TRAVAGLINI, Volrico
TRAVAGLINI, Volrico. – Nacque a Sesto al Reghena (Pordenone) il 18 febbraio 1894 da Arturo e da Maria De Portis.
Nel 1915, scesa in guerra l’Italia accanto alla Triplice Intesa, al pari di tanti giovani che vedevano nel conflitto l’occasione per portare a termine il Risorgimento sconfiggendo definitivamente l’«odiata» Austria, decise di arruolarsi. Dapprima come artigliere e, successivamente, come aviatore, si distinse per abnegazione e coraggio. Come tanti, era convinto che si sarebbe trattato di una guerra lampo e con poco spargimento di sangue, ma il conflitto si protrasse a lungo diventando una guerra totale che coinvolse anche la popolazione civile. Nel 1918 un grave incidente di volo lo costrinse ad abbandonare il servizio militare.
Decise così di riprendere gli studi frequentando le scuole di ingegneria di Padova, in un primo momento, e poi di Roma. Nella capitale si iscrisse nel 1920 all’Istituto superiore di scienze economiche e commerciali e nel 1922 conseguì la laurea trattando Le applicazioni della matematica all’economia politica, relatore Enrico Barone – esponente del marginalismo, collaboratore del Giornale degli economisti, seguace e sodale di Vilfredo Pareto –, con il quale resterà sempre in rapporto. Fu Barone stesso, avendo notato le sue qualità scientifiche, ad accettarlo, nell’anno accademico 1922-23, quale assistente volontario.
Nel 1924 Travaglini si trasferì a Napoli, e fino al 1927 fu assistente ordinario alla cattedra di Luigi Amoroso, anch’egli esponente prestigioso del marginalismo impegnato in quegli anni a superare i limiti del modello economico generale aprendolo alle leggi dinamiche del sistema economico: ad Amoroso, più tardi (1967), Travaglini dedicherà un lavoro scritto in collaborazione con Mauro Picone.
Dal 1927 al 1933 fu professore supplente di economia politica nella facoltà di giurisprudenza dell’Università di Perugia. Contemporaneamente insegnò statistica e demografia nell’Università di Camerino e grazie a due borse di studio della Rockfeller Foundation fece alcune esperienze presso le università di Chicago, della Columbia, di Harvard e la London School of economics. Nel 1933 diede alle stampe a Padova un lavoro incentrato sull’andamento demografico nazionale: La popolazione italiana nel secolo anteriore all’unificazione del Regno. Proprio in quell’anno, avendo conseguito nel 1930 la libera docenza ed essendo arrivato secondo, dietro Bruno Foà, al concorso di economia politica bandito a Catania, venne chiamato, quale straordinario, a insegnare economia generale e corporativa presso il Regio Istituto superiore di scienze economiche e commerciali della città etnea.
Erano gli anni in cui in quasi tutte le università italiane, nei vari ordinamenti degli studi, venivano introdotti gli insegnamenti di economia corporativa, di dottrina dello Stato corporativo e di diritto corporativo al fine di analizzare e meglio comprendere il nuovo sistema economico corporativo introdotto dal regime fascista. Le università venivano chiamate dal potere politico a elaborare una cultura sul modello corporativista, ad analizzare il sistema capitalistico e a dimostrare il funzionamento del nuovo ordinamento. L’insegnamento di economia politica non esisteva più in quanto tale, poiché si fregiava ora di un nuova denominazione, diventando economia corporativa, così da avallare l’idea che economia politica e corporativismo coincidessero.
Nell’anno accademico 1934-35 ottenne l’incarico di economia politica corporativa presso la facoltà di giurisprudenza di Catania. Nell’anno successivo (1935-36), in seguito alla trasformazione del Regio Istituto superiore in facoltà di economia e commercio, divenne preside e insegnò politica economica e corporativa. Al pari di Amoroso, riteneva che l’economia corporativa non fosse la negazione dell’economia classica e del principio dell’utile individuale, ma rappresentasse la valorizzazione dell’iniziativa privata nel contesto generale perseguito dallo Stato (L. Amoroso, L’etica dell’economia corporativa, Bologna 1932). Al contrario, però, di altri suoi colleghi che pubblicarono dei testi di economia corporativa – ad esempio Costantino Bresciani-Turroni, Guglielmo Masci, Giuseppe Palomba, Giuseppe Ugo Papi (Li Donni - Travagliante, 2016, pp. 89-94), Travaglini non scrisse alcun lavoro dedicato al corporativismo. Finiti gli anni dello straordinariato presso l’Università di Catania, nonostante avesse ottenuto la carica di preside e nonostante colleghi e studenti gli riconoscessero il merito di aver fatto circolare in Sicilia, attraverso le sue Lezioni di economia pura (Napoli 1928) e i suoi seminari, le idee di Barone, Amoroso, Pareto, Léon Walras, chiese e ottenne nel 1936 il trasferimento a Perugia.
