VUOTO
. Il concetto di "vuoto", nel senso di spazio vuoto di qualsiasi materia, si è imposto all'attenzione dei fisici in seguito alla celebre esperienza che nel 1643 condusse Evangelista Torricelli all'invenzione del barometro a mercurio. Il "vuoto Torricelliano" che veniva a prodursi nella parte alta dalla canna barometrica fu allora considerato come un vuoto perfetto, ma noi oggi sappiamo che in esso deve essere inevitabilmente presente del vapore di mercurio, oltre a residui gassosi emessi dalle pareti della canna. In realtà noi intendiamo oggi con "vuoto" uno spazio in cui la pressione dell'aria o degli altri gas eventualmente presenti è ridotta a un valore piccolissimo rispetto alla pressione atmosferica normale, ed esprimiamo la "bontà" del vuoto mediante la pressione del gas residuo. Tale pressione può venire espressa, per es., in atmosfere, o in mm. di Hg (la pressione atmosferica normale essendo, com'è noto, di 760 mm. di Hg).
Il metodo di Torricelli sebbene possa dare un vuoto discreto (inferiore al milionesimo di atmosfera) è di limitata applicazione. Per vuotare rapidamente recipienti molto grandi, e per ottenere vuoti molto spinti è inevitabile l'uso di pompe, strumenti che funzionando in modo ciclico o addirittura continuo, estraggono continuamente i gas dal recipiente da vuotare. La prima pompa per il vuoto venne inventata da Otto von Guericke, borgomastro della città di Magdeburgo, nel 1650. Essa era una pompa meccanica, costituita da un cilindro munito di una valvola di entrata e una di uscita, in cui scorreva un pistone a tenuta. Successivamente varî altri tipi di pompe, basate su principî poco diversi, vennero inventati. Per incontrare un progresso notevole rispetto a questi metodi primitivi dobbiamo scendere fino al 1855, quando Geissler inventò il tipo di pompa a mercurio, che verrà descritto in seguito. Questa pompa permetteva di raggiungere un vuoto relativamente buono, potendosi con essa ridurre la pressione a qualcosa come un decimilionesimo della pressione atmosferica normale. È l'invenzione di questa pompa che permise di studiare in modo completo i fenomeni della scarica elettrica nei gas rarefatti, portando così alla scoperta dei raggi catodici e dei raggi X, e influendo in modo decisivo sullo sviluppo della scienza e della tecnica.
Ma i grandi progressi verso la rapida produzione di altissimi vuoti sono stati compiuti soprattutto nel sec. XX, e sono legati particolarmente al nome di Gaede. La più importante delle invenzioni di Gaede è senza dubbio la pompa a diffusione, che ha praticamente sostituito tutti gli altri tipi di pompe sia in laboratorio, sia nell'industria, in tutti quei casi in cui occorre ottenere rapidamente un alto vuoto. Nella pompa a diffusione il gas da asportare viene fatto diffondere, attraverso un'apertura conveniente, entro un getto di vapore di mercurio; la funzione di questo getto è di trascinare via il gas in altra parte della pompa, dove il vapore di mercurio viene condensato e il gas residuo asportato da una seconda pompa. Questa, che vien detta "avviatrice", può essere di un tipo più comune, incapace di dare un alto vuoto.
Recentemente il mercurio è stato sostituito con certi olî speciali, aventi una bassissima tensione di vapore a temperatura ordinaria. La velocità di aspirazione di queste pompe è sorprendente e il vuoto che esse permettono di raggiungere è elevatissimo.
La pressione residua raggiungibile, per es., nell'interno di una comune valvola termoionica, è oggi di circa 10-8 mm. di mercurio e a tale pressione una molecola potrebbe percorrere in media una traiettoria di qualche chilometro senza urtare un'altra molecola del gas. Non si deve naturalmente con questo credere che il numero delle molecole per cmc. presenti nell'interno di una valvola termoionica sia esiguo. Anzi anche per rarefazioni così elevate (le più elevate che si possano oggi raggiungere) il numero delle molecole per cmc. è ancora sempre enorme (circa un miliardo). Ma le dimensioni delle molecole e quelle degli elettroni sono così estremamente piccole che gli urti reciproci, a queste rarefazioni estreme, sono relativamente rarissimi.
Nel campo della chimica o chimica fisica, dove spesso si tratta di produrre e raccogliere prodotti gassosi, provocare reazioni in particolari atmosfere gassose, praticare distillazioni a bassa pressione o nei vuoti più spinti (compatibili con le tensioni di vapore in giuoco), gl'impianti da vuoto hanno varie applicazioni.
Altrettanto si dica per i laboratorî fisici e fisico-tecnici. Basti ricordare la fisica delle bassissime temperature, gli spettrografi a raggi X, i tubi a raggi positivi (dagli spettrografi di massa, ai tubi per le disintegrazioni artificiali), ecc.
In qualsiasi impianto da vuoto (e tale denominazione si usa anche se non si tratta di raggiungere rarefazioni estreme) la parte essenziale è costituita dal sistema delle pompe. A queste poi si aggiungono gli strumenti di misura e di controllo e tutti gli altri accessorî, come vasi e tasche refrigeranti, sistemi di metallizzazione, ecc.
La conoscenza di questi mezzi, la loro applicazione razionale, che implica spesso la soluzione di compromessi non immediati, la loro manutenzione e ove occorra, anche fuori dalle industrie specializzate, la loro costruzione, costituiscono oggi un vero e proprio ramo della tecnica fisica che si chiama appunto tecnica del vuoto.
Noi ci occuperemo nel seguito per disteso degli elementi di questa tecnica e cominceremo con l'illustrare separatamente, a seconda del loro impiego e del principio su cui sono basate, i varî tipi di pompe.
Pompe a pistone. - La forma più semplice di una pompa da vuoto è la pompa a pistone. Essa è schematicamente rappresentata nella fig. 1. Il bistone P scorre a tenuta in un cilindro S che è collegato a mezzo di un rubinetto r (in pratica con una valvola) col recipiente R da vuotare (spesso questo è una campana di vetro a tenuta, posta su una piattaforma metallica come nella figura).
Per vuotare R si procede come segue: chiuso il rubinetto T (in pratica una valvola automatica) si pone in collegamento, per mezzo del rubinetto r, il recipiente R col cilindro S, e si solleva il pistone fino all'inizio della sua corsa nella posizione a. Una corrente d'aria si riversa allora da R in S. Se V0 è il volume di R, V quello di S e p0 è la pressione iniziale del gas, la pressione che si stabilisce allora nei due recipienti collegati R e S è (Boyle e Mariotte)
ossia una pressione minore di p0.
Allora, dopo aver chiuso r si apre T e si abbassa il pistone fino al fondo della sua corsa, espellendo dal cilindro l'aria che vi è così penetrata. Si ripete l'operazione collegando di nuovo R con S e chiudendo T. La pressione scende così da p1 a
Ripetendo n volte l'operazione si raggiungerebbe, se non si avessero perdite e se i collegamenti fra R e S avessero un volume (spazio nocivo) completamente trascurabile, la pressione pn = p0αn, dove con α si indica il rapporto
che è minore di 1. In realtà la pressione effettivamente raggiungibile con un sistema simile è più elevata particolarmente per la presenza dello spazio nocivo e la parziale eliminazione di questo, realizzata nelle pompe a olio, ha costituito un notevole progresso tecnico; però è sempre il cosiddetto principio del pistone, espresso dalla relazione precedente, che vale nei moderni tipi di pompe anche quando si tratta di pompe rotative a olio.
Vuoto limite e velocità d'aspirazione. - Prima di passare alla descrizione di queste premetteremo delle brevi e intuitive definizioni dei concetti fondamentali di vuoto limite e velocità di aspirazione, riserbandoci in seguito di precisare ulteriormente le definizioni stesse.
1. Nella tecnica del vuoto si definisce come vuoto limite di una pompa quella pressione alla quale l'azione aspirante della pompa stessa diviene praticamente nulla. Ciò può avvenire sostanzialmente per due cause: o mentre la pompa aspira da una parte, da un'altra, per es., da alcune parti costituenti la pompa stessa, con la stessa rapidità si rigenerano o sfuggono dei vapori o dei gas, che annullano l'azione aspirante, oppure l'azione aspirante della pompa si è effettivamente annullata, non essendo il principio su cui si basa più valido o applicabile alle pressioni così raggiunte. Normalmente le due cause contribuiscono insieme alla determinazione del vuoto limite.
