GESENIUS, Wilhelm
Semitista, nato a Nordhausen il 3 febbraio 1786, morto a Halle il 23 ottobre 1842, professore di teologia a Halle dal 1810. È, accanto a H. Ewald (v.), il fondatore dello studio scientifico dell'ebraico, fondato sulla comparazione con le altre lingue semitiche indipendentemente dalla tradizione grammaticale del giudaismo medievale.
La sua Hebräische Grammatik (Halle 1814) e il suo Hebrîisch-deutsches Handwörterbuch (voll. 2, Lipsia 1810) sono rimasti classici, tanto da aver conservato il nome dell'autore, e in un certo senso anche il metodo e la disposizione, nei successivi numerosi rifacimenti (della grammatica 28ª ed. a cura di E. Kautzsch, Lipsia 1909; solo la 29ª, interamente rifatta da G. Bergsträsser, 1918-29, ancora incompiuta, ha relegato in seconda linea il nome del G.; del vocabolario 15ª ed. a cura di F. Buhl, Lipsia 1915, riprodotta anastaticamente come 16ª nel 1921), e le grammatiche e i vocabolarî che si sono susseguiti nell'ultimo secolo sono tutti improntati ai principî da lui fissati (solo la Hist. Gramm. der hebr. Sprache di H. Bauer e P. Leander, Halle 1918, se ne distacca). Un ampliamento del Wörterbuch, con maggiore sviluppo della parte etimologica, è il Thes. Linguae hebraeae et chaldaeae Veteris Testamenti (Halle 1829-1858: gli ultimi fascicoli curati, postumi, da J. Rödiger); e così la Geschichte der hebr. Sprache und Schrift (Lipsia 1815) e l'Ausführliches gramm.- kritisches Lehrgebäude d. hebr. Sprache (Halle 1817) dànno maggiore ampiezza e rilievo ad alcune parti della grammatica. Il recente indirizzo della linguistica generale ha alquanto diminuito il valore attuale del sistema del G., il quale risente, anche nelle rielaborazioni dei suoi più recenti epigoni, d'un certo astrattismo logico nella considerazione dei fenomeni linguistici né si è liberato interamente dall'influsso della tradizione, che pure in teoria rifiuta (v. anche ebrei: Lingua); tuttavia il suo merito di innovatore e di sistematizzatore rimane incontrastato. Grandi benemerenze si acquistò il G. (il quale non produsse nulla di notevole nel campo dell'esegesi biblica, pur da lui ufficialmente professata) nello studio di altre lingue semitiche: nel Versuch über die maltesische Sprache (Lipsia 1810) dimostrò il carattere arabo del dialetto maltese; nel De Pentateuchi Samaritani origine, indole et auctoritate (Halle 1815) e nei Carmina samaritana (Lipsia 1824) espose chiaramente i rapporti fra il testo biblico-ebraico dei Samaritani e le produzioni aramaiche di questi; nei Scripturae linguaeque Phoeniciae monumenta (Halle 1837) pose l'epigrafia fenicia su fondamenti scientifici.