Il 5 giugno 1935 tenne una lettura sulla diffusione del termine capitalismo presso l’Università di Oxford, per invito dell’Anglo Italian Society e dell’Italian Club il cui testo, modificato e sensibilmente accresciuto, nel 1937 venne dato alle stampe a Padova con il titolo Il concetto di capitalismo (p. 5 nota 1), unanimemente considerato uno dei suoi lavori più significativi, poiché pur restando fedele ai suoi maestri – Barone e Amoroso – tentò di temperare l’originario indirizzo matematico e di utilizzare tale termine nell’accezione positiva di economia moderna e contemporanea. Partendo dalla constatazione che la voce capitalismo, e le sue più o meno corrispondenti espressioni – sistema capitalistico, ordine capitalistico, società capitalistica, età capitalistica – aveva condotto «a una certa confusione di idee nell’argomentare sopra alcuni dibattuti problemi economico-sociali» (p. 5), Travaglini sosteneva che era necessaria una rettificazione e correzione e una più rigorosa impostazione metodologica nello studio dei processi storici. Nel saggio prendeva le distanze sia da Karl Marx e Friedrich Engels per la loro visione della storia come storia di lotta di classe e per il loro «pseudo storicismo», tutto incentrato sullo sfruttamento dell’operaio (pp. 10 s.), sia da Max Weber per la sua teoria sullo spirito calvinista come fattore ‘animatore’ del capitalismo. Illusoria, per Travaglini, anche la dottrina della scuola di Manchester secondo cui esisteva una superiore armonia tra interesse individuale e interesse collettivo (pp. 47-49), così come era discutibile l’idea di Werner Sombart che faceva coincidere la nascita del capitalismo con la Rivoluzione francese e la rivoluzione industriale. Alla connessione stabilita dall’economista e sociologo tedesco tra la nascita del capitalismo e l’inizio dell’accumulazione del capitale collegata alla formazione della proprietà immobiliare urbana e suburbana e la conseguente formazione della rendita, contrapponeva la concezione di Gioacchino Volpe che attribuiva a un complesso di eventi l’origine del capitalismo (pp. 29-31). Anche John Maynard Keynes, pur non occupandosi specificamente della teoria del capitale, secondo Travaglini era riuscito a fornire un suo contributo interessandosi nella sua General theory del ciclo economico e dei suoi aspetti monetari e stabilendo una connessione tra la teoria del capitale e la teoria del ciclo economico (pp. 22 s.). Pur non essendo possibile eliminare le espressioni capitalismo medievale, moderno, contemporaneo, Travaglini invitava gli storici a modificarle con voci più appropriate come economia medievale, moderna, contemporanea che meglio facevano intendere la continuità e la varietà del corso storico (pp. 55-58).
Nel 1939 si trasferì a Genova e presso la locale Università ebbe per molti anni la titolarità della cattedra di politica economica e finanziaria che era stata di Attilio Cabiati, e per il solo triennio 1952-55 quella di economia politica.
Nel 1945, con il beneplacito della Camera di commercio di Genova, fondò l’Istituto di economia internazionale, che diresse fino al 1956. Del comitato fondatore facevano parte economisti di un certo calibro quali Luigi Amoroso, Luigi Einaudi, liberista convinto, e anche Costantino Bresciani-Turroni, Epicarmo Corbino, Gustavo Del Vecchio, Mauro Fasiani, Pasquale Jannaccone, Orlando D’Alauro, Francesco Manzitti, Bruno Minoletti. Il 4 novembre 1946 fu tenuta l’inaugurazione ufficiale, alla presenza del primo presidente della Repubblica Enrico De Nicola e, in quell’occasione, direttore e vicedirettore dell’Istituto furono designati, rispettivamente, Volrico Travaglini e Orlando D’Alauro. All’Istituto dedicò molte delle sue energie, scegliendo personalmente, insieme a D’Alauro, i temi di dibattito e di ricerca con criteri squisitamente scientifici. Si trattava, secondo gli intenti di Travaglini, di un istituto di ricerca scientifica volto a diffondere la cultura dell’internazionalizzazione in un Paese ripiegato su se stesso. Dopo «le tormentate condizioni politiche economiche e sociali» (Il concetto di capitalismo, cit., p. 5) degli anni Trenta-Quaranta, dovute all’autarchia, alla guerra, e dopo «il disorientamento contemporaneo» (p. 6) occorreva far ripartire il Paese riprendendo e intensificando gli scambi internazionali. Merito di Travaglini e di D’Alauro fu quello di dare vita non a un istituto che domandasse al governo agevolazioni fiscali o finanziamenti agevolati a favore degli esportatori, quanto a un istituto volto a promuovere la circolazione delle idee scientifiche, delle conoscenze teoriche e pratiche e, soprattutto, la cultura della liberalizzazione.