È molto importante di avere, in relazione al vuoto che si vuole raggiungere in un dato recipiente, un'idea molto precisa del vuoto limite delle pompe da impiegare. Se per esempio in un apparecchio si vuole raggiungere presto e con certezza una pressione di 1/100 di mm. di mercurio, si deve scegliere una pompa che abbia un vuoto limite di almeno 1/10.000 di mm. di mercurio.
Per quanto concerne l'afflusso di vapori, molto spesso per migliorare il vuoto limite di una pompa si pone fra la pompa e il recipiente da evacuare un sistema di refrigeramento ad anidride carbonica (−70°) o anidride carbonica e acetone −85°), o addirittura ad aria liquida (−180°). Tale sistema diviene indispensabile nelle pompe a diffusione a vapore di mercurio quando si vogliano effettivamente raggiungere i vuoti di cui queste possono essere capaci (10-6 mm. di mercurio e oltre).
Per maggiore chiarezza riportiamo la tabella seguente relativa alle tensioni di vapore delle sostanze più usate nella costruzione e nell'impiego delle pompe di cui parleremo in tutto quel che segue:
2. La velocità (di aspirazione) di una pompa per una data pressione è data dal volume di aria (in mc. o in litri) che essa aspirerebbe nell'unità di tempo (ora o secondo) da un recipiente infinitamente grande in cui si avesse quella pressione.
Questa velocità varia fortemente a seconda della pressione a cui si riferisce e si annulla quando la pressione eguaglia il vuoto limite. Per questo quando si parla della velocità di una pompa senza precisarne ulteriormente la pressione, s'intende sempre di parlare di quelle pressioni a cui è consueto o normale il funzionamento della pompa. Per es., per una pompa rotativa a olio, ci si riferisce alla pressione atmosferica; per una pompa a diffusione, a una pressione di 1/1000 di mm. di Hg.
Per le pompe rotative a olio, partendo dalla pressione atmosferica, la velocità cade prima lentamente, poi, verso il 1/10 di mm. Hg, rapidamente fino a divenire inapprezzabile.
La fig. 2 dà, in scala logaritmica, per alcuni modelli costruiti dalla casa Leybold, l'andamento della velocità, in mc. all'ora, di alcuni modelli di pompe rotative.
La fig. 3 mostra, in scala logaritmica, il tempo in minuti necessario per raggiungere una certa pressione (indicata dalle ordinate) in un recipiente di 10 litri per diversi accoppiamenti di pompe. La curva II si riferisce a una semplice pompa rotativa. La curva I al sistema di due pompe rotative dello stesso tipo in serie. La curva III all'insieme di una pompa rotativa con una pompa a diffusione a vapore di mercurio avente una velocità di 2,5 litri al secondo.
Infine nella fig. 4 sono, a mo' di confronto, riportati in funzione della pressione di lavoro, le velocità di due pompe rotative in serie (curva I) e di una pompa a diffusione avviata da una pompa rotativa (curva II).
Pompe meccaniche a olio. - Pompa a pistone. - Questo tipo di pompa è ancora relativamente comodo per la sua robustezza. La fig. 5 ne rappresenta, in sezione, un modello corrente. Il tubo A fa comunicare il recipiente da vuotare con lo spazio anulare B, nella parte inferiore del quale un foro T mette in comunicazione detto spazio col corpo di tromba C. Il pistone D munito di una guarnizione di cuoio imbottito è ricoperto d'olio.
Quando il pistone si solleva, si ottura il foro T e si comprime l'aria già aspirata nel corpo di tromba C fino al momento in cui non si solleva la valvola G e l'aria non passa nella parte superiore della pompa che è in comunicazione con l'esterno. Poiché il fondo di quest'ultima è anch'esso ricoperto d'olio, quando la valvola G è sollevata questo si mescola con quello sovrastante al pistone, e l'aria esce gorgogliando. Nella successiva discesa del pistone, la valvola torna al suo posto, lo spazio C vuoto aumenta gradatamente di volume, finché non si riapre la comunicazione T e con una nuova immissione d'aria in C il movimento ricomincia. Il tubo F è destinato a evitare che il pistone si attacchi sul fondo.
Il vantaggio di queste pompe rispetto alle vecchie pompe a pistone risiede, come abbiamo già detto, nella riduzione degli spazî nocivi. Tuttavia questi ultimi per la relativamente complicata struttura meccanica della pompa, per la non mai perfetta tenuta dei pistoni, delle valvole, delle guarnizioni, ecc., risultano solamente ridotti. Per questa ragione queste pompe, pur essendo molto superiori alla pompa di Guericke, raggiungono solo un limite di pressione molto moderato (¼ mm.), limite che si abbassa assai rapidamente con l'uso della pompa.
Diversamente, specie per la loro grande rapidità, con le pompe rotative ad alette a cui si riferisce la fig. 6, si possono raggiungere pressioni molto più basse.
Il giunto F è collegato con il recipiente da evacuare, mentre quello L con la relativa valvola, è destinato a espellere il gas. In una cavità cilindrica ruota, mantenendosi continuamente tangente alla parete, un cilindro eccentrico B; B è tagliato secondo un piano diametrale con una fenditura, nella quale slittano dolcemente due palette E che una molla respinge costantemente verso la parete della cavità C, mantenendole in contatto radente con questa.
Il funzionamento della pompa è evidente. Fissiamo la nostra attenzione nell'attimo a cui si riferisce la fig. 6. In seguito alla rotazione, negl'istanti successivi, il volume V va progressivamente aumentando, e il gas viene aspirato da F, mentre il volume A va diminuendo e il gas ivi contenuto, sospingendo la valvola L, esce. Quando la paletta rotando supera il foro di accesso F e chiude il volume V, il gas fino a questo momento aspirato, viene sospinto verso L e qui espulso, mentre del nuovo gas viene aspirato da F.
Questo tipo di pompe grossolanamente costruito esisteva già da tempo, e veniva impiegato in genere per travasare liquidi. Veniva anche, invertito il senso di rotazione e quello di apertura delle valvola, utilizzato come compressore destinato a raggiungere modeste pressioni.
Gaede è stato il primo a utilizzare lo stesso principio per farne sia delle ottime pompe da vuoto sia dei compressori. Per questo la precisione della costruzione ha dovuto divenire molto grande, e la lubrificazione ha acquistato un'importanza essenziale, specialmente per quanto concerne il contatto e la tenuta del cilindro mobile col cilindro fisso, e il contatto delle palette con quest'ultimo. Queste pompe, a 500 giri al minuto possono, se in buono stato, praticare in un recipiente di qualche litro anche un vuoto di 0,0001 mm. di mercurio, ma con l'uso questo limite si abbassa rapidamente anche fino a 0, 1 mm. e meno. Esse per la loro rapidità e comodità hanno oggi sostituito quasi completamente le pompe a pistone. Sono specialmente usate (e vengono allora generalmente accoppiate in serie) nelle fabbriche di lampade o di valvole termoioniche come pompe preparatrici (vedi appresso) alle pompe ad alto vuoto. Così accoppiate in serie sono infatti capaci di aspirare fino a pressioni dell'ordine del centesimo di mm. di mercurio grandi quantità di gas con estrema rapidità.
Il modello da noi descritto non è il solo fra le pompe a palette.
Per ovviare agl'inconvenienti che derivano con l'uso, dal contatto fra cilindro fisso e cilindro mobile, si sono costruite e si costruiscono anche pompe aventi più palette, radialmente disposte. Infine si costruiscono anche pompe veramente ottime e di grande semplicità, aventi la paletta scorrevole lungo il cilindro fisso e posta a separazione fra il foro di aspirazione e quello di uscita. La fig. 7 indica in schema una di queste pompe.
Un modello totalmente diverso di pompe rotative a olio è quello che deriva direttamente dalle pompe a ingranaggi usate per la circolazione dell'olio nei motori a scoppio. Il loro principale vantaggio è la loro grandissima velocità; il loro difetto la rapidità con cui si consumano gli ingranaggi, portando come conseguenza, un notevole abbassamento del vuoto limite che già nelle pompe in buono stato è dell'ordine di quelle a pistone. La fig. 8 ne mostra in sezione schematicamente le principali caratteristiche.
L'ingranaggio di sinistra, per la rotazione trasmessa al suo asse da un motore, ruotando mette in moto l'ingranaggio di destra che è invece libero di girare attorno al suo asse. L'aria compresa tra due denti, come in a, viene, per effetto della rotazione, a trovarsi racchiusa tra i denti e la parete, come in b, e viene quindi trascinata da A verso B, quivi essa esce per un condotto nell'involucro della pompa che mantiene gl'ingranaggi in un bagno d'olio.
