MATURI, Walter
– Nacque a Napoli il 15 nov. 1902 da Egidio, medico, e da Beatrice Lauria. La famiglia era originaria di Latronico, in provincia di Potenza, di cui il padre, durante il fascismo, fu a lungo podestà.
Nel 1921 il M. si iscrisse alla facoltà di lettere di Napoli, laureandosi (21 dic. 1925) in storia moderna sotto la guida di M. Schipa con una tesi su Il concordato del 1818 tra la Santa Sede e le Due Sicilie, che avrebbe poi rielaborato e pubblicato (Firenze 1929).
Il M. cercava di dimostrare come a Napoli la Restaurazione, almeno fino al 1820, fosse stata una continuazione del dispotismo illuminato napoleonico e che tale dispotismo aveva proseguito nella costruzione dello Stato moderno. Il nuovo Stato borbonico, poggiato sulle masse dei benpensanti, aveva suscitato l’opposizione delle due minoranze attive del paese: quella dei reazionari, che tendevano a riavere i loro privilegi, e quella dei liberali, che miravano alle moderne libertà politiche. Restaurazione italiana, dunque, antiliberale, ma anche antireazionaria, quella che presentava il M., estranea alle opposte élite che si muovevano nella società: di qui anche la sua intima debolezza etico-politica e la sua precarietà.
L’ambiente napoletano fece da sfondo alla prima formazione del M.: da Schipa trasse l’interesse profondo per la storia del Mezzogiorno, ma a differenza del maestro e di molti coetanei, egli fu fin dall’inizio un «contemporaneista». Importante fu anche il rapporto con l’ormai vecchio G. Fortunato, che in quegli anni spingeva molti dei suoi giovani interlocutori a una rivisitazione meno pregiudizialmente negativa di figure e ambienti del Regno borbonico: alla sua memoria dedicò in seguito Il principe di Canosa (ibid. 1944). Infine su tutti si ergeva la figura di B. Croce, presso cui il M. fu introdotto da G. Brognoligo, suo professore al liceo Genovesi: al suo storicismo e al suo liberalismo egli restò sostanzialmente, ma non acriticamente, fedele per tutta la vita. Si iscrisse precocemente al Partito nazionale fascista (PNF; Roma, 1° genn. 1927), segno che, almeno inizialmente, il nuovo regime dovette esercitare una qualche attrazione anche su di lui; ma, col passare degli anni, fra gli storici della sua generazione, fu forse quello che rimase sostanzialmente più distaccato, nell’intimo, dal fascismo.
Il M. conseguì una seconda laurea a Roma, in filosofia, il 2 luglio 1926, discutendo con G. Gentile una tesi su J. de Maistre rimasta inedita (una parte fu pubblicata postuma da M.L. Pesante, Un inedito di W. M.: «Il pensiero di Giuseppe de Maistre», in Miscellanea Walter Maturi, Torino 1966, pp. 3-13). Vincitore di concorso per l’insegnamento di storia e filosofia nei licei, prese servizio il 16 sett. 1927 nel liceo scientifico di Benevento, da cui passò, nel 1929, al liceo Alfieri di Torino (fu questo il suo primo contatto col mondo subalpino) e rimase poi nei ruoli della scuola secondaria superiore fino al 1941, mutando ripetutamente di sede. In realtà insegnò solo fino al dicembre 1930, in quanto, nel decennio successivo, usufruì ripetutamente di «comandi» che gli permisero un’intensa attività di ricerca. Dal 1926 aveva cominciato a collaborare con brevi recensioni alla Nuova Rivista storica (che lascerà nel 1932), ma decisivo risultò il suo incontro (nel 1927) con G. Volpe, che accolse un suo saggio, La Corsica nei carteggi del Tanucci, del Galiani e del Caracciolo (1763-64 e 1768-69) nell’Archivio storico di Corsica (III [1927], pp. 226-242), e gli prospettò (lettera del 18 ott. 1929) la possibilità di un alunnato alla Scuola di storia moderna e contemporanea di Roma, da lui diretta: possibilità che puntualmente si realizzò il 1° dic. 1930, quando il M. fu ammesso alla Scuola interna con F. Chabod e C. Morandi.
