waterboarding
s. m. inv. Forma di tortura che consiste in un annegamento simulato, durante la quale il prigioniero è immobilizzato su un tavolato di legno.
• È un fatto comunque che puntare su New York per il «processo del secolo», per l’opinione pubblica meno «liberal», ha un’altra controindicazione finale: difficilmente una corte civile accetterebbe la confessione di Ksm [Khalid Sheik Moha], autoaccusatosi dell’11 settembre, perché ottenute con la tecnica del «waterboarding» o annegamento simulato. (Leo Sisti, Fatto Quotidiano, 10 marzo 2010, p. 13, Dal mondo) • La tortura consiste nel famigerato waterboarding: l’uomo è steso a pancia in su, la faccia coperta da un telo, e sul telo, all’altezza della bocca, viene versata acqua da una brocca. È l’annegamento. L’astuzia consiste nell’interromperlo un attimo prima che il prigioniero muoia, per poi riprenderlo. (Ferdinando Camon, Avvenire, 19 febbraio 2013, p. 2, Seconda pagina) • Il presidente Bush aveva addirittura esercitato il suo potere di veto per bloccare il testo di legge votato dal Congresso che vietava la pratica del waterboarding, un annegamento simulato che il «manuale pratico dell’esercito degli Stati Uniti» assimila a un atto di tortura. Un veto giudicato severamente da Ted Kennedy, che lo aveva definito «uno degli atti più vergognosi della sua presidenza»… Ma una decisione del genere sarebbe stata impossibile se non fosse stata inserita in un quadro segnato da un profondo cambiamento delle norme e dei valori etici accettati dall’opinione pubblica americana. (Christian Salmon, trad. di Fabio Galimberti, Repubblica, 20 febbraio 2016, p. 47, R2 Cultura).
- Dall’ingl. waterboarding.
- Già attestato nella Stampa del 14 maggio 2004, p. 6, La crisi irachena (Paolo Mastrolilli), nella variante grafica water boarding.