voltare
Compare solo nella Commedia e nel Detto, quasi sempre in accezioni che danno rilevanza al suo valore di intensivo (cfr. anche VOLGERE).
In tre casi ricorre con riferimento alla pena degli avari e dei prodighi, costretti a " far rotolare " un masso spingendolo con il petto: If VII 27 Qui vid' i' gente... / voltando pesi per forza di poppa (il gerundio ha funzione di participio); e così al v. 29 e in Pg XXII 42 (dov'è usato assolutamente).
Con l'accezione di " rivoltare " compare a proposito di un violento turbine di vento o delle acque di un fiume in piena che spingono corpi facendoli ruotare in ogni direzione: If V 33 La bufera infernal... / mena li spirti con la sua rapina; / voltando e percotendo li molesta; in Pg V 128 Bonconte parla del fiume (e si discute se sia l'Archiano o l'Arno [cfr. Porena]) che voltòmmi per le ripe e per lo fondo, / poi di sua preda mi coperse e cinse.
Le due occorrenze del Detto presentano un particolare interesse sia perché cadono in rima equivoca sia per l'eccezionalità del loro valore: Tanto son ben voltati / che ‛ mie ' pensier voltati / hanno ver lei (vv. 179-180); ad esser ben voltati, cioè ad " aver una bella forma arcuata " sono la fronte e le ciglia della donna, ed è questa bellezza ad " aver rivolto ", " indirizzato " il pensiero dell'amante verso di lei; e si noti un analogo uso in Cino Novelle non di veritate 9 " a me, lasso, il tuo pensier non volte ".