Anderson, Wes
Regista e sceneggiatore cinematografico statunitense, nato a Houston (Texas) il 1° maggio 1969. L’interesse per il tema della famiglia, raccontata con toni malinconici e umorismo nonsense, insieme ad alcuni tratti stilistici come la scenografia e i costumi dai colori sgargianti e la particolare attenzione alle colonne sonore, spesso anni Sessanta, sono elementi tipici del suo cinema, tra i più riconoscibili e originali del primo quindicennio del 21° secolo.
Dopo l’esordio negli anni Novanta, ha ottenuto il successo internazionale nel 2001 con The royal Tenenbaums (I Tenenbaum). Commedia surreale dai toni nostalgici, scritta con l’amico Owen Wilson (anche interprete), il film è incentrato su una strana famiglia ricca di bambini prodigio: Chas (Ben Stiller), precoce genio della finanza, Richie (Luke Wilson), campione di tennis innamorato della sorella adottiva Margot (Gwyneth Paltrow), giovane drammaturga, spinti da una presunta malattia del padre (Gene Hackman) a riunirsi intorno a lui e a riaccoglierlo in casa della madre (Anjelica Huston) da cui è divorziato da anni. In questo film sono già presenti gli elementi stilistici più tipici della cinematografia del regista: la costruzione dei suoi protagonisti intorno a un vezzo, una particolarità fisica, un modo stravagante e sempre uguale di abbigliarsi; l’accuratezza delle scenografie, mondi a sé, colorate miniature che riflettono la psicologia dei personaggi; l’intrecciarsi delle singole vicende in un racconto corale dal tono surreale, divertente e amaro nello stesso tempo.
Del 2004 è The life aquatic with Steve Zissou (Le avventure acquatiche di Steve Zissou), il cui protagonista (Bill Murray), oceanografo e regista di documentari marini, degno rappresentante della serie di personaggi di A., con il suo immancabile berretto rosso e l’umorismo un po’ folle, è un caricaturale omaggio alla figura di Jacques Cousteau. Zissou partito alla caccia dello ‘squalo giaguaro’ per vendicare la morte dell’amico Esteban, finirà per non ucciderlo e per realizzare un documentario di enorme successo.
Sui temi della famiglia e del viaggio A. è tornato nel 2007 con The Darjeeling limited (Il treno per il Darjeeling), storia di tre fratelli (interpretati da Adrien Brody, Owen Wilson e Jason Schwartzman, anche sceneggiatore del film insieme al regista e a Roman Coppola) in treno verso l’India alla ricerca della madre (Anjelica Huston), ritiratasi in un convento himalayano. Il film, preceduto dal cortometraggio Hotel Chevalier – una sorta di prologo interpretato da Schwartzman e Natalie Portman –, propone molti degli elementi tipici della poetica di A., ma, complice forse l’ambientazione indiana, risulta venato da una malinconia più intensa e da toni a tratti quasi drammatici.
Dopo il film di animazione girato con la tecnica dello stop motion Fantastic Mr. Fox (2009) – sempre sulla storia di una famiglia, questa volta di volpi –, nel 2012 A. ha realizzato Moonrise Kingdom (Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore), in cui racconta la storia d’amore a lieto fine tra il dodicenne Sam (Jared Gilman), scout rimasto orfano, e la giovane Suzy (Kara Hayward), in un mondo di adulti distratti e cinici. Ambientato negli anni Sessanta su un’isola del New England, il film, apparentemente meno corale e ricco di colpi di scena dei precedenti, ma con un cast di grandi attori (Bruce Willis, Edward Norton, Bill Murray, Frances McDormand, Tilda Swinton), indaga con accenti poetici il tema dell’adolescenza.
Del 2014 è Grand Budapest Hotel, Gran premio della giuria a Berlino, film ricco di grandi interpreti, ispirato alle opere dello scrittore austriaco Stefan Zweig. Centro delle caleidoscopiche vicende del film è Monsieur Gustave (Ralph Fiennes), raffinato concierge del Grand Budapest (hotel situato nella immaginaria Repubblica di Zubrowka, nell’Europa dell’Est) nel momento del suo massimo splendore, negli anni Trenta. Le vicende surreali che seguono l’omicidio di un’anziana cliente (Tilda Swinton) sono raccontate negli anni Sessanta dal vecchio proprietario dell’albergo, ormai decaduto, in un lungo flashback ricco di colpi di scena e stravaganti personaggi. Il ritmo perfetto della narrazione, lo humour brillante e la matura consapevolezza registica hanno fatto parlare di Lubitsch touch.
Infantili, geniali, stravolti. Gli antieroi di Wes Anderson, a cura di L. Ceretto, R. Chiesi, P. Loffreda et al., Recco 2008; M.Z. Seitz, The Wes Anderson collection, New York 2013; I. Feole, Wes Anderson, Milano 2014.