Pompe ad acqua. - Di grande uso nei laboratorî scientifici, dove sono usate o direttamente per raggiungere anche in grandi recipienti pressioni di 1 o 2 cm. di mercurio (nelle migliori condizioni il vuoto limite che con esse si può raggiungere è dato dalla tensione del vapore d'acqua alla temperatura ambiente) o come avviatrici a pompe a vuoto più elevato, sono le pompe ad acqua.
La fig. 9 ne rappresenta la sezione. L'acqua giungente al cono A (con una pressione di circa 3-4 atmosfere) ne esce con forza (con grande velocità) e trascina per attrito (viscosità) l'aria che circonda il getto. Quando quest'ultimo penetra nel cono svasato B, una guaina di aria si forma attorno al getto, e l'accompagna fino alla strozzatura s del cono stesso. Qui l'aria della guaina si emulsiona nell'acqua e questa trascina meccanicamente le bollicine di aria così formate.
Pompe ad alto vuoto. - Caratteristiche comuni alle pompe che abbiamo esaminato fino ad ora sono in generale una notevole o addirittura grande velocità di evacuazione e la possibilità di iniziare la loro azione in recipienti dove inizialmente si abbia una pressione comunque elevata: in genere la pressione atmosferica. D'altra parte tali pompe non possono raggiungere normalmente pressioni inferiori a 0,001 mm. di mercurio.
Esiste un'altra categoria di pompe, dette pompe "ad alto vuoto", basate su principî totalmente diversi da quello (comune nelle pompe a olio) del pistone e che hanno la possibilità di raggiungere pressioni estremamente basse (10-6 e anche 10-7 mm. di mercurio), ma che d'altra parte sono di funzionamento un po' più complicato e che in generale sono capaci d'iniziare la loro azione aspirante solo quando nel recipiente da evacuare si è raggiunto un certo grado di rarefazione.
Sono di questo tipo le pompe rotative a mercurio, le pompe molecolari e le pompe a diffusione in tutti i loro varî modelli. Si differenziano da queste le pompe a mercurio di Geissler e di Sprengel; ma queste, che sono ancora delle pompe ad alto vuoto e di cui parleremo subito, sono ormai poco usate.
La locuzione "alto vuoto" ora usata s'impiega per indicare quelle pressioni alle quali il cammino libero medio delle molecole (v. gas) è dell'ordine di grandezza dei recipienti da vuotare (recipienti in genere di modeste dimensioni). Approssimativamente si parla di alto vuoto quando la pressione comincia ad essere di 0,001 mm. di mercurio. A tale pressione infatti il cammino libero medio delle molecole è dell'ordine di grandezza di 1 cm.
Pompe a mercurio di Geissler. - Di un interesse ormai quasi storico, queste pompe meritano ancora di essere menzionate nonostante la loro piccola velocità e il loro funzionamento laborioso e fastidioso (molte di esse richiedono il continuo intervento di un operatore) perché sono le più facili a costruirsi anche in un modesto laboratorio. Inoltre esse sono le uniche pompe che, senza il bisogno di una pompa avviatrice, partendo direttamente dalla pressione atmosferica, possano raggiungere in un recipiente non troppo grande, e non esalante vapori di tensione troppo elevata, vuoti assai spinti (anche di 104 mm. di mercurio e oltre) essendo la pressione limite determinata dalla tensione di vapore del mercurio. Infine con esse è molto facile raccogliere i gas e si prestano per questo moltissimo all'analisi dei medesimi. Perciò sono ancora talvolta usate nei laboratorî di chimica fisica.
Esse sono basate sul principio di ottenere il vuoto ripetendo un gran numero di volte l'esperienza di Torricelli, riempiendo ogni volta la camera barometrica, opportunamente ampliata, del gas da espellere.
Il funzionamento si deduce immediatamente dalla figura 10. Sollevando l'ampolla F, il mercurio sale lungo T e ottura la comunicazione a con la canalizzazione G che conduce al recipiente da vuotare. In tal modo il gas ch' era penetrato nella camera A resta isolato e sollevando ulteriormente il mercurio viene espulso, gorgogliando, attraverso al tubo C, verso la bacinella B.
Su tutt'altro principio sono basate le pompe dette di Sprengel, che presentano il vantaggio di richiedere molto più raramente l'intervento di un operatore, ma che non raggiungono vuoti così elevati come quelle di Geissler, pur essendo ugualmente lente.
In queste pompe il recipiente da evacuare è in comunicazione con un capillare dove il gas viene trascinato sotto una continua caduta di gocce di mercurio. Le goccioline cadenti (fig. 11) agiscono come piccoli pistoni trascinanti, nella loro caduta, lungo il capillare, piccole bolle d'aria continuamente sottratte al recipiente da evacuare.
In queste pompe come in quelle di Geissler, gli spazî nocivi sono praticamente eliminati e se non si possono raggiungere vuoti estremamente elevati, ciò si deve, oltre che alla loro piccola velocità, anche ai lievi strati d'aria che restano aderenti alle pareti dei recipienti e che il mercurio non riesce a trascinare con sé.
Pompa rotativa a mercurio. - Questo tipo di pompa estremamente diffuso fino a pochi anni fa, quando nella costruzione delle pompe a olio non si era raggiunto lo stato attuale di perfezione, è ora caduto rapidamente in disuso per il suo carattere intermedio fra una buona pompa preparatrice e una pompa ad alto vuoto e specialmente per la sua non troppo grande velocità.
Essa consiste essenzialmente di un involucro cilindrico (fig. 12) di acciaio G, pieno, fino al livello q, di mercurio. Nel mercurio ruota, intorno al suo asse, un tamburo di porcellana A che è diviso in varie parti dai separatori Z1 e Z2 e Z3. Per effetto della rotazione nel senso della freccia, i volumi degli spazî liberi W1 e W2, compresi tra i separatori e il mercurio variano, divenendo massimi nel momento in cui il foro F che permette la comunicazione con la canalizzazione R, attraverso la quale si effettua l'aspirazione del recipiente che si vuole evacuare, raggiunge il livello q del mercurio.
Continuando la rotazione, il foro F passa al disotto del mercurio e la comunicazione con il recipiente da vuotare viene a interrompersi. Contemporaneamente il gas prima aspirato, viene compresso e sospinto nella camera W. esterna al tamburo, lungo le canalizzazioni; la camera W a sua volta per mezzo del tubo S, viene connessa con una pompa preparatrice (p. es., una pompa ad acqua).
Per il funzionamento della pompa, ossia perché il mercurio possa agire quasi come un diaframma rigido e scorrevole nelle camere W1, e W2, occorre che la pressione della camera esterna W sia piuttosto bassa (dell'ordine del cm. di mercurio). Se questo non accade la camera W viene a comunicare per mezzo del foro centrale F, con gli spazî W1 e W2 e la pompa non funziona.
Pompe molecolari. - Sono queste delle vere e proprie pompe ad alto vuoto, basate sull'azione che può esercitare una parete mobile, nell'interno di un gas, sulla distribuzione delle velocità delle molecole stesse. Le molecole del gas, urtando contro una parete mobile avente una velocità tangenziale notevole, acquistano una quantità di moto diretta nel senso di questa velocità e si comportano quindi come se fossero effettivamente trascinate dalla parete stessa.
Il principio di queste pompe è illustrato nella fig. 13 dove A è un cilindro che ruota con grande velocità, nell'interno del recipiente B intorno all'asse a. Se il senso di rotazione è quello della freccia, le molecole del gas vengono continuamente trascinate da n verso m e qui si raccolgono offrendo l'intercapedine d una grande resistenza al ritorno delle molecole da m ad n. Se si collegano i due fori m e n per mezzo di due canalizzazioni con un manometro M si osserva in esso una differenza di pressione come indica la figura.
Questa differenza è tanto più grande quanto più rapidamente ruota il cilindro e quanto più grande è l'attrito interno del gas. Poiché per un determinato gas l'attrito è, entro larghi intervalli di pressione, praticamente indipendente da questa, se si collega lo spazio V con una pompa, si può osservare che mentre la pressione in esso va continuamente diminuendo, la differenza di pressione del manometro rimane invariata.
Questa bella esperienza ha un'immediata applicazione pratica. Sia, p. es., di 10 mm. la differenza di pressione segnata dal manometro. Se con pompa preparatrice si stabilisce in m una pressione di 10 mm. si potrebbe sperare di avere in n il vuoto assoluto.
In realtà questo non accade perché alle basse pressioni la cosa è un po' più complicata, essendo allora il rapporto delle pressioni e non la differenza che è indipendente dal grado di rarefazione raggiunto, ma ugualmente ci si avvicina assai a questa condizione ideale di avere un vuoto limite teorico addirittura nullo.
