VOTIACHI
I Votiachi appartenenti, assieme ai Permi e Sirieni, al gruppo ugro-finnico, contano circa 600.000 persone e sono stanziati alle sorgenti del Kama, nelle regioni di Kirov (Vjatka) e di Kazan′, dove avevano costituito nel sec. XIV un principato autonomo. Hanno subito l'influenza dei vicini Tatari e dal sec. XV in poi quello della Grande Russia, ma sotto l'aspetto economico sono rimasti intimamente collegati alle condizioni proprie al loro ambiente. Negl'immensi boschi della regione, gli uomini si dedicano d'inverno alla caccia; i villaggi sorgono nelle radure, accanto ai fiumi e ai piccoli laghi, dove vien esercitata la pesca con reti, nasse e siepi, con le quali sbarrano i fiumi durante i passi estivi. Inoltre i Votiachi sono giudicati i più diligenti agricoltori della regione. Abbattendo alberi e bruciando, strappano alla foresta sempre nuovi appezzamenti di terreno. Nelle radure così ottenute fanno crescere prima l'erba, scassano quindi il terreno con la zappa, poi lo lavorano con l'aratro a chiodo e con un semplice erpice fatto di frasche di rami spezzati e cespuglî. Corteccia di tiglio vien usata per preparare semplici sandali intrecciati, zaini e recipienti a forma di scatola. Tutti i contadini sanno erigere da loro la casa di travi; gli antichi villaggi agglomerati, che erano venuti formandosi intorno alle fattorie delle grandi famiglie patriarcali, sono stati sostituiti, per ordine governativo, da villaggi a pianta geometrica; gli edifici debbono disporsi intorno ad un cortile a forma di quadrato regolare, chiuso sul fronte da un portone. La casa d'abitazione ha la facciata dal lato della strada ed è completata da magazzini, dove vanno a dormire le giovani coppie, che sotto la guida di un amministratore vivono nella fattoria in comunità di lavoro e di vita. Secondo la tradizione erede della casa era generalmente il figlio minore, mentre il rimanente veniva diviso tra fratelli.
La casa principale è generalmente tripartita, ha un ingresso non scaldato e due camere laterali, sotto a essa un basso scantinato. Una sola delle camere è adibita a soggiorno. I genitori hanno una panca con speciali supporti per il capo. La culla vien appesa con funi. La cucina viene fatta in una capanna isolata; su una panca angolare si trovano ancora gli arredi dell'antico culto pagano degli antenati. Anche il bagno a vapore perpetua antichissimi usi locali.
L'abbigliamento maschile è assai simile al russo; in luogo delle antiche scarpe in scorza d'albero e delle calze cucite, dei calzoni alla turea, si usano oggi stivali e calzoni corti alla russa. Anche le donne portavano già calzoni sbuffanti all'uso tataro. Caratteristiche forme d'arte popolare e casalinga sono i camici, di lino o di canapa rigati o quadrettati, dall'orlo e dalle maniche ornate di ricami e i grembiuli festivi tessuti o ricamati, dai ricchi motivi. Testa e collo sono ornati di monili in monete. Il copricapo è fissato da un rituale regolato sull'età: le fanciulle portano un fazzoletto bianco nei giorni feriali, nei festivi un berretto; le giovani spose stringono sui capelli intrecciati una fascia di lino bianco; le donne più attempate adoperano una fascia rossa; sulla fascia s'innalza una specie di alta cuffia simile a quelle portate in occidente durante il Medioevo. L'alimentazione, i piaceri, i sistemi di vita, il lavoro domestico e l'attività svolta nel villaggio sono affini a quelli dei Russi. La vita sociale e i rapporti dei giovani sono molto liberi: durante l'inverno si riuniscono la nelle stanze della filatura, ecc.; ai balli, secondo l'uso locale, parte cipano solo fanciulle e donne, al suono di violini russi e di strumenti sul sul tipo dei cembali. Il cristianesimo si è sostituito solo apparentemente al paganesimo, agli antichi sacrifici cruenti, alle divinità della terra, del bosco, delle acque o del cielo. Al culto degli avi sono dedicati speciali capanne delle comunità familiari o rurali; si hanno inoltre sacri boschi, recinti da cancelli con porte; i sacerdoti vengono nominati da maghi, il cui ufficio è ereditario; alcuni individui sono anche considerati come stregoni maligni.
Numerose celebrazioni nel corso dell'anno coincidono con le festività cristiane, ma si ricollegano ad antiche tradizioni indoeuropee riferentisi alla semina e al raccolto, all'invocazione della pioggia in primavera, richiesta con riti e offerte compiute alla prima aratura, ai riti commemorativi per i defunti a primavera (Pasqua) e in autunno e ad altri usi che segnano le tappe della vita. La tradizione orale è cospicua: fiabe, leggende a fondo storico, indovinelli e proverbî, brevi liriche e canti, specie in occasione delle nozze, sono ancor oggi un passatempo prediletto e consueto di tipo popolare.