Se i maestri napoletani erano stati liberali e antifascisti, quelli romani avevano aderito al fascismo, anzi erano fra coloro che con maggiore lucidità ne stavano promuovendo la politica culturale. La pubblicazione della crociana Storia d’Italia nel 1928 (con le polemiche che ne seguirono) produsse la rottura definitiva e irreparabile fra Croce da una parte e Gentile e Volpe dall’altra, che non era solo di carattere politico, ma anche di pensiero e di metodi. Eppure il M., come molti altri dei suoi coetanei, non avvertì, nel pratico lavoro storiografico, un insanabile contrasto fra i loro insegnamenti. In un saggio su La crisi della storiografia politica italiana (in Riv. stor. italiana, XLVII [1930], pp. 1-29) tracciava un profilo della nuova generazione di studiosi (la sua) che si andava allora affacciando alla ribalta: sottolineava il superamento da loro operato di ogni interpretazione materialistica e deterministica della storia, la storicizzazione dell’elitismo di G. Mosca, che perdeva così ogni rigidità sociologica, diventando fondamentale strumento di ermeneutica storica, la diffidenza verso ogni provvidenzialismo storicistico (che avvertivano anche in Croce), l’interesse per la concettualizzazione storica e per la storia della storiografia, la centralità del problema dello Stato nazionale in Italia e dei suoi rapporti sia con la precedente storia d’Italia, sia col più generale contesto europeo. In questa prospettiva assumeva un significato nuovo e decisivo la storia della politica estera degli antichi Stati italiani e poi del nuovo Regno: era in quella direzione che Volpe spingeva i suoi collaboratori.
Negli anni del suo alunnato (fino, cioè, al 15 sett. 1934) il M. si dedicò allo studio dei rapporti diplomatici fra il Regno di Sardegna e quello di Napoli nel periodo 1815-61 (poi la ricerca fu ristretta agli anni 1815-30) e, a questo scopo, esplorò gli archivi delle due capitali e quello Vaticano; ma, come accadde altre volte nei decenni successivi, non portò a termine il lavoro, anche per una sua certa indolenza e ritrosia rispetto al momento conclusivo della ricerca e poi della stesura, che dovevano diventare proverbiali fra colleghi e amici.
Importanti risultati tuttavia restano in alcuni saggi di quegli anni, come i due comparsi nella Rivista storica italiana fra il 1938 e il 1939 su Il Congresso di Vienna e la Restaurazione dei Borboni a Napoli e su La politica estera napoletana dal 1815 al 1820.
Dal 1930 al giugno 1932 il M. fu anche redattore per la storia moderna e contemporanea dell’Enciclopedia Italiana (voll. VIII-XV), per la quale (fino al 1938 e poi ancora nell’Appendice del 1948-49) venne scrivendo più di cento voci (cfr. G. Turi, Il mecenate, il filosofo e il gesuita. L’«Enciclopedia Italiana» specchio della nazione, Bologna 2002, pp. 193-198 e passim). La più significativa è quella che dedicò al Risorgimento (vol. XXIX, pp. 434-439), molto criticata dagli ambienti della storiografia sabaudistico-nazionalistica allora sostenuta da C.M. De Vecchi, ministro dell’Educazione nazionale. Per intervento di quest’ultimo, nel giugno 1936, il M. fu allontanato dalla segreteria dell’Istituto storico per l’età moderna e contemporanea e dalla direzione della Biblioteca di storia moderna e contemporanea, che aveva assunto alla scadenza dell’alunnato, e vi fu reintegrato solo nel febbraio del 1937, dopo che G. Bottai era succeduto a De Vecchi.
Per molti aspetti, quella «voce» aveva un’intonazione nettamente gentiliana (si pensi al ruolo riconosciuto ad Alfieri nella genesi dell’idea di nazione italiana) e l’infortunio del M. deve essere sostanzialmente letto come un episodio della politica di De Vecchi tesa a ridimensionare il ruolo di Volpe e di Gentile nella cultura del regime.
Una «voce» dedicata al Risorgimento (e altre dedicate allo stesso periodo) avrebbe scritto anche per il Dizionario di politica del PNF (vol. 4, pp. 67-74), uscito nel 1940 (cfr. A. Pedio, La cultura del totalitarismo imperfetto. Il «Dizionario di politica» del Partito nazionale fascista [1940], Milano 2000, pp. 182-195).