La pompa realizzata secondo questo principio da Gaede è rappresentata in sezione nella figura 14. Nell'involucro A ruota il cilindro B intorno al suo asse. Nel cilindro sono scavate le scanalature D nelle quali si adattano le lamelle C che hanno il compito di separare l'alto vuoto dal vuoto preliminare. Le scanalature hanno il duplice compito di aumentare la superficie d'attrito e di costituire, dove si adattano alle lamelle C, una comunicazione di resistenza elevata fra il vuoto preliminare e l'alto vuoto. Ognuna delle scanalature compie lo stesso ufficio dell'intercapedine V della fig. 13. Per aumentare l'efficienza le varie scanalature agiscono in serie essendo l'uscita di una collegata, per mezzo di un canale, con l'entrata della successiva.
Il limite di vuoto che tale pompa può raggiungere è tanto più alto, quanto più elevato è il vuoto preliminare e quanto più rapidamente gira il cilindro B. Il numero di giri della pompa non può però oltrepassare un certo limite, se si vuole evitare un troppo rapido deterioramento della pompa medesima. Con un vuoto preliminare di 0,05 mm. (come quello che può essere dato da una pompa rotativa a olio) e con una velocità di rotazione di 10.000 giri al minuto, una tale pompa può arrivare fino ad una pressione di 0,2•10-6 mm. di mercurio, con una velocità di circa ¼ di litro al secondo.
Una notevole modificazione della pompa molecolare di Gaede è data dalla pompa di Hollweck (fig. 15), che presenta rispetto alla prima essenzialmente questi vantaggi:
a) La parete rotante è interamente nel vuoto preliminare, senza che l'albero della medesima sorta all'esterno perché il motorino fa parte della pompa, ed è anch'esso nell'interno dell'involucro in cui si pratica il vuoto preliminare.
b) La costruzione meccanica, così delicata nella pompa di Gaede, è qui relativamente molto più semplice, per la soppressione delle scanalature. Il cilindro rotante è qui infatti perfettamente liscio e ruota nell'interno di un tamburo fisso sulle pareti interne del quale si è praticato un canale elicoidale portante al vuoto preliminare dal vuoto spinto.
Le molecole per attrito sono sospinte, per gli urti successivi col cilindro rotante, lungo questo canale elicoidale, con poca probabilità, quando il vuoto preliminare sia abbastanza buono, di compiere l'intero cammino di ritorno. Le pompe di Hollweck hanno una velocità di aspirazione superiore a quelle di Gaede (fino a 1,5 litri al secondo e oltre) e, ciò che è molto importante, un maggiore rapporto di pressione fra il vuoto preliminare e l'alto vuoto (circa 107 per la Hollweck; 2 × 105 per quella Gaede).
Con le pompe di Hollweck si raggiungono vuoti molto spinti già con un vuoto preliminare di diversi mm. di mercurio. Recentemente però Siegbahn ha notevolmente perfezionata la pompa di Gaede riuscendo ad aumentare la sua velocità di aspirazione e a migliorare il rapporto di cui sopra.
Comunque oggi queste pompe sono relativamente poco diffuse, nonostante le loro indiscutibili qualità (fra cui essenzialmente quella di non richiedere alcun sistema di refrigeramento per l'eliminazione dei vapori), per il rapido deterioramento che, accompagnato alla loro delicata costruzione meccanica, le rende economicamente poco convenienti.
Pompe a diffusione. - Sono queste le pompe che sono oggi quasi sempre usate ovunque si richieda di raggiungere i vuoti più spinti in recipienti più o meno voluminosi.
La prima pompa di questo tipo si deve ancora a Gaede, ma indipendentemente da lui e quasi contemporaneamente il fisico americano Langmuir riusciva a costruire una pompa analoga; anzi riuscendo a togliere a quella di Gaede ciò che appariva essere il suo più grande difetto, la piccola velocità di evacuazione. Oggi esistono pompe a diffusione capaci di aspirare in un secondo un volume di gas di 600 litri alla pressione di 10-4 mm.
Anche queste pompe non hanno teoricamente altro vuoto limite se non quello dato dalla tensione di vapore della sostanza nella quale avviene la diffusione (mercurio, olio apiezon), tensione di vapore che, con modesti accorgimenti, può essere ridotta a valori bassissimi. Questa caratteristica essenziale per cui le pompe a diffusione sono pompe atte a raggiungere vuoti elevatissimi, segue dal fatto (conforme alla teoría cinetica dei gas) che la diffusione di due gas l'uno nell'altro, lungo una conduttura collegante due recipienti, contenente i due gas a due pressioni qualunque, ha luogo, entro certi limiti, quali che siano queste pressioni nei due recipienti e quindi quale che sia la caduta di pressione totale che si ha lungo il condotto.
Per far comprendere il principio su cui sono basate queste pompe, riferiamoci alla fig. 16. AB è un tubo lungo il quale fluisce, p. es. nel senso della freccia, un getto di vapore di mercurio (o di altra sostanza, che abbia una bassa tensione di vapore alla temperatura ordinaria e un elevato attrito esterno). EF è un tubo sottile che connette AB col recipiente da vuotare C, contenente, per es., aria. Il vapore di mercurio tende naturalmente a diffondere verso C lungo il tubo EF, ma viene arrestato facendolo condensare sulla parete del tubo che è raffreddata dai manicotti K, in cui circola acqua fredda.
Vediamo ora cosa avviene dell'aria. È chiaro che l'aria che eventualmente si trovasse allo sbocco del tubo EF in AB verrebbe immediatamente trascinata via, lungo AB, dal getto di vapore, dimodoché in condizioni di regime la pressione parziale dell'aria in F finisce per essere praticamente nulla. È chiaro quindi che l'aria che si trova in C tenderà a diffondere verso F; ciò può avvenire effettivamente, anche se in F la pressione totale, cioé sostanzialmente quella del vapore di mercurio, è notevolmente superiore a quella dell'aria residua in C. Come si vede non si tratta di un effetto idrodinamico (in questo la pompa differisce concettualmente da altri tipi apparentemente simili); la diffusione molecolare ha nel funzionamento di questa pompa una parte essenziale.
È necessario osservare ancora che la diffusione non avviene se è eccessivamente ostacolata dal vapore di mercurio che diffonde in senso inverso nel tubo EF. Per questa ragione il tubo EF, mentre non deve esser troppo piccolo (altrimenti offre troppa resistenza alla diffusione dell'aria), non deve essere neanche troppo grande, se no la velocità con cui il vapore di mercurio si precipita nel tubo EF è tale che l'aria viene respinta. Per la stessa ragione la pressione P del vapore di mercurio non deve essere troppo elevata. Si può dimostrare che il funzionamento della pompa è ottimo quando la pressione dell'aria è tale che il diametro r dell'apertura F del tubo di diffusione è dell'ordine di grandezza del cammino medio libero delle molecole d'aria.
Il volume d'aria aspirato, ossia, secondo le definizioni già note, la velocità della pompa, varia dunque per una data fase di diffusione (v. appresso) con la pressione p del recipiente da evacuare.
Per realizzare queste condizioni, almeno nella fase iniziale dell'evacuazione, è facile capire come sia necessaria l'azione di una pompa preliminare, che deve praticare nella pompa a diffusione e in C un vuoto tanto più spinto quanto maggiore è il diametro di r. Senza l'azione di una pompa avviatrice, il diametro di r dovrebbe essere così piccolo (10-4, 10-5 cm.) che la velocità della pompa sarebbe praticamente nulla.
La pompa a diffusione sulla quale per semplicità abbiamo fatto fino ad ora le nostre considerazioni, avrebbe dal punto di vista pratico due inconvenienti essenziali: una piccola velocità media di evacuazione e un regime di funzionamento un po' critico.
Così il primo modello costruito da Gaede è quello schematicamente rappresentato nella fig. 17. Nel tubo AB e nel senso della freccia fluisce la corrente di vapori di mercurio, K è il manicotto refrigerante e F la fenditura circolare attraverso la quale avviene la diffusione dell'aria proveniente da C, con i vapori di mercurio.
Le molecole di mercurio diffondono da F verso le pareti del refrigerante K come indicano le freccine. Una molecola d'aria inizialmente in a e diretta da a verso b, si trova in b, se il suo cammino libero medio è dell'ordine di grandezza della larghezza della fenditura, un momento dopo è trascinata dagli urti delle molecole di vapore, non può tornare indietro.
Se la pressione dell'aria è invece troppo elevata (e anche se è nei suoi limiti troppo elevata quella del vapore di mercurio) la molecola d'aria prima di superare la fenditura viene con grande probabilità respinta e non aspirata dalla pompa.