Al tempo stesso si impegnò, ancora con D’Alauro, per la fondazione di una nuova rivista, Economia internazionale – il cui primo numero uscì nel gennaio del 1948 – destinata a pubblicare i risultati delle ricerche svolte nell’Istituto, ma anche a ospitare contributi esterni purché di grande pregnanza e di alto valore scientifico. A parere di Travaglini la rivista, scritta prevalentemente in inglese e in francese, doveva divenire uno strumento di circolazione delle idee scientifiche e dei modelli di analisi più rigorosi nel campo dell’economia politica, ma anche un velivolo di diffusione della cultura della liberalizzazione e di una politica economica liberista senza pastoie e vincoli statali.
I temi dei primi numeri, alcuni dei quali particolarmente cari a Travaglini, spaziavano dalla teoria del moltiplicatore delle esportazioni alla concorrenza monopolistica, dalla legge dei costi comparati alla teoria socialista degli scambi internazionali, dalla meccanica economica ai meccanismi decisionali degli agenti, dalla velocità di circolazione della moneta alla teoria matematica dell’impresa, dalle crisi economiche all’equilibrio generale e alle leggi dinamiche del sistema economico.
Travaglini stesso vi pubblicò Della ricostruzione e della stabilità dell’equilibrio economico internazionale (1948), Alcune considerazioni sulla “liberazione degli scambi” e sul progettato “raggruppamento regionale” (1949) e Trade and production in the transition period (1953). Pur essendo a favore del liberismo economico, Travaglini non nascondeva i problemi per i Paesi con alti livelli di disoccupazione e sottolineava la differenza esistente tra la disoccupazione strutturale e quella ‘meramente’ congiunturale: «è evidente – scriveva – altresì che per i Paesi con una forte disoccupazione e senza l’immediata possibilità di un decisivo suo assorbimento», il problema della liberazione degli scambi «non può non essere un problema economicamente, socialmente e politicamente più serio e più difficile di quel che sia per i Paesi senza disoccupazione, o con disoccupazione meramente congiunturale» (Alcune considerazioni sulla “liberazione degli scambi” e sul progettato “raggruppamento regionale”, cit., pp. 909, 925).
Travaglini fu tra i promotori di tre convegni, organizzati a poca distanza l’uno dall’altro, che videro la partecipazione di numerosi studiosi italiani e stranieri (D’Alauro, 1979). Il primo, svoltosi nel settembre del 1948, ebbe per tema Lo sviluppo degli scambi internazionali; il secondo, del giugno 1950, trattò del Turismo dei lavoratori e vi parteciparono uomini di governo, sindacalisti, rappresentanti delle varie attività produttive e studiosi italiani ed esteri. Degno di nota fu il convegno internazionale del 1952 Per lo studio dei problemi economici della Federazione europea, fortemente voluto da Travaglini, esponente convinto del Movimento federalista europeo (Genova, Archivio Manzitti, lettera di Travaglini a Francesco Manzitti, 4 febbraio 1952), promosso dall’Istituto di economia internazionale congiuntamente all’Istituto per gli studi di economia di Milano. Liberista convinto riteneva che «una politica di deflazione, una politica di svalutazione, una politica di rafforzamento protettivo, una non accorta politica di sussidi all’esportazione e, peggio, una politica di contingentamenti e una politica di controllo dei cambi», creavano «nuove condizioni generali, nuovi bisogni, nuove attività, nuovi interessi, lasciando un solco profondo nell’economia nazionale [...] tutte queste politiche, verso le quali il governo può essere peraltro fatalmente sospinto nel cercar di correggere lo squilibrio della bilancia dei pagamenti, sono o possono essere (specialmente quando il sistema economico sia molto rigido) in netto contrasto con lo sviluppo dell’economia nazionale» (lettera di Travaglini a Francesco Manzitti, cit.). Il liberalismo, come aveva già sostenuto nel saggio Il concetto di capitalismo (cit., pp. 50-58), era contrario al marxismo, ma non doveva confondersi con l’individualismo esasperato dei manchesteriani e doveva tenere sempre presente che dietro gli atti e gli istituti economici vi era «l’uomo, nella sua esplicita o implicita interezza, e non nella sua irreale e troppo comoda espressione di homo oeconomicus» (p. 58).
