VYĀSA
. Mitico saggio indiano che la tradizione fa autore di opere poetiche e filosofiche, le quali distano, invece, tra loro di molti secoli, come i quattro Veda, il Mahābhārata, composto in tre anni per consiglio di Brahmā e dettato al dio Gaṇeśa (v.), i Purāṇa, il Brahma-sūtra e altro ancora. Figlio illegittimo del veggente (ròi) Parāśara e di Satyavatī, si ritirò ancora giovanissimo nelle selve, dove visse lungo tempo da eremita, sinché sua madre non ne lo trasse per fargli sposare (a impedire che la schiatta paterna si estinguesse) le due mogli del fratello Vicitravīrya, morto senza lasciare figli. Dalle due cognate, Ambikā e Ambalikā, Vyāsa ebbe, rispettivamente, Dhṛtarāṣṭra, che fu padre dei cento Kuruidi (v. kuru), nato cieco, e Pānḍu (v.), il quale divenne a sua volta padre dei cinque Panduidi, eroi tutti appartenenti alla grande epica (v. mahābhārata).
Da una schiava, che Ambalikā aveva sostituita a sé stessa, nacque a Vyāsa un altro figlio, Vidura, che il Mahābhārata ci descrive intelligentissimo e saggio consigliere del re cieco Dhṛtarāṣṭra. Vyāsa ebbe pure il nome di Kṛṣṇa-Dvaipāyana, per essere nato di pelle oscura (kòṣṇa) ed essere stato partorito da Satyavatī in un'isola (dvīpa) della Yamunā (Jumna). Più tardi egli venne chiamato Vyāsa "compilatore, distributore", poiché con grande sapienza "compose" (vi rad. ās) per il bene dell'umanità, i quattro Veda e il Mahābhārata (nello svolgimento del quale egli stesso appare più volte). La tradizione enumera inoltre Vyāsa tra i sette savî immortali (lett. "dalla lunga vita", cirajīvin).
Bibl.: H. Jacobi, Mahābhārata. Inhaltsangabe. Index und Concordanz der calcuttaer und bombayer, Ausgaben, Bonn 1903.