La pompa di Gaede subì un perfezionamento notevolissimo a opera dei fisici americani Langmuir e Williams. Questi infatti riconobbero che la definizione della fenditura nel caso della pompa della fig. 17 era inutile e che si sarebbe potuto sopprimere il labbro inferiore di questa aumentando notevolmente l'efficacia della pompa.
Prima di passare in rassegna i principali tipi di pompe a diffusione accenneremo solo che queste pompe, che sono vere e proprie pompe molecolari, basate sulle proprietà cinetiche dei gas, non sono generalmente da identificarsi o confondersi con le così dette pompe a getto liquido o di vapore, come, per es., le pompe ad acqua, per quanto molto spesso (a seconda della loro costruzione e specialmente nella fase iniziale, quando la pressione è più forte), le pompe a diffusione funzionano anche come pompe a getto di vapore.
La differenza sostanziale fra questi due tipi di pompe è proprio nell'azione evacuante. Mentre in quelle a getto di vapore o di liquido le molecole del gas sono trascinate per attrito dal getto stesso, e, nel caso delle pompe a liquido, poi travolte e trasportate addirittura in emulsione, in quelle a diffusione il trascinamento per urti molecolari (attrito interno) subentra solo nella fase finale, la fase iniziale essendo caratterizzata, come abbiamo visto, da un processo di diffusione reciproca del gas nel vapore, processo che non ha niente a che vedere con il getto, la sua velocità, la sua direzione, ecc.
Tipi di pompe a diffusione. - Le pompe a diffusione si costruiscono in vetro "pyrex", in quarzo o in acciaio.
Esamineremo alcuni modelli tipo, dandone quando occorra una breve descrizione e dicendo, una volta per tutte, che per le pompe a mercurio, qualora si desideri raggiungere un vuoto oltre 10-6 mm. di Hg, è necessario sempre l'uso di un sistema refrigerante (aria liquida [v. fig. 16], anidride carbonica e acetone), perché essendo la pressione del vapore di mercurio dell'ordine di 10-4 mm. di Hg alla temperatura ambiente, occorre condensare con questo sistema refrigerante i vapori che diffondono nel recipiente da evacuare.
Tutte le case costruttrici di pompe forniscono in genere un recipiente a doppia parete direttamente montabile sulla pompa (sul giunto a cono che serve a connettere la pompa col recipiente da evacuare) appunto a questo scopo.
Pompa a diffusione di Langmuir. - Ha la caratteristica, vantaggiosa nelle riparazioni e atta a impedire temperature eccessive nella fase dove avviene la diffusione, di avere la fase stessa nettamente separata dal recipiente del mercurio.
Nella fig. 18 è rappresentata una pompa a diffusione di questo tipo a tre fasi (o stadî). La finale a dove la pressione del gas è maggiore, è del tipo di Volmer, e aspira l'aria dello stadio precedente b che richiede, per lavorare, un vuoto preliminare più spinto. Questo a sua volta aspira l'aria nel primo stadio c che è in diretta connessione col vuoto spinto. La refrigerazione è determinata attraverso il manicotto a circolazione d'acqua m, n, m.
Il sistema di mettere più stadî o fasi successivamente l'uno all'altro, di forma e dimensioni convenienti, è comunissimo nelle pompe a diffusione, ed è equivalente a quello di connettere più pompe in serie. I vantaggi che così si raggiungono sono da una parte una maggiore velocità, dall'altra un vuoto più spinto con un vuoto iniziale minore.
I vantaggi di mettere in serie due o più stadî di diffusione sono evidenti nella fig. 19 che dà nella curva I il diagramma della velocità di aspirazione in funzione della pressione p del recipiente da evacuare di una pompa a diffusione a due stadî in confronto con quello (curva II) di una pompa a quattro stadî.
L' andamento caratteristico di questi diagrammi, che per una pressione di circa 10-4 mm. di mercurio passa per un massimo, è essenzialmente dovuto all'ultima fase ed esprime la dipendenza della velocità di aspirazione in funzione delle dimensioni della fase di diffusione (v. sopra).
Pompe a diffusione di acciaio. - Oltre che di vetro, e più spesso che di vetro, le pompe a diffusione di mercurio si costruiscono di acciaio, con vantaggi evidenti di robustezza e praticità.
Esse sono costituite dal recipiente a, avente nel fondo il mercurio con relativa stufa, una o più fasi di diffusione refrigerate da un manicotto ad acqua d. Il recipiente da evacuare è connesso alla imboccatura h della pompa. Il vuoto preliminare è praticato da una pompa applicata in c (fig. 20). La fig. 21 mostra una pompa a 2 stadî.
Le pompe a diffusione con olio non diversificano sostanzialmente da quelle a mercurio. Avendo l'olio apiezon una tensione di vapore di 10-6-10-7 mm. di mercurio, alla temperatura ambiente (20°) si può non impiegare in queste pompe la refrigerazione (ad aria liquida o ad anidride carbonica e acetone) che è invece necessaria (quando si vogliano raggiungere pressioni inferiori a 10-4 mm. di mercurio) per le pompe a mercurio.
Sono però di uso un po' più delicato, perché richiedono, nel montaggio degli impianti, una cura maggiore per la relativa facilità che ha l'olio di assorbire vapori di grassi o di altre impurità, atte sia ad aumentare la tensione del vapore dell'olio, sia addirittura a pregiudicarne il funzionamento quando i vapori estranei siano tali da ingolfare la pompa.
Questo inconveniente può accadere anche col mercurio, ma in misura estremamente minore per ovvie ragioni di diverso assorbimento. Nelle pompe a mercurio i vapori grassi vengono aspirati per diffusione e, senza mescolarsi al mercurio, si accumulano nello spazio del vuoto preliminare, dal quale vengono aspirati dalla pompa preparatrice.
Elementi sulla tecnica del vuoto. - Criterî generali. - Esaminato così un po' da vicino il funzionamento delle principali pompe, passiamo a esporre quali sono i criterî generali che si devono seguire negli impianti da vuoto, con particolare riguardo agli alti vuoti.
Prima di addentrarci in qualche particolare, diremo subito che dovendo praticare degli alti vuoti, in linea di massima bisogna tener presenti le seguenti precauzioni (talune delle quali così evidenti da essere banali) che sono effettivamente fondamentali.
1. I recipienti e il materiale in essi contenuto devono essere il più possibile puliti. Le sostanze organiche hanno in generale tensioni di vapore notevoli, e spesso occludono o assorbono alla pressione atmosferica notevoli quantità di gas che poi emanano quando sono nel vuoto.
Sono naturalmente da evitare tutte le fughe o perdite possibili.
2. Le pompe devono lavorare nel regime che è prescritto dalle case costruttrici, sia per il numero dei giri, sia per il riscaldamento, ecc.
3. Nelle pompe ad alto vuoto occorre che le pompe preparatrici rispondano ai requisiti necessarî al buon funzionamento del complesso. In generale conviene adoperare pompe che realizzino vuoti preliminari più forti possibili con adeguata velocità.
4. I collegamenti, i rubinetti, ecc., sono da evitare per quanto è possibile e, specialmente in assenza di refrigeramenti ben distribuiti, sono da usare mastici e grassi aventi le più basse tensioni possibili. I mastici e i grassi apiezon, recentemente introdotti nella tecnica degli alti vuoti, rispondono a questo requisito.
5. Quando si hanno da vuotare grandi recipienti, specialmente qualora si tratti d'impianti da vuoto tali da non essere possibile una più o meno completa degassificazione, è necessario l'uso di pompe aventi una grande velocità. In tal caso poi è preferibile l'uso di più pompe applicate in parti diverse dell'apparecchio (montate in parallelo anziché in serie) e precisamente in prossimità di quei punti dove si richiede un vuoto più spinto, o dove è maggiore la continua formazione di gas o di vapori.
6. Le canalizzazioni devono essere quanto più larghe e quanto più corte è possibile. Particolare riguardo occorre per i rubinetti che rappresentano sempre, più o meno, delle strozzature lungo le canalizzazioni. A questo proposito sono da raccomandarsi i giunti appositamente costruiti per gli alti vuoti che oltre ad avere smerigliature di grandi dimensioni e diametri notevoli, riducono a un semplice foro la via di comunicazione fra i due rami collegati dal rubinetto stesso.
Le canalizzazioni. - 1. Tubi di connessione. - Come abbiamo detto e come indicheremo con precisione in seguito, le canalizzazioni devono essere quanto più larghe e quanto più corte possibili.
Nel passato si facevano generalmente di vetro, perché anche i recipienti in cui si praticava il vuoto erano il più delle volte di vetro.