Intanto fra il 1935 e il 1936, grazie a un’iniziativa dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) di Milano prontamente fatta propria da Volpe, prendeva avvio un grande progetto editoriale: una storia della politica estera italiana dall’Unità alla Grande Guerra, basata sulla documentazione (allora ancora inedita) dell’Archivio del ministero degli Esteri. Il M. fu incaricato di scrivere la storia del periodo 1861-70: gli altri autori dovevano essere Chabod (1870-96), Morandi (1896-1908) e A. Torre (1908-14).
In una lettera a Volpe del 30 maggio 1949, il M. confessò di non avere scritto nemmeno una riga del suo volume, ma, «quando lo farò – affermava –, sarà come lo vagheggiavo prima della catastrofe del 1943: un volume, cioè, pieno di calda simpatia per i Cavour e i Ricasoli e i Minghetti e i Visconti Venosta, che seppero costruire l’Italia sulla libertà e sull’amore» (in G. Volpe e W. M., p. 324).
Nel decennio 1938-48 le ricerche del M. sulla politica estera italiana furono molto intense e trovarono un primo sbocco nei corsi universitari (La politica estera italiana dal 1871 al 1914 [a.a. 1940-41], Pisa 1941; La politica estera italiana da Tittoni a Sonnino [a.a. 1941-42], ibid. 1942), nel profilo di Emilio Visconti Venosta (in La Nuova Europa, 26 ag. 1945) e nel saggio su Ruggiero Bonghi e i problemi della politica estera (in Belfagor, I [1946], pp. 415-436): dello stesso Bonghi curò la raccolta degli scritti su Stato e Chiesa (I-II, Milano 1942) e quella sulla Politica estera (1866-1893) (Roma 1958). Nel secondo dopoguerra l’attività più propriamente documentaria trovò compimento nella pubblicazione di tre volumi dei Documenti diplomatici italiani, s. 1 (1861-1870): I, 8 gennaio - 31 dic. 1861 (Roma 1952); II, 31 dic. 1861 - 31 luglio 1862 (ibid. 1959); XIII, 5 luglio - 20 sett. 1870 (ibid. 1963).
Libero docente di storia moderna e contemporanea dal dicembre 1932 (esercitò la libera docenza come assistente di Volpe nella facoltà romana di scienze politiche), nel 1939 il M. si presentò al concorso alla cattedra di storia bandito dalla facoltà di magistero di Urbino. La commissione, presieduta da P. Fedele, lo poneva terzo fra i vincitori, ma egli dovette aspettare l’ottobre del 1941 per essere chiamato alla facoltà pisana di lettere: qui peraltro, in qualità di incaricato, già aveva iniziato dal 1939 l’insegnamento di storia del Risorgimento, succedendo all’amico Morandi, trasferitosi a Firenze. Una delle cause del ritardo erano le disposizioni allora vigenti sull’assunzione dei celibi, cui pose rimedio il matrimonio contratto il 24 apr. 1941 con Clara Egidi, figlia dello storico Pietro, scomparso nel 1929. Il frutto più notevole degli anni pisani fu il citato volume su Il principe di Canosa.
Non solo un’accuratissima indagine su cultura, mentalità e costumi del mondo degli ultras italiani tra Rivoluzione e Restaurazione, ma anche una delle prime ricerche in cui si affronta il problema dell’emergere di un «movimento cattolico» in Italia, inteso come insieme di organizzazioni laicali, stampa periodica, iniziative politiche.
Nell’inverno 1943-44 sfollò con la famiglia all’isola d’Elba, riprendendo dopo la liberazione di Pisa (settembre 1944) l’attività accademica e ottenendo la conferma in ruolo alla fine del 1945. Nei primissimi mesi del dopoguerra il M. ebbe un fugace impegno politico nel Partito d’Azione, ma poi tornò agli studi e all’insegnamento: nel 1948 passò alla cattedra torinese di storia del Risorgimento, che avrebbe ricoperto fino alla morte (a Torino il M. insegnò per un breve periodo anche storia delle dottrine politiche). Nello stesso anno entrò a far parte del comitato direttivo della Rivista storica italiana (direttore era Chabod).
Negli ultimi anni della sua vita il M. si dedicò sempre più spesso alla storia della storiografia, da lui intesa non in senso meramente tecnico-professionale, ma connessa alle grandi questioni etico-politiche della storia italiana.
