabilmente, sperava di essere aiutato con un sussidio.
Con Federico Gonzaga, che governò dal 1478, e poi dal 1484 con Francesco II, Zaccaria non godette della stessa posizione di favore. I suoi dispacci si fanno più formali, meno vivaci e anche più espliciti: era necessario parlar chiaro, senza allusioni confidenziali, e occorreva far capire al nuovo signore che i rapporti tra Mantova e Milano non erano cordiali come in passato.
Comunque le sue lettere, dense di informazioni e di analisi politiche, sono per frequenza, durata, contenuto e qualità un corpus fondamentale, utile sia per documentare le vicende milanesi di fine anni Settanta e degli anni Ottanta, sia per analizzare alcuni passaggi critici, come l’ascesa politica di Ludovico il Moro, le costanti aspirazioni di Roberto Sanseverino o la crescente inimicizia tra Milano e Napoli, sia per le notizie sulle novità artistiche, culturali, librarie.
Nell’estate del 1485 Saggi, provato dalla recente morte della moglie, preoccupato per il pericolo del contagio pestilenziale, sofferente di una malattia renale tipica della condizione benestante, ottenne dal marchese una licenza e si ritirò per alcuni mesi nella sua tenuta mantovana di Retenago, ma all’inizio del 1486 era di nuovo alla corte milanese. Nelle sue ultime lettere da Milano, del febbraio 1488, egli accenna al peggioramento del suo stato di salute e al vivo desiderio di tornare a Mantova. Qui fece testamento il 26 marzo 1488, istituendo Niera e Barbara eredi universali; un testamento successivo, redatto poco prima della morte, modifica il luogo di sepoltura, fissato nella chiesa di S. Girolamo di Porto Mantovano e non più in S. Giacomo a Mantova. Morì il 1° novembre 1488.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Registri ducali 179, c. 323v ss. (9 settembre 1477); Carteggio degli oratori mantovani alla corte sforzesca, 1450-1500, diretto da F. Leverotti, I-XV, Roma 1999-2003, ad ind.: in partic. VIII, 1468-1471, a cura di M.N. Covini, 2000 (dati biografici a pp. 24-28); X, 1475-1477, a cura di G. Battioni, 2002; XI, 1478-1479, a cura di M. Simonetta, 2001; XII, 1480-1482, a cura di G. Battioni, 2002.
R. Signorini, Opus hoc tenue. La Camera Dipinta di Andrea Mantegna, Parma 1985, pp. 81 s.; G. Petralia, Crisi ed emigrazione dei ceti eminenti a Pisa durante il primo dominio fiorentino, in I ceti dirigenti nella Toscana del Quattrocento, Firenze 1987, pp. 333-335; I. Lazzarini, Fra un principe e altri stati. Relazioni di potere e forme di servizio a Mantova nell’età di Ludovico Gonzaga, Roma 1996, pp. 214-217; M. Simonetta, Rinascimento segreto. Il mondo del Segretario da Petrarca a Machiavelli, Milano 2004, p. 111 nota 3; A. Canova, Appunti sul ms. Reginense Latino 1973, in Studi di erudizione e di filologia italiana, II (2013), pp. 63-84 (in partic. pp. 77-79); I. Lazzarini, Communication and conflict. Italian diplomacy in the early Renaissance, 1350-1520, Oxford 2015, ad ind.; A. Canova, Dispersioni. Cultura letteraria a Mantova tra Medio Evo e Umanesimo, in corso di stampa.