Le canalizzazioni di vetro, che naturalmente, sono ancora molto in uso, si connettono fra di loro per mezzo di saldature soffiate alla fiamma, ed evitando quanto più è possibile le connessioni con mastici e i giunti.
Recentemente e con grande vantaggio per la loro solidità, si sono introdotti nella tecnica degli alti vuoti anche i tubi pieghevoli di tombac. Le saldature, in generale, autogene, sono naturalmente un po' più difficili, e tutta la sistemazione degl'impianti è un po' più complicata, ma i compensi che se ne hanno nella maneggevolezza e solidità sono immensi. Queste connessioni metalliche (e conseguente largo uso di recipienti metallici) si sono ultimamente molto diffuse, specialmente in impianti per raggi X, per ricerche di fisica e chimica-fisica, e in molti impianti industriali per alti vuoti (fabbriche di tubi Coolidge, valvole, ecc.).
Oltre che nella solidità, il grande vantaggio di questi tubi risiede nella loro pieghevolezza che è grande anche per diametri di 40-50 mm., vantaggio non offerto dai tubi di vetro, anche se piegati in anse a U fra di loro ortogonali, come si usava nel passato. Fra l'altro la resistenza offerta da questi tubi di vetro, per necessità di piccolo diametro e lunghi, era enorme e non permetteva il loro uso per vuoti inferiori a 0,001 mm. di mercurio.
Al contrario di ciò che si è detto per i tubi di tombac, e specialmente dopo l'introduzione di questi, poco consigliati e poco usati in generale nelle condutture degli alti vuoti sono i tubi di gomma, specialmente a causa dello zolfo ch'essi sempre contengono. Sono invece molto comode e quindi molto comuni le connessioni di gomma fra le pompe avviatrici e le pompe ad alto vuoto.
Talvolta si usano anche con pompe ad alta velocità e per tratti molto corti nelle canalizzazioni ad alto vuoto, ma è allora opportuno purgare il tubo di gomma facendolo bollire per qualche ora in un bagno di soda, asciugandolo poi (dopo averlo a lungo sciacquato con acqua distillata) con aria calda e secca.
2. Giunti, rubinetti, chiusure a mercurio. - Di vetro o di metallo, i giunti e i rubinetti devono essere finemente smerigliati in modo che il grasso vi si distenda il più possibile. Sono buoni quei giunti o rubinetti in cui la pressione atmosferica esterna aiuta la tenuta comprimendo l'uno contro l'altro i coni maschio e femmina.
Ha grande importanza il tipo di grasso adottato. Attualmente il migliore è il grasso apiezon. Questo viene venduto in due o tre qualità, più o meno fluide a seconda che debba servire per rubinetti o per giunti che non devono ruotare.
Molto usato è anche il cosiddetto grasso di Ramsay (2 parti vaselina bianca, 1-2 parti paraffina, 1-2 parti gomma bianca non vulcanizzata) per quanto abbia una tensione di circa 10-4 mm. di mercurio e sia quindi poco raccomandabile per vuoti molto spinti.
Mastici. - Ci limiteremo a quelli di uso più comune e a indicare quelle che sono le loro caratteristiche dal punto di vista della loro applicazione nelle canalizzazioni e negl'impianti da vuoto.
1. Cera rossa (Klebwachs) diventa plastica anche col calore delle mani e si usa in quelle connessioni e in quelle giunture dove non è necessaria alcuna resistenza meccanica. In pratica non la si usa mai per vuoti spinti data la sua alta tensione di vapore, ma è molto usata in montaggi provvisorî, nelle riparazioni tempestive di perdite, ecc. per quanto ora vada cedendo il suo posto al mastice apiezon molle (apiezon Q).
Essa è composta di 95 parti di cera, 5 parti di trementina e un po' di olio minerale per aumentare la plasticità. La si vende in stanghette di circa 30 gr. l'una.
2. Mastice di cera e colofonia o mastice giallo. - Questo mastice molto usato per il suo carattere intermedio fra un mastice molle come la cera rossa, e uno rigido come la ceralacca e la piceina, diviene per riscaldamento, verso 55°, completamente fluido, mentre già a 47° solidifica. È molto indicato (quando si tratti di vuoti relativamente bassi) per assicurare la tenuta dei varî pezzi di un dispositivo sperimentale già fra di loro meccanicamente collegati (ebanite, vetro, metallo, porcellana, ecc.).
Lo si prepara mescolando in parti uguali cera vergine e colofonia, aggiungendo talvolta a caldo, per aumentarne la plasticità, una piccola quantità di gomma pura.
3. Piceina. - È forse questo il mastice che fino ad ora è stato più usato nella tecnica degli alti vuoti.
Le sue caratteristiche preziose sono una grande aderenza, una certa resistenza meccanica (paragonabile a quella della ceralacca) unita a una elasticità considerevole che si mantiene (a differenza di quanto accade ner gli altri mastici) anche a temperature relativamente basse.
Oltre all'elasticità la piceina ha anche un'altra qualità che la rende preziosa in molti casi: è un ottimo isolante.
Si scioglie facilmeme in benzina, benzolo, olio di trementina; difficilmente in alcool e sotto forma polverulenta. Non si scioglie in acqua. Il suo punto di fusione è verso i 70°-80°. La si applica in genere facendo uso di una sottile fiammella a gas (fiamma di Lenard).
4. Ceralacca (da vuoto, spesso di colore bianco). - Ha una resistenza meccanica maggiore della piceina e ha le stesse qualità di questa, pur essendo più difficile ad attaccarsi ai varî pezzi degli apparecehi. Si scioglie in alcool; fonde a 100° circa.
5. Mastici apiezon. - Questi mastici, che sono costituiti da diversi prodotti di distillazione di olí minerali particolarmente raffinati (brevetti Vickers), sono l'apiezon Q, plastico, privo di resistenza meccanica, che si utilizza con vantaggio in luogo della cera rossa e che a differenza di questa si può utilizzare anche in impianti d'alto vuoto purché si stia allora attenti a non lavorarlo direttamente con le mani, e l'apiezon D che sostituisce la piceina, ma che rispetto alla piceina ha lo svantaggio di essere molto più fragile.
I sistemi di refrigeramento. - Questi sono indispensabili con l'uso delle pompe a diffusione a mercurio negl'impianti ad alto vuoto, per migliorare, riducendo le tensioni di vapore del mercurio e di tutti i materiali presenti negl'impianti stessi, i limiti di vuoto che le pompe stesse possono raggiungere. Basti pensare che la tensione del vapor d'acqua, così fastidioso o addirittura dannoso e da eliminare in tante esperienze di alto vuoto, si riduce alla temperatura dell'aria liquida (circa −190°) a 10-16 mm. mentre quella del vapore di mercurio diviene addirittura inapprezzabile (10-27 mm. di Hg).
Le borse o tasche o provette per il refrigeramento hanno le fogge più svariate, ma in sostanza si riducono alle due forme fondamentali che sono rappresentate nella fig. 22. Quella a è ora la più usata perché richiede meno dispendio di materiale refrigerante e offre una minore resistenza. Quella b richiede l'impiego di un recipiente, contenente la sostanza refrigerante, nel quale essa si possa immergere. Questi recipienti sono i vasi a doppia parete vuota, detti di Dewar, ormai noti a tutti per l'impiego che se ne fa nella costruzione dei comuni termos.
I vasi Dewar hanno anch'essi le fogge più svariate: nel caso che debbano servire per l'uso di cui sopra sono generalmente dei provettoni, ma quando si tratta di conservare a lungo l'aria liquida, o altra sostanza liquida a bassissima temperatura, hanno l'aspetto di fiaschi.
I refrigeranti più usati sono, come abbiamo detto più volte, l'aria liquida e l'anidride carbonica con alcool e acetone (circa −80°), però quando è possibile è molto preferibile la prima. La tensione del vapor d'acqua, per esempio, che è 10-16 alla temperatura dell'aria liquida, è a −80° appena di 10-3 mm. di Hg. Per eliminare il vapor d'acqua è allora necessaria l'introduzione, nell'apparecchio, d'una sostanza essiccante, come, per es., il molto usato pentossido di fosforo (P2O5) o anidride fosforica anidra, che, sugli altri essiccanti, offre il vantaggio di una tensione di vapore minima.
Altri essiccanti usati oggi su vasta scala sono anche i metalli alcalini o alcalino-terrosi quando si facciano evaporare nel vuoto già spinto; ma questi assolvono a un compito più generale, assorbendo fortemente anche l'ossigeno e l'azoto, l'idrogeno, i gas carbonici, ecc., residui nel recipiente evacuato, e rientrano così nei sistemi usati per migliorare il vuoto.