Nel 1950, con Pasquale Iannaccone, Gustavo Del Vecchio, Giovanni Demaria e Giuseppe Ugo Papi, fu tra i promotori della Società italiana degli economisti, di cui fu presidente dal 1961 al 1964 e dal 1971 al 1973.
Nel 1956 divenne titolare di economia politica nella facoltà di economia e commercio dell’Università di Roma, cattedra che mantenne fino al 1969, quando andò in quiescenza ma ottenne l’emeritato.
Fu socio dell’Accademia dei Lincei e dell’Accademia ligure di scienze e lettere.
L’8 agosto 1985 morì a Santa Margherita Ligure, dove nel 1946 aveva sposato Lia Ernesta Maria Chierichetti.
Opere. Lezioni di economia applicata, Napoli 1925; Sopra alcune recenti teorie monetarie, Napoli, 1927; Lezioni di economia pura. Statica e cinematica economica. Anno accademico 1925-26, Napoli 1928; Gli schemi teorici del movimento della popolazione. Studio critico, Perugia 1929; Ricerche e note critiche sugli errori dei parametri della logistica e sugli errori della logistica stessa adattata alla popolazione italiana, Padova 1932; La popolazione italiana nel secolo anteriore all’unificazione del Regno, Padova 1933; Punti controversi della teoria del costo crescente, Roma 1933; Il concetto di capitalismo, Padova 1937; La vecchia e la nuova struttura economica della Cecoslovacchia, Padova 1938; Della ricostruzione e della stabilità dell’equilibrio economico internazionale, in Economia internazionale, I (1948), pp. 909-925; Alcune considerazioni sulla “liberazione degli scambi” e sul progettato “raggruppamento regionale”, in Economia internazionale, II (1949), pp. 909-925; Lezioni di politica economica e finanziaria. La teoria dello scambio internazionale, Genova 1950; Trade and production in the transition period, in Economia internazionale, VI (1953), pp. 75-102; Luigi Amoroso, Roma 1967 (con M. Picone).
Fonti e Bibl.: Università di Catania, Archivio storico, fascicoli del personale, ad vocem; Genova, Fondazione Ansaldo ONLUS, Archivio Manzitti, Serie Corrispondenza, Lettera di Travaglini a Manzitti, Genova, 4 febbraio 1952 (citazione tratta da G. Grimaldi, Europeismo ed economia: Manzitti, Minoletti e la Camera di Commercio di Genova (1945-1958), in L’europeismo in Liguria. Dal Risorgimento alla nascita dell’Europa comunitaria, a cura di D. Preda - G. Levi, Bologna 2002, pp. 257-326).
L. Amoroso, L’etica dell’economia corporativa, in Rivista italiana di scienze economiche, V (1932), pp. 442-451; O. D’Alauro, L’Istituto di economia internazionale, in Le compere di San Giorgio, 1979, n. 3, pp. 1-6; O. D’Alauro, V. T.: in memoriam, in Economia internazionale, XXXVIII (1985), pp. 281-285; A. Amato, V. T., Orlando D’Alauro e la rivista “Economia internazionale”: la ricostruzione del pensiero economico libero-scambista nell’Italia del dopoguerra, in D. Preda, Da Genova all’Europa. La vocazione europea negli ambienti economici della Liguria nel secondo dopoguerra, Genova 2006, pp. 111-122; La facoltà di Economia. Cento anni di storia, 1996-2006, a cura di R. Cagiano De Azevedo, Soveria Mannelli 2006, pp. 413-415; A. Cafarelli, V. T., in Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei friulani, III, L’età contemporanea, a cura di C. Scalon - C. Griggio - G. Bergamini, Udine 2016, http://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/travaglini-volrico/ (18 settembre 2019); A. Li Donni - P. Travagliante, Il pensiero, le dottrine e l’insegnamento economico in Sicilia nel ventennio fascista, Milano 2016, pp. 49-59, 73-78, 89-94.