LANDOR, Walter Savage
Poeta in versi inglesi e latini, e prosatore, nato a Warwick il 30 gennaio 1775, morto a Firenze il 17 settembre 1864. Figlio di Walter Landor dalla seconda moglie Elizabeth Savage, assunse il secondo nome essendo stato trasmesso a lui il diritto sulle terre dei Savage nel Warwickshire ereditate dalla madre. Studiò a Rugby dove presto si segnalò per l'abilità a scrivere versi latini, e per la sua condotta riottosa per cui dovette abbandonare la scuola; entrò a Trinity College, Oxford, nel 1793. Le sue opinioni repubblicane, ostentate con stravaganze, gli valsero la riputazione di "pazzo giacobino"; nel 1794 sparò una fucilata contro le finestre di un tory che gli era antipatico, e fu espulso per un anno. La sua fama di latinista giovò a mitigare la punizione, ma il L. si rifiutò di tornare all'università e leticò col padre. Gli furono assegnate dalla famiglia 150 sterline annue, con la facoltà di vivere o no nella casa paterna. Nel 1795 pubblicò a Londra il primo volume di Poems. Nel Galles, dove dimorò in quegli anni, strinse amicizia con la famiglia di lord Aylmer (doveva poi commemorare la morte di Rose Aylmer nel più popolare dei suoi epigrammi). Nel 1798 pubblicò il poema epico Gebir, che fu ammirato dagl'intenditori, e tra essi dal Southey e dal Coleridge, e più tardi dallo Shelley; una seconda edizione con correzioni e aggiunte apparve nel 1803; quasi contemporanea è la versione latina Gebirus. Nei 1802 visitò Parigi e ne tornò con sentimenti francofobi; soggiornò quindi a Bath, Bristol, nel Galles, con visite a Londra; alla morte del padre, nel 1805, si trovò padrone d'un vasto patrimonio che spese liberalmente stabilendosi a Bath; commemorò i suoi amori nei versi a Ione (Miss Jones) e Ianthe (Sophia Jane Swift, poi contessa de Molandé). Nel 1808 incontrò Southey col quale rimase unito da legami di calda amicizia; nell'agosto dello stesso anno s'accese d'entusiasmo per gli Spagnoli ribellatisi a Napoleone, e partì per la Spagna dove raccolse a sue spese un reggimento di volontarî e si mise a disposizione del generale Blake, ma dissensi prima, e la sconfitta del Blake poi lo persuasero a tornare in Inghilterra: fu nominato colonnello onorario dell'esercito spagnolo. Il soggiorno in Spagna gli suggerì la tragedia Count Julian (composta 1810-11; pubbl. Londra 1812); il rifiuto di pubblicare opposto dapprima dall'editore provocò da parte del L. una delle sfuriate di cui la sua vita abbonda: bruciò il manoscritto di un'altra tragedia, Ferranti and Julio, e giurò di bruciare tutti i versi che avrebbe scritto in seguito. Acquistò nel 1811 mediante l'alienazione di parte dei suoi beni e col contributo della madre una vasta tenuta a Llanthony Abbey (Monmouthshire), con l'intenzione di farne una proprietà modello; nello stesso anno, invaghitosi repentinamente di Julia Thuillier, la sposò. Liti con i dipendenti, i vicini e le autorità locali lo obbligarono dopo tre anni a rinunziare a Llanthony Abbey, di cui divenne amministratrice la madre. Nell'estate del 1814 partì per la Francia e dopo un breve soggiorno a Tours proseguì per Como ove rimase tre anni. Avendo in versi latini svillaneggiato Vincenzo Monti che aveva scritto versi contro l'Inghilterra, il Monti lo denunziò al magistrato per diffamazione; il L. minacciò il magistrato di vie di fatto, e fu espulso dal governo (1818). Si recò quindi a Pisa, passò l'estate del 1819 a Pistoia, e nel 1821 si stabilì a Firenze a Palazzo Medici in Via Pandolfini e ivi godette d'un periodo di relativa calma e si dedicò con ardore alla composizione di quelle Imaginary Conversations che sono la sua opera più celebre (primi due volumi pubbl. 1824; seconda ediz. ampliata e corretta 1826; terzo volume 1828; quarto e quinto 1829; aggiunta nel 1846). Anche a Firenze venne in lite con privati (tra cui il marchese Medici) e con le autorità; ma l'arguta bonarietà del granduca gli risparmiò l'espulsione. Nel 1829 comprò, grazie alla generosità d'un amico, l'Ablett, la Villa Gherardesca sotto Fiesole e lì andò a dimorare con la famiglia (aveva quattro figli). Nel marzo 1835 leticò con la moglie, da cui finì col separarsi completamente. Soggiornò poi in varî luoghi in Inghilterra e si stabilì a Bath nel 1838.
