MERWIN, William Stanley
Poeta americano, nato a New York il 30 settembre 1927; ha studiato a Princeton e ha poi trascorso moltissimi anni in Europa: in Francia, Portogallo, Spagna (in qualità di tutore del figlio del poeta R. Graves) e in Inghilterra. Si è occupato di teatro associandosi al The Poets' Theatre, di Cambridge, Mass., e al Théâtre de la Cité di R. Planchon a Lione.
Nonostante il lungo soggiorno in Francia, e l'universalità di riferimento trasmessagli da T. S. Eliot, la voce poetica di M. rimane squisitamente americana. I suoi "arazzi di riconoscimento e di oblio" in versi esprimono, irrisolto, in questi ultimi anni il nodo di rimorso storico tipico dei poeti americani che gli sono contemporanei. Tra le sue fonti culturali M. riconosce, in primo luogo, un narratore, Tolstoi, rendendo poi giustizia ai propri maestri e condiscepoli universitari, da R. P. Blackmure a J. Berryman ed H. Bloch. Nel rinnegare ogni fede in utopie materialistiche, M. vuole primamente, come poeta, sfuggire allo sfruttamento di una società "i cui trionfi emergono, uno dopo l'altro, come nuovi simboli di morte, che si nutre avvelenando la terra" e che dunque ha bisogno di sopire le sue paure nutrendosi d'illusioni che tramuta in speranza.
A mask for Janus (New Haven 1952) lo presentò poeta di ampe posisibilità. La sicurezza tecnica, l'eloquenza e l'inventività di M., infatti, producono quella straordinaria ricchezza d'immagini che è riconosciuta come la sua peculiare qualità poetica, e che rimane inalterata anche nei pezzi migliori delle raccolte più recenti: The lice, New York 1967, e The carrier of ladders, ivi 1970. Anche costante l'interesse per gli animali che lo avvicina a un poeta che M. ama, E. Muir, al quale interesse si deve, tra l'altro, The dancing bears (New Haven 1954) e Green with beasts (New York 1956). W. H. Auden salutò in M., al primo apparire della sua poesia, ("il nuovo poeta mitologico" mettendone in luce lo stile gnomico, allusivo e misterioso e rimarcandone gli accenti più universali. Tali qualità mitopoietiche coesistono, nelle ultime opere, con l'estrema puntualizzazione, anche storica, di quello che un critico ha indicato come "il morto paesaggio della nostra attuale disperazione". M. è anche eccellente traduttore da molte lingue: spagnolo (Lope de Vega e il Cid), latino (Persio e Lucrezio), francese e russo. Tra le sue opere si ricordano ancora: The drunk in the furnace, New York 1960; The moving target, ivi 1963.
Bibl.: M. T. Rosenthal, The new poets, New York 1967; H. Nemercy, Reflections on poetry and poetics, New Brunswick 1972.