Y
Lettera estranea all'alfabeto italiano odierno; in quello latino mancava sino al tempo di Cicerone, quando vi fu accodata dandole il 22° posto; nell'alfabeto greco arcaico chiudeva la serie alfabetica, al 20° o 21° posto; ma fu poi seguita da altri quattro caratteri (ϕ, χ, ψ, ω). Come le lettere U, V, W, deriva dal wāu fenicio, di cui è una delle varianti grafiche. La sua forma non ha subito quasi mutamenti, tranne che in greco, dove, accanto alla forma Y, si riscontra una forma V, che nei manoscritti fu arrotondata in v.
In greco ebbe originariamente il suono di u, vocale e consonante; poi perdette questo secondo suono e il primo si attenuò in ü, che nel periodo bizantino trapassò al suono odierno di i; per indicare il suono u già nel sec. V a. C. si ricorse al digramma ov. Il latino trascrisse dapprima la v con la u; solo verso la metà del sec. I a. C. a denotare il suono di ü si ricorse al nuovo segno Y.
Delle lingue moderne, l'italiano l'ha eliminata, dopo averla usata, sino alla riforma di G. G. Trissino, nelle parole che l'avevano in latino; il francese la pronunzia i consonante quando precede una vocale, i quando segue una consonante e la considera come i + i quando segue a e o e non è finale o si trova tra due vocali; in spagnolo indica la i consonante; in tedesco e nelle lingue scandinave si pronunzia ü; in olandese, dove è sostituita talvolta da ij (derivate da ÿ), ha il suono ei; in inglese è consonante col valore di i se precede una vocale, ed è vocale equivalente alla i, se segue una consonante o una vocale; le lingue slave la usano per indicare la cosiddetta "i dura", suono difficile ad analizzare e definire; l'ungherese l'adopera per indicare che la consonante precedente è palatalizzata. La lettera si chiama in quasi tutte le lingue europee ipsilon o i greca; in inglese wy (cioè uài).