Di questi sistemi sarà dato un cenno più avanti.
Misura del vuoto. - 1. Provetta di McLeod. - Per i manometri in generale, v. manometro. Qui ci limiteremo ad accennare Solo a quelli che si utilizzano nelle misure delle basse e bassissime pressioni.
Quello più usato, fino a poco tempo fa, è il manometro a compressione di McLeod, manometro che si può utilizzare per misure fino a circa 10-5 mm. di Hg (fig. 23). Sollevando il pallone M si comprime il gas, inizialmente contenuto in A, gas che, prima delle chiusura del nodo C, ha la pressione p che è da misurare.
Compresso il gas nel capillare B, esso raggiunge qui una pressione p′ che, essendo V il volume di A e v′ il volume del capillare in cui si è ridotto (dopo la compressione) il gas stesso, è legata a p dalla semplice relazione
Poiché il rapporto v′/v è dato dalla costruzione dell'apparecchio, p è data dalla misura di p′ e p′ si legge direttamente dal dislivello H fra i due menischi del mercurio del capillare B e di quello dello stesso diametro D che rimane in comunicazione col vuoto e che è parallelo al primo. La misura della pressione è diretta e non richiede alcuna particolare taratura. In questo senso la provetta di McLeod è un manometro assoluto.
La lettura del dislivello fra i due menischi si fa, quando occorra grande precisione, per mezzo di un catetometro.
Manometri di Langmuir. - L'attrito interno di un gas è indipendente dalla pressione solamente fino a pressioni dell'ordine del micron di mercurio; quando si scende invece a pressioni più basse, tali che il cammino medio libero delle molecole sia dell'ordine di grandezza delle dimensioni dei recipienti, allora l'attrito varia in ragione inversamente proporzionale alla pressione.
Su questo fatto Langmuir ha basato la costruzione di due manometri che si spingono con precisione fino a misure dell'ordine di 5•10-5 mm. di mercurio.
Uno consiste nell'osservare il periodo di smorzamento di un filo metallico (per es., il filo di una lampada luminosa) posto nel vuoto da misurare.
Se τ è il semiperiodo, ossia il tempo in cui l'ampiezza delle oscillazioni si riduce alla metà si trova che
dove M è il peso molecolare del gas, p la sua pressione, a e b delle costanti dell'apparecchio.
Nell'altro si misura la pressione dalla torsione che viene impressa per attrito a una piastrina di mica sospesa al disopra di un disco di alluminio rotante (fig. 24). Questo secondo manometro ha il grande merito di essere un manometro assoluto, le sue costanti essendo il peso molecolare, la temperatura assoluta, la velocità di rotazione del disco e la costante dell'equazione dei gas.
Radiometro. - Il radiometro (v.) è stato per la prima volta (1919) usato come manometro (assoluto), dal fisico M.H. Ch. Knudsen (v. manometro: Manometri radiometrici).
Provetta di Pirani. - Il manometro di Pirani si basa sul principio della conduzione termica dei gas che, come l'attrito (sono questi due fenomeni di natura estremamente simile dal punto di vista della teoria cinetica dei gas), alle basse pressioni non è più indipendente dalla pressione.
Le misure si eseguiscono per mezzo di un filo percorso da una corrente ben determinata. A seconda della maggiore o minore conducibilità termica del gas il filo, così percorso da correnti, si riscalda più o meno.
Conseguentemente varia la resistenza del filo (la resistenza di un filo varia proporzionalmente alla temperatura assoluta) e questa variazione che è così connessa alla pressione del gas viene misurata con millivoltmetro di precisione dalla caduta ohmica agli estremi del filo.
Altrimenti mantenendo costante la tensione agli estremi del filo si può misurare la variazione di resistenza del medesimo dalla variazione che subisce la corrente.
L'apparecchio che è di grande praticità va tarato con un manometro assoluto. La sua sensibilità va da 10-1 a 10-4 mm. di Hg.
Manometro a jonizzazione. - Catodo, griglia e anodo di una valvola a tre elettrodi vengono connessi nel modo consueto con un alimentatore (fig. 25).
La corrente elettronica misurata dal milliamperometro mA può essere regolata dall'accensione del filamento.
Essendo la griglia carica negativamente, nell'ipotesi che nella valvola si abbia un vuoto molto spinto, se la griglia è bene isolata, non si deve avere nel galvanometro G alcuna corrente.
Se invece sono ancora presenti in modo apprezzabile delle molecole di gas, queste sotto il bombardamento elettronico si ionizzano e gli ioni positivi così generati dànno una corrente di griglia che il galvanometro misura e che, entro certi limiti, è tanto più forte quanto più elevata è la pressione.
Si dimostra che, entro limiti assai estesi (10-3-10-5 mm. di Hg), la pressione del gas è direttamente proporzionale al rapporto ig/ip della corrente di griglia rispetto alla corrente anodica:
Questa provetta, dovuta al Dushman, ha una grande sensibilità e con convenienti tarature abbraccia un intervallo di pressione fra 10-2 e 10-6 mm. di Hg.
Esistono anche altri manometri di uso meno frequente, fra i quali il recente Molvacuometro di Gaede che si spinge fino a pressioni di 10-7 mm. (basato sul trasporto di energia termica, cioè cinetica, dei gas); ma il loro uso è limitato dalla loro notevole delicatezza.
Le misure di pressioni inferiori a 10-6 mm. di mercurio presentano sempre notevoli difficoltà.
Complementi. - a) Velocità di aspirazione per le pompe ad alto vuoto. - Come abbiamo già detto, la velocità di una pompa varia in generale con la pressione e diventa tanto più piccola quanto più la pressione raggiunta si avvicina al vuoto limite.
Per questo, per precisare il concetto di velocità di una pompa bisogna riferirsi o a un piccolo intervallo di pressione o, se si ha a che fare con un recipiente dove la pressione si mantenga costante (di grande capacità, praticamente di volume infinito) a una pressione determinata.
Esaminiamo partitamente questi due casi.
Un recipiente di volume v viene collegato con la pompa. Nel tempo t la pressione nel recipiente si abbassa da p1 a p2 (p1 > p2). Nel tempo infinitesimo dt il volume di aria diminuisce di dv e la pressione di dp. Il processo è di carattere isotermo e il volume dv è quello che viene pompato via dal recipiente nel tempo dt.
Se si considera l'insieme del recipiente da vuotare e della pompa durante questo processo isotermo e interno al sistema gassoso in esame si può applicare la legge di Boyle e scrivere:
Ora se si definisce la velocità s della pompa come il volume d'aria aspirato con la pressione esistente al tempo t, nell'unità di tempo, sarà
e quindi:
e quindi:
che è la formula di Gaede che si usa nelle misure di velocità delle pompe quando questa velocità sia moderata.
Se questa velocità è invece molto grande, allora conviene mettere la pompa in comunicazione con un grande recipiente, o, ciò che è lo stesso, alimentare la pompa con una corrente continua in modo da mantenere alla sua bocca una pressione costante. In tal caso si può misurare direttamente il volume d'aria aspirato in un secondo.
Non sarà inutile dire che l'equazione di Gaede, così come noi l'abbiamo scritta, ha rigorosamente valore solo per le pompe ad alto vuoto per le quali si può considerare nullo il vuoto limite p. Se questo non accade, come nelle pompe rotative o in quelle a pistone, l'equazione deve essere modificata; rimandiamo per questo a trattati speciali, per esempio a quello del Dauvillier, Technique du vide, oppure all'altro di S. Dushman, High Vacuum.
b) Influsso della resistenza del conduttore sulla velocità di aspirazione. - Avendo precisato il concetto di "velocità", così essenziale nella tecnica del vuoto, sarà opportuno anche vedere da vicino quello che può essere l'influsso di una canalizzazione.
Bisogna tener conto, infatti, che una canalizzazione riduce sempre la velocità di una pompa, così che quando si definisce quest'ultima, s'intende sempre di riferirsi alla velocità misurabile alla bocca (giunto di connessione) della pompa medesima.
Come criterio generale nella pratica degli alti vuoti, si deve far sì che tutte le canalizzazioni (rubinetti compresi) siano quanto più larghe e quanto più brevi possibile, dato che, come ora vedremo, la resistenza opposta da una canalizzazione cresce proporzionalmente alla larghezza e varia in ragione inversa del cubo del raggio.
