STYRON, William
Scrittore americano, nato a Newport News, Virginia, l'11 giugno 1925. L'influsso di Faulkner, già chiaro dal primo romanzo di S., Lie down in darkness (1951; trad. it., Un letto di tenebre, Milano 1978), per cui vinse nel 1952 il Prix de Rome dell'Accademia americana, continuerà a pesare - insieme con un suo soverchio amore per la retorica - nel giudizio critico su questo romanziere. Egli viene peraltro senza esitazione acclamato, da critici come Aldridge, "uno dei più dotati tra i giovani scrittori del momento".
A credito di S. viene infatti generalmente ascritto il forte potere evocativo e l'estrema ingegnosità verbale dello stile, di volta in volta definito "ricco, agitato, bombastico, melodrammatico, poetico, retorico, metaforico e sentimentale". Va detto che S. stesso, pur ammettendo un'importante presenza di Faulkner nella sua opera, rivendica altre e diverse fonti da Joyce a Flaubert, da Fitzgerald a Dos Passos. Con i romanzi successivi al primo, S. andrà ampliando il tema della sua ricerca narrativa, dal campo di marines di The long march (1956; trad. it., La lunga marcia, Torino 1967) all'Europa degli espatriati di Set this house on fire (1960; trad. it., E questa casa data alle fiamme, Torino 1964), campo e sfondo di una sua angosciata rappresentazione del crollo sociale e del disordine universale. Sarà peraltro con il libro che gli vale il premio Pulitzer, The confessions of Nat Turner, del 1967 (trad. it., La confessione di Nat Turner, Torino 1968), che si propone nelle parole di S. di essere una "meditazione sulla storia" e racconta una rivolta di negri in Virginia nell'Ottocento, che una più ampia, anche se controversa, attenzione del pubblico si appunta su questo scrittore.
Particolari obbiezioni si sono sollevate alla formula di narrativa in prima persona in cui S. dà voce a un intelligente e sensibile schiavo negro, Nat Turner. La finzione è apparsa un affronto così ai negri come ai bianchi, "ma non era tale", lo difende lo scrittore negro J. Baldwin: "si tratta di un libro molto coraggioso che tenta di fondere i due punti di vista, quello del padrone e quello dello schiavo, ed è in questo senso un libro di speranza".
Largamente apprezzata in Europa, e anche in Italia, dove sono stati tradotti tutti i suoi libri, più ancora che nel suo paese, la scrittura di S., non facile né lineare, ha dato veste a un tipo di fantasia opulenta anche se talora ossessiva e a un "oscuro dono di poesia".
Bibl.: Writers at Work: "The Paris Review", Interview, First Series, a cura di N. Conley, N.Y. 1958; M. Geismar, American Moderns, ivi 1958; Recent American fiction, a cura di J. Waldmair, Wayne, Mich., 1963; Contemporary American novelists, a cura di H.T. Moore, Urbana, Ill., 1964; On contemporary literature, a cura di R. Kostelanetz, New York 1964; Y. Gosset, Violence in recent southern fiction, Duke Univ. Press., 1965; Kenyon Review, vol. XXX, n. 1 (1968); Partisan Review, inverno 1968; Yale Review, inverno 1968; R.H. Fossum, W. Styron, Grand Rapids, Michigan, 1968; C.R. Mackin, W. Styron, Austin, Texas, 1969; M.J. Friedman-I. Malin, W. Styron's "The confessions of Nat Turner", Belmont, California, 1970.