Tre delle sue migliori opere in prosa erano apparse nel frattempo: Citation and Examination of William Shakespeare... touching deer stealing (Londra 1834); Pericles and Aspasia (Londra 1836); e The Pentameron and Pentalogia (1837). Scrisse quindi una trilogia: Andrea of Hungary, Giovanna of Naples e Fra Rupert (Londra 1839-40). Nel 1847 pubblicò la sua opera latina più importante, Poemata et Inscriptiones, ove raccolse i versi precedenti, e The Hellenics che dovevano uscire in seconda edizione nel 1859 con omissioni e aggiunte non felici. Nuove conversazioni, saggi ed epigrammi videro la luce in The Last Fruit off an Old Tree (Londra 1853); ivi figurano pure Five Scenes sul martirio di Beatrice Cenci; nel 1856 Antony and Octavius, scenes for the study.
Nel 1857 la sua mente dava segni di stanchezza, e nel 1858 dovette abbandonare precipitosamente Bath in seguito a una querela per diffamazione provocata da certi suoi sconsigliati epigrammi satirici (in Dry Sticks, fagoted, Edimburgo e Londra 1858), e che gli valse una condanna a mille sterline di danni. Tornato a Fiesole, il L. non tardò molto a ribisticciarsi con la famiglia, ma questa volta, siccome aveva già donato ai figli tutte le sue proprietà, si trovò in difficile situazione finanziaria. Fu aiutato soprattutto da Robert Browning, che dapprima lo installò a Siena, presso lo scultore americano W.W. Story, poi a Firenze, in una casa in Via della Nunziatina (ora Via della Chiesa), ove terminò i suoi giorni in compagnia dei suoi quadri e dell'ultimo dei suoi animali favoriti, un pomero, Giallo, per cui era conosciuto tra il popolo d'Oltrarno come "il vecchio con quel bel canino". Ché tre furono le grandi passioni del L.: per i quadri antichi (fu uno dei pionieri del culto dei primitivi italiani, benché non fosse sempre felice nei suoi acquisti), per gli animali domestici, e, la più forte, per le donne belle; né al vegliardo mancò il sorriso d'una donna nella persona d'una giovane pittrice americana, Kate Field, che gli teneva spesso compagnia. Nel 1864 fu visitato dallo Swinburne, che ammirava in lui il repubblicano e il poeta, e gli dedicò l'Atalanta in Calydon. Nel 1863 apparve il suo ultimo volume di versi, Heroic Idyls.
