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Voi che savete ragionar d'Amore

di Mario Pazzaglia - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Voi che savete ragionar d'Amore

Mario Pazzaglia

Ballata grande (Rime LXXX), con ripresa di 4 versi (xyyx) e tre stanze di 8 (ababbccx), tutti endecasillabi, trasmessa da codici autorevoli, quale il Chigiano L VIII 305, e pubblicata nella Giuntina del 1527; è posta dal Barbi, nell'edizione 1921, fra le " Rime allegoriche e dottrinali ".

Una citazione implicita di essa può essere ricavata dai vv. 73-76 di Amor che ne la mente mi ragiona (Canzon, e' par che tu parli contraro / al dir d'una sorella che tu hai; / ché questa donna che tanto umil fai / ella la chiama fera e disdegnosa), cui vanno aggiunti tre luoghi del commento in prosa del Convivio: III IX 1, dove D. afferma che, prima di comporre la canzone, sembrandogli che la Donna gentile-Filosofia fosse divenuta fiera e superba contro di lui, compose una ballatetta nella quale la chiamò orgogliosa e dispietata; III X 3, dove dice che secondo questo sensuale giudicio parlò questa ballatetta; III XV 19, dove spiega più esplicitamente: è da sapere che dal principio essa filosofia pareva a me, quanto da la parte del suo corpo, cioè sapienza, fiera, ché non mi ridea, in quanto le sue persuasioni ancora non intendea; e disdegnosa, ché non mi volgea l'occhio, cioè ch'io non potea vedere le sue dimostrazioni.

Si tratta, dunque, di un testo allegorico, nel quale D. ha inteso rappresentare le difficoltà incontrate nello studio della filosofia. Tale interpretazione appare confermata soprattutto dall'immagine (vv. 15-19) della donna che mira i suoi occhi allo specchio, evidentemente riconducibile al tema dell'anima filosofante, che non solamente contempla essa veritade, ma ancora contempla lo suo contemplare medesimo e la bellezza di quello (Cv IV II 18) e riscontrabile inoltre con la rappresentazione di Rachele in Pg XXVII 104-105 ma mia suora Rachel mai non si smaga / dal suo miraglio, e siede tutto giorno e con l'iconografia coeva relativa alla raffigurazione della virtù della Prudenza.

Tema poetico della ballata è il difficile amore per una donna disdegnosa che porta Amore negli occhi, ma li nega al poeta; la speranza è quella di vincerne il disdegno con l'ostinazione amorosa (però che i miei disiri avran vertute / contra 'l disdegno che mi dà tremore, vv. 27-28). Immagini e stilemi richiamano inequivocabilmente l'affabulazione stilnovistica: dall'incipit, che ricorda Donne ch'avete intelletto d'Amore, agli occhi intorno ai quali sempre si gira / d'ogni crudelitate una pintura (vv. 6-7; cfr. Lasso! per forza di molti sospiri, v. 8), la paura (v. 6), i sospiri (v. 12), e in genere tutta la liturgia gestuale del rapporto amoroso, intimamente avvivata da una ricerca melodica ispirata a umiltà e soavità.

Bibl. - Contini, Rime 94-97; D.A., Le Rime, a c. di D. Mattalia, Torino 1943, 91-93; Dante's Lyric Poetry, a c. di K. Foster e P. Boyde, II, Oxford 1967, 170-173; Barbi - Pernicone, Rime 391-394. Cfr. la bibl. delle voci DONNA GENTILE; Voi che 'ntendendo 'l terzo ciel movete.

Vocabolario
vói
voi vói (ant. e poet. vui) pron. pers. pl. [lat. vōs]. – È il pronome di seconda persona plurale, usato cioè dalla persona che parla quando si riferisce ad altre persone realmente o idealmente presenti; si adopera sia come soggetto o come...
amóre
amore amóre s. m. [lat. amor -ōris, affine ad amare]. – 1. Sentimento di viva affezione verso una persona che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia: amore ... non è altro che unimento spirituale...
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