LURIA, YiŞḥāq (Isacco)
Mistico ebreo, detto di solito Ărī, cioè "il Leone", dalle iniziali dei vocaboli ebraici ashkĕnāzī rabbī Yiṣḥāq, "il tedesco maestro Isacco", ovvero ădünēnū rabbī Yiṣḥāq, "il nostro signore maestro Isacco" ovvero ancora ělühī rabbī Yiṣḥāq, "il divino maestro Isacco". Nacque, di famiglia oriunda tedesca, in Gerusalemme nel 1534. Rimasto orfano di padre in tenera età, fu accolto al Cairo da uno zio materno, Mordĕkay Frances, uomo di larghi mezzi, che gli fece impartire un'accurata educazione. Ma più che negli studî del diritto talmudico il giovine Luria si compiaceva nelle dottrine mistiche della Qabbālāh; e più che dalla vita agiata della famiglia o dai prosperi commerci si sentiva attratto dall'ascetismo. Sebbene qualche documento attesti una qualche sua attività commerciale, certo egli prese a trascorrere gran parte del suo tempo in solitudine, pregando e meditando sui libri della Qabbālāh, e in particolare sullo Zühār, che appunto in quegli anni venne divulgato per le stampe (Mantova 1558). Verso il 1568 lasciò l'Egitto per la Palestina, e fissò la sua dimora a Şafad, il principale centro del giudaismo palestinese, ove le dottrine cabbalistiche avevano appassionati cultori. Colà radunò attorno a sé una cerchia di entusiasti discepoli, fra cui premineva un immigrato italiano, Ḥayyīm Vital Calabrese. Nella cerchia degl'intimi egli era considerato come il Messia figlio di Giuseppe, precursore del Messia figlio di David. Non mancarono contrasti al suo insegnamento e alla sua dottrina, ma tuttavia già mentre era vivo si diffuse largamente la credenza che egli fosse dotato di facoltà sovrumane, e capace di miracoli. La sua morte (1572) non spense gli entusiasmi per lui, anzi li accese maggiormente, e accrebbe ancor più la fioritura delle leggende intorno alla sua persona.
Egli soleva esporre le sue dottrine solo oralmente; per iscritto abbiamo di lui solo alcuni inni sabbatici, in cui l'amor divino è cantato spesso con immagini arditamente sensuali. I suoi insegnamenti furono raccolti per iscritto dai discepoli, specialmente da Hayyīm Vital Calabrese, il quale però vietò finché visse la divulgazione delle sue opere (principale fra esse il ‛Ēṣ Ḥayyīm, L'albero della vita), e da Yisrā'ēl Sarūq, il quale, meno efficace come scrittore ma più come propagandista con la parola, viaggiò a tale scopo tutta l'Europa. Nel 1648 si stampava ad Amsterdam per la prima volta un'ampia esposizione del sistema luriano, il ‛Ēmeq ha Melek (Valle del re) di Naftālī Hirsch Bacharach.
L. riuscì a ridurre a sistema le fantasiose concezioni dei cabbalisti precedenti, associandovi concezioni originali sue e fondendole in un'originale sintesi. La sua intricata teoria cosmogonica si basa sulla concezione del ṣimṣūm, o concentrazione dell'essere divino infinito, in seguito alla quale viene a formarsi uno spazio vuoto, in cui si attuano le varie fasi di un complicato processo emanatistico digradante man mano fino al mondo sensibile; e trova la spiegazione dell'origine del male nel mondo in una catastrofe, consistente nella "rottura" (shĕbīrāh) di alcuni dei gradi o "strumenti", dell'emanazione, catastrofe che avrebbe modificato l'ordinamento originario del cosmo, trasmutandolo da "mondo dell'ordine" in "mondo del caos" e causando in esso la presenza di qĕlippüt o "scorie". Analoga l'origine del male nell'uomo: le singole anime umane erano già tutte comprese in Adamo, l'Idea dell'Uomo, e differivano tra loro di grado secondo quello dei membri d'Adamo con cui erano collegate; ma il peccato originale venne a turbare l'ordine primitivo delle anime e a guastarne la purezza, sì che non vi ha oggi anima umana per quanto alta che non abbia in sé qualche elemento di male, qualche "scoria" come non vi è d'altra parte alcuna anima colpevole che non abbia in sé qualche elemento di bene. Alla purificazione delle anime dalle loro "scorie" contribuiscono la metempsicosi (gilgūl) e la "superfetazione" (‛ibbūr), cioè l'aggregazione di una determinata anima a un'altra anima. L'avvento dell'età messianica si compirà con la restaurazione definitiva della purità delle anime umane e con quella dell'ordine primitivo del cosmo. Su tutto ciò è basata la parte pratica della qabbālāh luriana, intesa all'allontanamento delle "scorie" dalle anime e dal cosmo, mediante lo slancio dell'amor divino, mediante determinate "intenzioni" (kawwānüt) nelle preghiere e nei riti tradizionali, e mediante particolari preghiere e cerimonie rituali appositamente preordinate.
Le dottrine di L. e dei seguaci, largamente accolte nelle cerchie ebraiche, contribuirono a preparare movimenti come quelli di Shabbĕtay Ṣĕwī (v.), di Jakob Frank (v.) e del ḥasidismo (v.). Ancora oggi vaste folle ebraiche in Polonia e in Oriente stanno sotto l'influsso della dottrina luriana.
Bibl.: H. Graetz, Geschichte der Juden, IX, 3ª ed., Lipsia 1891, pp. 408-424, 570-573; Ph. Bloch, Die Kabbalah auf ihrem Höhepunkt und ihre Meister, in Monatsschrift für Gesch. u. Wiss. des Judentums, XLIX (1905), pp. 129-166; S. Schechter, Studies in Judaism, II, Filadelfia 1908, pp. 202-306, 317-328; ulteriori indicazioni bibliografiche presso G. Scholem, Bibliographia kabbalistica, Lipsia 1927 (v. l'indice s. v., p. 229).