Il pregio principale dell'arte del L. consiste nel saper creare situazioni, nel saper dare forte rilievo a un'idea per mezzo di un'analogia o d'un contrasto. In una frase egli concentra il succo di molti ragionamenti, in un dialogo sintetizza lo spirito d'un secolo, la tragedia d'una famiglia o d'un popolo, una secolare lotta d'idee; e tutto per la virtù di saper mettere a fuoco la sua attenzione sul punto cruciale d'una serie di ragionamenti o d'una successione d'episodî drammatici. Autore d'epigrammi, sia di quegli epigrammi veri e proprî per cui certi suoi versi son tardivi fiori sbocciati sulla corona di Meleagro, sia di quegli epigrammi più vasti che sono le Imaginary Conversations, ove un effetto analogo si ottiene mettendo a fronte due persone anziché due parole (e qui egli è un epigono di Luciano e di Fontenelle). In alcuni di questi dialoghi son messi in scena personaggi italiani: p. es., in quello, pubblicato solo nel 1917, tra Garibaldi and the President of the Sicilian Senate; di quello tra Savonarola e il Priore di San Marco aveva pubblicato egli stesso una versione italiana a Firenze nel 1860, e già in italiano aveva pubblicato nel 1821 (a Napoli?) Poche osservazioni sullo stato attuale di que' popoli che vogliono governarsi per mezzo delle rappresentanze; sul popolo italiano aveva scritto anche un saggio, High and Low Life in Italy (in Monthly Repository di Leigh Hunt, 1837-38).
Creatore di situazioni drammatiche, il L. non seppe creare veri e proprî drammi, appunto perché, sostituendo alla sintesi tutto lo svolgimento, egli usciva dal suo dominio, e di efficace diveniva fiacco, benché si studiasse d'imitare la tragicità dell'Alfieri. Il suo stile, che risente dello studio dei classici latini (autore latino egli stesso, da vecchio confessava di durar fatica a trovare una parola inglese, ma non mai a trovarne una latina), si suole definire conciso fino all'oscurità e preciso fino alla durezza: in realtà è uno stile deliberato, impassibile e meccanico, più regolato da un ritmo retorico che dettato da ispirazione. Negli epigrammi giunge spesso a una deliziosa eleganza, al modo degli Alessandrini e degli arcadi; ma un po' troppo spesso le sue raccolte di poemetti rasentano la squisita vacuità delle pubblicazioni per nozze e dei versi da album. Di rado, come in The Death of Artemidora, il poeta ci dà l'immagine della vera vita, anziché di una vita fittizia, distratta in labili giuochi intorno a un fiore, a un'ape, a una conchiglia, a un cagnuolo. Tra i poemetti primeggia The Hamadryad, delicato idillio di sapore neoclassico.
Ediz. e trad.: Complete Works a cura di T. E. Welby, Londra 1927 segg., con biografia, voll. 16. La raccolta più copiosa era stata fino al 1927 quella in voll. 8 pubblicati a Londra nel 1876, The Works and Life of W. S. L. La prima raccolta, in cui videro la luce molte nuove opere, è del 1846, voll. 2 (The Works of W. S. L.). Antologie in varie edizioni popolari, e Imaginary Conversations commentate da Charles G. Crump, in voll. 6, Londra 1891 (lo stesso commentatore ha curato edizioni dei Poems, Dialogues in Verse and Epigrams, 1892, e dei Longer Prose Works, 1893). Versioni italiane di alcune poesie, tra cui The Hamadryad, in M. Praz. Poeti inglesi dell'Ottocento, Firenze 1925; altra versione di The Ha madryad di Giulia Celenza, in Il convegno; versione francese di High and Low Life in Italy, a cura di .V. Larbaud, Parigi 1911.
Bibl.: Bibliografia a cura di T. I. Wise, Londra 1919. Biografie e critiche: J. Foster, W. S. L., a biography, Londra 1869, voll. 2; R. Browning, Some Records of L., Londra 1919; L. Whiting, The Florence of L., Londra 1905; E. W. Evans, W. S. L., a critical study, New York e Londra 1892; W. Bradley, The Early Poems of W. S. L., a study of his development and debt to Milton, Londra 1914; W. B. Henderson, Swimburne and Landor, a study of their spiritual relationship, Londra 1918; S. Wheeler, Landor, the Man and the Poet, in The Nineteenth Century, febbraio 1922, con rettifiche di date e di notizie; V. Lee, The Rhetoric of Landor, in The Handling of Words, Londra 1926 (importante studio dello stile di L.); A. Mason, W. S. L. poète lyrique, Parigi 1924; G. Fornelli, W. S. L., e l'Italia, Forlì [1930].