Si chiama resistenza W di una canalizzazione, attraverso una sezione della quale fluisce in un secondo una quantità Q di gas (Q essendo espresso mediante il volume di gas alla pressione uno), per una differenza di pressione ai suoi estremi uguale a p′ − p, la grandezza W data dall'equazione:
Nel campo degli alti vuoti (da 10-3 mm. di Hg in meno) si dimostra facilmente (Gaede) che per una canalizzazione ha valore la seguente semplice equazione:
dove s0 rappresenta la velocità della pompa in litri al secondo, W la resistenza della canalizzazione, e s la velocità di aspirazione a cui si è ridotta effettivamente la pompa dopo la canalizzazione.
Infine, per quanto concerne l'influenza sulla velocità di aspirazione della pressione raggiunta nel recipiente, diremo che per le pompe ad alto vuoto ha valore, con buona approssimazione, l'equazione:
dove p0 rappresenta il vuoto limite e p la pressione effettivamente raggiunta. Per le pompe a diffusione p0 è così basso (quando si usi la refrigerazione ad aria liquida per le pompe a vapori di mercurio) che si può ritenere, fino a vuoti dell'ordine di 10-5 mm. di mercurio, s0 praticamente costante.
Per le pompe molecolari p0 è, come già è stato detto, dell'ordine di 10-6 mm. di mercurio e fino a pressioni dell'ordine di 10-4 mm. di mercurio la loro velocità si può ugualmente ritenere costante.
Nella tabella seguente sono riassunti i dati essenziali (velocità, vuoto limite e limite del vuoto preliminare) delle principali pompe prese in esame.
Bibl.: L. Dunoyer, La technique du vide, Parigi 1924; A. Goets, Physik und Technik des Hochvakuums, Brunswick 1926; S. Dushman, Hochvakuumtechnik, Berlino 1926; F. H. Newman, Production and Measurement of low pressure, New York 1925; W. Gaede, in Handbuch der Experimentellen-Physik, IV, iii, Lipsia 1930; W. Espe e M. Knoll, Werkstoffkunde der Hochvakuumtechnik, Berlino 1936.
Il vuoto nella tecnica e nell'industria. - I metodi per produrre rapidamente e facilmente altissimi vuoti, sviluppati da varî fisici per scopi puramente scientifici, hanno trovato nell'industria un vastissimo campo di applicazioni, la cui importanza è andata sempre maggiormente crescendo. La prima di queste applicazioni si è avuta nella fabbricazione delle ordinarie lampade d'illuminazione a incandescenza; oggigiorno queste lampade non sono più ad alto vuoto, ma vengono riempite di un gas inerte, come l'azoto o l'argon; ciononostante la produzione del vuoto conserva in questa industria la sua importanza, poiché la lampada deve venire accuratamente vuotata prima di essere riempita con il gas inerte. Negli ordinarî tubi termoionici è necessario praticare un vuoto molto elevato, e lo stesso si dica per i tubi termoionici di grandi dimensioni usati come raddrizzatori e oscillatori nelle stazioni radiotrasmittenti, negl'impianti per raggi X e per altri scopi.
Per apprezzare l'importanza di queste industrie si consideri che nel mondo vengono prodotti annualmente circa 2500 milioni di lampade a incandescenza, e circa 400 milioni di tubi termoionici, e queste cifre sono naturalmente in rapida crescita.
I metodi adoperati nell'industria per la produzione del vuoto sono sostanzialmente gli stessi che vengono usati nei laboratorî scientifici, cosicché per la descrizione dei varî tipi di pompe, per i metodi di misura del vuoto, ecc., v. sopra. Meritano qui però una speciale menzione alcuni processi destinati a migliorare il vuoto ottenuto precedentemente mediante pompe, processi che non hanno attualmente una grande importanza nella ricerca scientifica, ma sono ancora usatissimi nell'industria.
Processi ad assorbimento e a scarica elettrica. - L'assorbimento dei gas e dei vapori è stato utilmente impiegato per la produzione del vuoto, soprattutto allo scopo di migliorare i risultati ottenuti con altri processi. I crescenti successi delle pompe molecolari e a diffusione ne hanno per altro diminuito notevolmente l'importanza pratica e quindi l'uso. Molte sostanze possono essere adoperate, ma per la tecnica del vuoto più interessante di tutte è il carbone ottenuto dalla noce di cocco: dalla scorza (Dewar 1875) o meglio dalla parte molle, che ha una maggiore capacità di assorbimento. Le caratteristiche chimico-fisiche del carbone rispetto all'assorbimento dei gas sono ormai note; come pure noto è il comportamento delle varie specie di carbone rispetto ai diversi cicli di attivazione, cui si devono sottoporre per esaltare l'una o l'altra sua proprietà. Queste infatti variano a seconda del trattamento subito dal materiale durante la sua preparazione e anteriormente al suo impiego. Tuttavia è possibile ottenere mediante speciali tecniche di attivazione la medesima capacità di assorbimento da sostanze carbonizzate a temperature diverse. Il carbone alla temperatura dell'aria liquida elimina ogni traccia di gas residuo e permette di raggiungere rarefazioni di 2 × 10-7 mm. e anche di 5 × 10-8 millimetri.
Alle basse pressioni e alle basse temperature si può calcolare il volume di gas, che assorbe un grammo di carbone mediante l'equazione V = Kp1n (K ed n essendo costanti empiriche), la quale rappresenta bene i risultati sperimentali (Claude 1914). Alle bassissime pressioni il valore di n tende all'unità (Dushman 1921), cioè il volume assorbito è proporzionale alla pressione ed è K = 1,8 × 106 per l'azoto a −183°; K = 1,32 × 104 per l'idrogeno a −195°. La pressione limite di equilibrio, cioè praticamente la pressione del gas non assorbito, si calcola con l'espressione p = Vp0 (V + K)-1, dove V è il volume in cmc. del recipiente da vuotare e p0 la pressione in barie, che regna nel recipiente prima che s'inizi l'assorbimento da parte del carbone. In un litro di azoto alla pressione iniziale di una baria un grammo di carbone abbassa la pressione fino a 0,6 × 10-3 barie.
Si definisce (Briggs) retentività di una sostanza il rapporto tra il peso in grammi di gas assorbito da un grammo della sostanza e la pressione in mm. alla quale il gas è assorbito. Anche a mezzo della retentività si può calcolare il vuoto prodotto con l'espressione:
essendo σ la retentività, A il peso in grammi della sostanza assorbente, T la temperatura assoluta iniziale del gas, V il volume in litri del recipiente, W il peso in grammi per litro, a 0° C e 760 mm., del gas, P la pressione in mm. del gas all'inizio dell'assorbimento e p la pressione limite ottenibile. Per l'aria è f = 2,16 σATV-1.
Anche i metalli hanno la proprietà di assorbire i gas; ma per la tecnica del vuoto hanno interesse solo il palladio, gli elementi del gruppo alcalino-terroso e del gruppo delle terre rare. Alcune specie di nero di palladio posseggono alle basse temperature un potere assorbente per l'idrogeno notevolmente superiore a quello del carbone di cocco; ma tale proprietà non è costante e può accadere di trovare qualità di nero di palladio che non posseggono alcun potere assorbente per nessun gas. Il nero di platino assorbe a o° circa 160 volumi d'idrogeno; il nichelio a 25° assorbe 50 cmc. di H per ogni cmc. di metallo; i granuli di rame a 200° assorbono considerevoli volumi di azoto, d'idrogeno e ossido di carbonio.
Come i metalli alcalino-terrosi si comportano il cerio, il torio, lo zirconio in polvere quando sono riscaldati fino all'incandescenza; si ottengono vuoti così perfetti che non si riesce a produrre alcun fenomeno di ionizzazione sotto l'azione di una corrente elettronica.
Filamento incandescente. - In presenza di un metallo incandescente molti gas subiscono svariate azioni chimiche e fisiche, le quali equivalgono a un energico assorbimento da parte del metallo. Non è perfettamente nota la natura di quelle azioni; ma i risultati pratici ottenuti sono veramente interessanti.
Il processo ha grande interesse nella costruzione delle valvole ioniche per le radio-comunicazioni ed in genere di tutti gli apparecchi di ionizzazione.
Scarica elettrica. - La scarica attraverso un gas a bassa pressione produce la sparizione progressiva del gas. Il fenomeno da molto tempo è noto e impiegato per la regolazione della durezza dei tubi a raggi X. La diminuzione di pressione, che si può ottenere è considerevole; in una lampada da 100 candele a 120 V, riempita d'aria a un micron di pressione, si ottiene dopo pochi minuti una pressione di circa 10-2 micron. La diminuzione di pressione si può accelerare e accrescere con l'impiego di piccole quantità di fosforo, come indicò Malignani (1894). Analoghi risultati si ottengono con lo zolfo, iodio, arsenico.