KARADŽIĆ, Vuk Stefanović
Scrittore serbo, nato il 26 ottobre 1787 a Tršić da famiglia di contadini oriundi dell'Erzegovina, morto a Vienna il 26 gennaio 1864. Con l'aiuto di un parente imparò presto a leggere e scrivere (servendosi, per le scritture, di polvere pirica annacquata). Frequentò poi per qualche tempo una scuola a Loznica e il monastero di Tronoša, ove però i frati preferivano adibirlo alla custodia delle capre. Continuò perciò a istruirsi da solo, e a 15 anni era già conosciuto e onorato nella regione per la sua rara cultura (sapeva leggere qualsiasi libro o lettera, indicare la provenienza e la data delle monete, conosceva bene il calendario, ecc.). Nel 1804, in seguito alle lotte fra i Turchi della Bosnia e i partigiani di Karagjorgje, il villaggio di Tršić fu distrutto, e il padre, caduto in miseria, permise al figliolo di recarsi a Karlovci, nel Sirmio, per continuarvi gli studî. Nel 1807 ritornò ín Serbia, vi divenne (1809) scrivano presso il Sovet, e poi, dopo una lunga interruzione dovuta a grave malattia, maestro a Belgrado (1810) e impiegato (1811-13) senza residenza fissa. Nel 1813, dopo la disfatta della Serbia, passò in Austria, e a Vienna conobbe lo slavista Kopitar (v.), che subito ne intuì le doti eccezionali e determinò l'indirizzo dei suoi studî e di tutta la sua attività. Alla quale egli si dedicò con tenacia ammirevole, con lucida intelligenza e grande sicurezza di sé e della propria missione. Tutto ciò, per cinquant'anni ininterrottamente, in condizioni economiche disagevoli sino al 1844 (pur avendo ottenuto anche prima sussidî dalla Russia, dalla Serbia e da altre parti) e non troppo floride dopo questa data (quando il principe Mihailo Obrenović gli concesse un sussidio annuo di 600 talleri). K. trascorse buona parte della sua vita a Vienna - viennese era sua moglie e nella capitale austriaca fu educata sua figlia Mina che tradusse in tedesco i racconti popolari di K. - ma non vi ebbe dimora veramente stabile. Un po' per la sua naturale irrequietezza, un po' per il bisogno di mettersi a contatto con studiosi russi e tedeschi e di conservare i rapporti con la Serbia, e, soprattutto, per raccogliere materiale linguistico e folkloristico, egli viaggiò quasi continuamente, nonostante le non buone condizioni della sua salute. Nel 1819 è in Russia e vi conosce gli scrittori Karamzin, Žukovskij e il mecenate Rumjancev; negli anni 1823 e 1824 soggiorna in Germania, ottiene a Jena la laurea in filosofia, ed è accolto con simpatia e curiosità da Vater, Jakob Grimm, Goethe e altri; tra il 1820 e il 1822 dimora in Serbia a due riprese, con la speranza, risultata vana per l'invidia e la gelosia che vi destava la sua cultura, di ottenervi un posto d'istruttore del principe Miloš; e in Serbia ritorna ancora ripetutamente tra il 1827 e il 1831, e, in missione speciale presso il principe Michele, tra il 1859 e il 1861; numerosi sono infine i suoi viaggi nel Banato, in Dalmazia e nel Montenegro (1834-35); in Croazia e in Slavonia (1837-38).
Sotto l'influenza dell'ideologia illuministico-romantica, trasmessagli da Kopitar, K. è stato, sin dagl'inizî della sua attività, compenetrato della necessità della creazione di una civiltà serba veramente nazionale, che fosse basata sul patrimonio culturale del popolo stesso ed espressa, anche nelle opere letterarie, nella lingua parlata, popolare. Prescindendo dalle sue indagini di ordine teorico, tutte le sue opere sono prodotte dal popolo stesso e restituite da lui al popolo in forma selezionata e sistematica. K. è stato inoltre il primo che abbia dato all'Occidente (soprattutto alla Germania romantica) notizie ampiamente documentate dei grandi tesori della letteratura popolare serba (e croata), mettendo così a contatto le civiltà progredite con un'interessante civiltà primitiva di tipo patriarcale.
