Whitehead
Whitehead Alfred North (Ramsgate, Kent, 1861 - Cambridge, Massachusetts, 1947) logico, matematico e filosofo inglese. Conseguita la laurea presso il Trinity College di Cambridge, insegnò nello stesso istituto dal 1885 al 1911. La sua carriera di docente lo portò a lavorare anche all’Imperial College of Science and Technology di Kensington. Insegnò anche matematica applicata e meccanica all’università di Londra, dal 1911 al 1924, e filosofia a Harvard fino al 1936. Durante la sua vita si occupò di epistemologia, matematica, logica, metafisica e teologia. Nella carriera filosofica di Whitehead si è soliti distinguere tre fasi, connesse da una vena realistica sostanzialmente unitaria. La prima fase, di carattere specificamente matematico e logico, inizia con la sua prima opera, A treatise on universal algebra (Trattato di algebra universale, 1893), che costituisce una ripresa, in chiave moderna, dell’ideale leibniziano della fondazione di tutte le scienze sul calcolo logico, prosegue con An introduction to mathematics (Introduzione alla matematica, 1911) e ha il suo momento culminante nella collaborazione con B. Russell alla stesura dei Principia mathematica (3 volumi, 1910-13), che traggono origine dall’opera di G. Frege e che, partendo da un insieme definito di assiomi e di regole logiche, costituiscono un importante tentativo di sistematizzazione delle basi della matematica. I due autori trassero da tale lavoro opposte conseguenze filosofiche. Sin dal 1905, del resto, Whitehead aveva iniziato quella revisione critica del concetto classico di mondo materiale, ancora fondato su principi newtoniani, che troverà piena espressione nelle opere epistemologiche della seconda fase del suo pensiero. Nella seconda fase, legata al periodo del suo insegnamento a Londra, prevalgono infatti gli interessi per le scienze naturali e la teoria di Einstein; di questo periodo sono i saggi Space, time and relativity (Spazio, tempo e relatività, 1915-16) e La théorie relationniste de l’espace (Teoria relativista dello spazio, 1916) nei quali Whitehead sviluppa, tra i primi, il senso scientifico e filosofico della teoria della relatività di A. Einstein. In questi scritti Whitehead critica la separazione tradizionale tra qualità primarie e secondarie, nonché l’errore della «concretezza mal posta», consistente nel considerare come reali, al posto degli oggetti concretamente percepiti, le astrazioni fisico-matematiche e i concetti teoricooperativi della scienza. Nella terza e ultima fase, connessa al suo soggiorno negli Stati Uniti, ad Harvard, viene sviluppata la versione più matura del realismo organico, consegnata alla sua opera maggiore: Process and reality (Processo e realtà, 1929). La funzione generale della ragione, e quindi della filosofia, è, secondo Whitehead, un «graduale avvicinamento delle idee di chiarezza e generalità». Contrariamente alla pretesa cartesiana di muovere da premesse evidenti, la filosofia deve prendere le mosse dalla complessa e multiforme esperienza della vita e tentarne una generalizzazione teorica, consapevole che ogni teoria è un azzardo e una semplificazione astratta e inadeguata, bisognosa di continue correzioni. Questo cammino della conoscenza (o «avventura delle idee») rispecchia del resto l’evoluzione e la natura stessa della realtà, la quale non è riducibile, come riteneva la metafisica classica, alle semplici relazioni della sostanza con le sue qualità (qui si vedono i frutti della logica delle relazioni sviluppata nei Principia), né al dualistico rapporto tra soggetto e oggetto. La realtà è più fedelmente descrivibile come un processo, costituito da eventi in connessione reciproca. Oltre che dagli eventi, il processo è poi costituito da forme e strutture ricorrenti che Whitehead chiama «oggetti eterni». Essi definiscono il regno della relazione e del possibile e sono in sé astratti, sino a quando non entrino nella concreta occasione attuale di un evento.