Nel 1950 tracciò con mano sicura un bilancio de Gli studi di storia moderna e contemporanea (Napoli) della prima metà del Novecento, in cui era viva la percezione che «il mondo del Risorgimento – e chi è stato educato nel suo culto non può scriverlo senza angoscia – si è andato decomponendo nei suoi elementi costitutivi e ciascun elemento se ne va tutto solo a cercarsi le sue origini storiche. Ognuno serve, spesso, senza averne piena consapevolezza, una delle parti in conflitto», così il sentimento monarchico o quello nazionale vengono sciolti dalle idee di libertà e di democrazia e «chi crede che al disopra di tutto vi dovrebbe essere la Storia con l’esse maiuscola, dà l’impressione di essere un Don Chisciotte che combatte per la sua Dulcinea!» (in Cinquant’anni di vita intellettuale italiana 1896-1946. Scritti in onore di Benedetto Croce per il suo ottantesimo anniversario, a cura di C. Antoni - R. Mattioli, Napoli 1950, I, pp. 209-285, in partic. p. 247, ma la stessa osservazione è quasi letteralmente nella lettera a Volpe del 30 maggio 1949).
La stessa esigenza di una storiografia «totale», non unilateralmente piegata alle esigenze della polemica politica (ma anche la valorizzazione di quanto di buono tale polemica può introdurre nel dibattito storiografico), è alla base dei corsi che in quegli anni il M. dedicò alla storiografia sul Risorgimento: quelli pisani dal 1945 al 1947 e poi quelli torinesi dal 1956 al 1960. Di tali corsi furono realizzate, secondo il costume accademico dell’epoca, delle dispense, che, a un anno dalla morte, vennero raccolte in un volume curato da E. Sestan e R. Romeo (Interpretazioni del Risorgimento. Lezioni di storia della storiografia, Torino 1962), vera e propria miniera di notizie e osservazioni, spesso di grande acutezza, su uomini e movimenti della cultura italiana degli ultimi due secoli.
Negli ultimi corsi il M. prendeva rispettosamente, ma nettamente, le distanze da alcune delle tendenze più recenti della storiografia sul Risorgimento, come la sopravvalutazione del giacobinismo italiano, le analisi di Antonio Gramsci e la produzione (allora molto fortunata e discussa) di D. Mack Smith. Molte pagine, qui e altrove, del M. sono percorse da un’ironia un po’ scettica, che rivela la cifra più intima della sua personalità, talora rivolta amaramente anche verso la sua opera: «E così don Walterino se ne andrà – scriveva nell’ultima lettera a Volpe del 10 febbr. 1961 – con un mucchio di speranze destate e non mantenute, motteggiando su se medesimo».
Il M. morì improvvisamente a Roma il 21 marzo 1961.
Lasciò incompiuto un lavoro su Napoleone in Italia per la Storia d’Italia dell’editore Vallardi, tema cui aveva dedicato i corsi universitari dal 1950 al 1956.
La più completa bibliografia del M. è quella di N. Nada, Bibliografia di W. M., in Miscellanea Walter Maturi, cit., pp. 477-508, ma alcune integrazioni sono state introdotte da A. Pedio (La cultura del totalitarismo imperfetto…, cit., p. 183 n.), cui si deve aggiungere da ultimo W. Maturi, Storia e storiografia, a cura di M.L. Salvadori - N. Tranfaglia, Torino 2004, che raccoglie molti dei suoi scritti dispersi di storia risorgimentale e di storia della storiografia: inopinatamente vi è ripubblicata (pp. 148-196) anche la seconda parte della citata voce Risorgimento dell’Enciclopedia Italiana (vol. XXIX, pp. 440-452) dedicata a Le guerre del Risorgimento, non di mano del M., ma – come conferma la sigla A. B. posta in calce – del gen. A. Baldini; l’ultimo paragrafo (Le operazioni marittime nelle guerre del Risorgimento) è, invece, redazionale.