Grandi sono l'organicità e la compattezza di tutta l'attività di K.; tuttavia non è difficile distinguervi alcune categorie diverse. La prima abbraccia quelle opere con le quali K. ha fissato l'aspetto ortografico, grammaticale e lessicale della lingua serba: Pismenica serbskoga iezika (Vienna 1814; ed. ted. ampliata: Wuk's Stefanovitsch, Kleine Serbische Grammatik, mit einer Vorrede von Jakob Grimm, Lipsia e Berlino 1824); Srpski rječnik; Lexicon Serbico-Germanico-Latinum, Vienna 1818 (importante è la 2ª ediz. del 1852); da rilevare in oltre, fra i numerosi saggi linguistici, il primo abbozzo di una grammatica bulgara contenuto in Dodatak k Sanktpeterburgskim sravnitelinim rječnicima sviju jezika i narječja, s osobitim ogledima bulgarskog jezika (Aggiunta ai dizionarî comparativi pietroburghesi di tutte le lingue e dialetti, con esempî speciali della lingua bulgara), Vienna 1822. Non meno importanti sono le sue raccolte di canti popolari. Ne pubblicò una prima già nel 1815 (Narodna srpska pjesnarica); nel 1823 seguirono altri tre volumi (Narodne srpske pjesme, Lipsia) e un quarto nel 1833 (stampato a Vienna). Servono di complemento a questi canti popolari le raccolte di racconti (Narodne srpske pripovijetke, Vienna 1821) e proverbî popolari (Narodne srpske poslovice, Cettigne 1836). Un posto a sé occupano nell'opera di K. l'importantissima traduzione del Nuovo Testamento (Vienna 1847) e gli scritti geografici e storici sulla Serbia e il Montenegro (Montenegro und die Montenegriner, Stoccarda 1837).
Le innovazioni ortografiche, grammaticali e in genere la concezione che egli aveva della lingua letteraria serba incontrarono per alcuni decennî un'accanita opposizione e resistenza da parte dei sostenitori dell'antico slavo-serbo. Fra questi, per il carattere tradizionale-chiesastico di questo tipo di lingua letteraria lontano dalla lingua parlata, primeggiava il clero ortodosso. Ma la bontà dei criterî da lui seguiti, la sua tenace perseveranza nella via tracciatagli da Kopitar, l'autorità di cui egli godé presso gli studiosi tedeschi, l'adesione alle sue idee da parte dei giovani (il poeta Radičević, il linguista Daničić e altri) e infine la concomitanza presso i Croati di un movimento analogo, l'illirismo (v.), che condusse nel 1850 all'importante convegno a Vienna tra Croati, Serbi e lo slavista Mikločić, procurarono la vittoria completa al programma realizzato nelle sue opere. L'ultimo ostacolo cadde quattro anni dopo la sua morte, quando la sua ortografia divenne ufficiale anche in Serbia. L'attività del K. è quindi parte integrante della storia della lingua e della letteratura dei Serbi (e in parte anche dei Croati): v. Serbocroata, lingua; Serbocroata, letteratura.
Ediz.: Delle opere di V. K. esiste un'edizione statale" (Državno izdanje) che consta sinora di 23 volumi, di cui i primi nove contengono i "Canti popolari (Belgrado 1891-1902), due voll. i "Racconti" e i "Proverbî" (1897, 1900). tre voll. gli scritti grammaticali e polemici (1894-1896), un vol. il dizionario (1898), un vol. i "Materiali per la storia serba contemporanea" (Gradja za srpsku istoriju našega vremena, 1898), e sette volumi la corrispondenza (1907-1913).
Bibl.: Lj. Stojanovitć, Život i rad S. K. (Vita e opere di V. S. K.), Belgrado 1924 (fondamentale, e per la parte biografica esauriente); A. Belič, O Vukovim pogledima na srpske dijalekte i književni jezik (Intorno alla concezione che V. aveva dei dialetti e della lingua letteraria serba), in Glas (Atti) dell'Acc. Serba di Belgrado, LXXXII (1910); P. Kulakovskij, V. K., ego dejatel'nost' i značenie v russkoj literature (V. K., la sua opera e la sua importanza per la letteratura serba), 1882; A. Belič, V. S. K. in Srpski književni glasnik (Il messaggero lett. serbo), aprile-maggio 1923.