Lingua. - Il votiaco appartiene al gruppo permiano della famiglia linguistica ugro-finnica. Di fronte al sirieno il votiaco ha le seguenti peculiarità: l'accento cade sempre sull'ultima sillaba, il votiaco conserva le vocali -i ed -ï finali che cadono nel Sirieno, per es., bubîli "farfalla", sir. bobul; la *r iniziale ugrofinnica, che rimane anche in sirieno, dà ḍž, ḍź in votiaco, per es., dźiči "volpe", cfr. sir. ruč. Nel votiaco sono molto frequenti i composti di due termini diversi che riuniti dànno un concetto più generale e unico, p. es., im-nir propriamente "bocca-naso" = "viso"; nil-pi "ragazza, ragazzo" = "bambini, figliuoli". Il lessico contiene molti elementi di origine turca, parecchi dei quali risalgono all'antico ciuvasso (bulgaro-turco). Non manca neppure qualche elemento iranico; ma tutti questi elementi più antichi sono entrati già in epoca protopermica.
La più antica grammatica votiaca, di autore ignoto, fu pubblicata già nel 1775 a Pietroburgo.
Bibl.: M. Buch, Die Wotjaken, in Acta societatis scientiarum Fennicae, Helsingors 1882; A. Byhan, in G. Buschans illustrierte Völkerkunde, II, ii, Stoccarda 1926, p. 946 segg.; F. J. Wiedemann, Grammatik d. wotjakischen Sprache nebst einem kleinen wotjakisch-deutschen u. deutsch-wotjakischen Wörterbuche, Reval 1851; P. D. Gorochov, Ucebnik. Udmurt. jazyka (Manuale d. lingua vot.), Iževsk 1929; B. Munkácsi, A votják nyelv szótára (Dizion. di lingua vot.), Budapest 1896; J. Wichmann, Zur Geschichte des Vokalismus der esten Silbe im Wotjakischen mit Rücksicht auf das Syriänische, Helsingfors 1897; Wotjakische Chrestomathie mit Glossar, ivi 1901; K. Medveczky, A votják nyelv szóképzése (La formazione delle parole della lingua vot.), in Nyelvtud. Közlemények, XLI (1911-1912). Sugli elementi stranieri nel lessico, cfr. H. Paasonen, Votják-török szóegyeztetések (Concordanze lessicali votiaco-turche), in Nyelvtud. Közlemények, XXXII (1902); L. Wichmann, Die tschuwassischen Lehnworte in den permischen Sprachen, Helsingfors 1903.
La provincia dei Votiachi.
La provincia autonoma dei Votiachi (A. T., 66-67) o meglio degli Udmurti, creata nel 1920, è una delle tante divisioni politico-amministrative dell'U. R. S. S.
È situata fra i bacini della Kama e della Vjatka, in territorio pianeggiante, per la maggior parte coperto di podsol o terra bianca, quindi di scarsa fertilità. Confina a oriente con la provincia di Sverdlovsk, a sud con la repubblica autonoma dei Tatari del Volga; già inclusa nella Regione di Gor′kij è stata assegnata alla Regione di Kirov (Vjatka) nel 1935. La superficie della provincia è di 32.100 kmq. Il clima presenta carattere continentale con inverni lunghi e rigidissimi, ed estati brevi, ma piuttosto calde. La configurazione del terreno favorisce il formarsi di paludi ed acquitrini. La vegetazione è prevalentemente costituita di conifere e cioè di abeti, i quali occupano il 66% delle foreste, e di pini; in quantità minore di quercie, betulle, ontani, ecc. La popolazione, che ammonta a 868.400 ab. (1934) è composta per il 52,3% di Votiachi e per il 43,4% di Russi. Assai antica è la colonizzazione slava, la quale risale al sec. XII, e il paese degli Udmurti, dopo essere stato a lungo soggetto alla repubblica di Novgorod la Grande, fu conquistato dai principi moscoviti a partire nel sec. XV. Principale risorsa economica della provincia sono le coltivazioni di segale ed orzo, del lino e delle patate; ma il prodotto è insufficiente al consumo locale e perciò gli abitanti si occupano sempre più dell'utilizzazione dei prodotti forestali. Tuttavia mancano buone vie di comunicazione per raggiungere i lontani mercati, e scarsi sono gli operai specializzati. Le riserve minerali più notevoli sono il ferro, il rame, le sabbie quarzifere, i calcari, le argille fittili ed abbondanti depositi di liquidi, che permetteranno un largo rifornimento di combustibile per il funzionamento di centrali termoelettriche. Le industrie hanno per lo più carattere domestico ed i prodotti servono al consumo locale. Nel NE. vi sono alcune fonderie, vetrerie, ceramiche e segherie. Scarse le vie ordinarie. Le migliori vie di comunicazione sono la ferrovia Perm-Kirov e la Kazan′-Sverdlovsk, con diramazione per Iževsk (122.000 abitanti), capoluogo amministrativo della provincia, situato sulle rive dell'Iš, affluente della Kama. Altri centri di una certa importanza sono Možga (15.000 abitanti) e Glazov (11.000 abitanti).