Fonti e Bibl.: Torino, Museo nazionale del Risorgimento, Fondo Maturi (materiali di lavoro, manoscritti e dattiloscritti delle opere, lavori di commissioni universitarie); Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale Istruzione superiore, Div. I, Liberi docenti, s. 3, 1930-1950, b. 315; ibid., Direzione gen. Istruzione universitaria, Fascicoli professori universitari, s. 3, 1940-1970, b. 306; Arch. G. Calogero, 3 lettere (1938-47); Arch. R. De Felice, 1 lettera (12 nov. 1960); Pisa, Scuola normale superiore, Arch. storico, Carte Delio Cantimori, 47 lettere, 1940-57; Carte Ernesto Sestan, 140 lettere, 1949-61; Napoli, Fondazione «Biblioteca Benedetto Croce», Archivio, Carteggio di Benedetto Croce: 13 lettere, 1928-52; Ibid., Ist. italiano per gli studi storici, Arch. Adolfo Omodeo, Corrispondenza, b. 11, 9 lettere, 1931-46; Arch. Nicolini, Corrispondenza di Fausto Nicolini, 23 lettere, 1931-60; Corrispondenza di Nicola Nicolini, 42 lettere, 1935-42; Roma, Fondazione G. Gentile per gli studi filosofici, Carteggio G. Gentile, 9 lettere, 1929-42, ma 8 lettere al Gentile (1930-33) sono anche Ibid., Ist. dell’Enciclopedia Italiana, Arch. storico, Carteggio redazionale, f. Walter Maturi, oltre a due lettere del M. a F. Chabod, 1932-33, e ad altri; Scandicci, Centro di studi pedagogici Ernesto e Maria Codignola, Epistolario di Ernesto Codignola, 6 lettere, 1939-46; Pietrasanta, Biblioteca comunale, Arch. Luigi Russo, 6 lettere (1942-60). Quattro lettere al M. di G. Fortunato (4 febbraio, 29 aprile, 6 maggio, 9 giugno [1930]) sono in G. Fortunato, Carteggio 1927-1932, a cura di E. Gentile, Roma-Bari 1981, pp. 183, 188-192. Il carteggio Maturi-Volpe è stato pubblicato in Gioacchino Volpe e W. M.: lettere 1926-1961, a cura di P.G. Zunino, in Annali della Fondazione Luigi Einaudi, XXXIX (2005), pp. 245-326, che comprende (pp. 314 s.) anche una lettera del M. a Chabod (Campo, 20 genn. 1944). Numerosi stralci di lettere del M. a vari corrispondenti sono in E. Di Rienzo, Un dopoguerra storiografico. Storici italiani tra guerra civile e Repubblica, Firenze 2004, ad nomen.
La bibliografia di N. Nada, cit., comprende anche un preciso panorama degli scritti sul M. usciti negli anni immediatamente successivi alla sua scomparsa (1961-66), e a essa direttamente si rinvia. Per gli interventi precedenti, cfr. almeno: A. Omodeo, Difesa del Risorgimento, Torino 1951, rispettivamenate alle pp. 87 s. (rec. alla voce Risorgimento del M. nell’Enc. Italiana, cit.), 454-461 (rec. a W. Maturi, Il concordato del 1818…, cit.), 596-598 (rec. al saggio cit. su Il congresso di Vienna e la Restaurazione dei Borboni a Napoli); D. Cantimori, Note sugli studi storici in Italia dal 1926 al 1951 (1952), in Id., Storici e storia, Torino 1971, pp. 268-280. Dopo il 1966, cfr. specialmente: A. Casali, Storici italiani fra le due guerre. La «Nuova Rivista storica» (1917-1943), Napoli 1980, pp. 105-107 e passim; U.M. Miozzi, La scuola storica romana (1926-1943), I, Roma 1982, ad nomen; Federico Chabod e la «nuova storiografia» italiana dal primo al secondo dopoguerra (1919-1950), a cura di B. Vigezzi, Milano 1984 (in partic. per la relazione di R. De Felice, Gli storici italiani nel periodo fascista, pp. 559-599). Si vedano inoltre: M.L. Salvadori, Profilo di W. M.: uno storico tra «Ethos» e «Kratos», in W. Maturi, Storia e storiografia, cit., pp. 7-32; G. Galasso, W. M., l’ambiente culturale napoletano e gli studi sull’età della Restaurazione, ibid., pp. 33-65; N. Tranfaglia, W. M. tra storia del Risorgimento e storia contemporanea, ibid., pp. 67-78.