VOCALIZZARE
. I vocaboli vocalizzare e vocalizzazione indicano l'atto della voce umana che canta sulle vocali, non sulle parole e neppure sui nomi delle note. Vocalizzo o è sinonimo di voncalizzazione, come esercizio elementarissimo, per esempio una scala, un arpeggio, o indica un pezzo di musica costituito da una parte vocalizzata e da un'altra d'accompagnamento strumentale (il clavicembalo, una volta; il pianoforte, adesso). Il vocalizzo è spesso scambiato, nel gergo, col solfeggio; se ne distingue e lo presuppone, poiché esso è proprio del cantante, mentre il solfeggio, esercizio vocale sulla durata, sull'altezza delle note e sugl'intervalli fra esse, è necessario a chiunque studî la musica. Il vocalizzo si distingue anche dal melisma, dalla fioritura, in quanto questi sono elementi della melodia. Gli iubili alleluiatici, i melismi gregoriani, le fioriture belcantistiche, le cadenze nelle arie sette e ottocentesche, sono casi di vocalizzazione più o meno estesa, e, in quanto alla necessità e all'espressione dell'arte, più o meno connessi al frammento di cui son parte. Nel caso più artistico accade di vocalizzare allorché l'anima e il canto, come diceva Sant'Agostino, sono sì pieni di lirismo che le parole non occorrono. La vocalizzazione, lamentosa o giuliva, è così una parte integrale della composizione, è la continuazione del sentimento della melodia.
Il vocalizzo ha avuto nel sec. XVIII un'importante funzione pedagogica, e in questi ultimi anni comincia a riassumerla. Nel Settecento italiano, prevalendo nel melodramma e nella musica da camera l'interesse della voce su quello degli strumenti, i maggiori compositori composero vocalizzi, offrendo così agli studiosi del canto, disciplinate e riunite, le loro personali caratteristiche tecniche e stilistiche, cioè 1. il procedere della melodia, con il fraseggio, i respiri, gl'intervalli, i cromatismi, la ritmica, le figurazioni, le accentazioni, le pause, ecc.; 2. i rapporti della melodia vocale con l'armonia; 3. il gusto, lo stile, il modo di esprimere questo o quel sentimento. Quei vocalizzi erano quasi arie senza parole, non arie qualsiasi, ma scritte espressamente con lo scopo di fornire al cantante un esemplare preciso della tecnica e della stilistica dell'autore. Ne composero A. Scarlatti, G. B. Bononcini, M. Marcello, I. A. Hasse, L. Leo, F. Durante, L. Vinci e molti altri. Chi avesse studiato tali vocalizzi poteva facilmente cantare le opere di quei musici e, in generale, di quel tempo. Certamente gli esercizî del '700 valgono come pedagogia d'ogni tempo, in quanto contengono alcuni elementi della tecnica vocale, che sempre gioverà studiare. Ma integralmente non valsero più tardi, allorché nuove e diverse tecniche corrisposero ai mutati stili. Con l'avvento di Gluck cominciò a notarsi l'insufficienza dei cantanti adusati alle maniere di canto del primo '700. La pedagogia non procedeva in funzione dell'arte ma restava irretita nell'ammirazione dell'epoca belcantistica, che sempre più s'allontanava. A tale considerazione s'aggiunga quella del progresso della cultura. Mentre nei secoli XVII e XVIII ciascuna generazione usava cantare soltanto le musiche del proprio tempo, al principio del sec. XIX si cominciarono ad eseguire anche le musiche delle precedenti generazioni. Tale moto culturale s'accrebbe durante l'Ottocento. Oggi accade frequentemente di eseguire musiche del Sei, Sette, Otto, Novecento. A tale rinnovamento culturale, che imponeva ai cantanti particolari conoscenze tecniche e stilistiche, la pedagogia dell'Ottocento rispose soltanto con un volume di vocalizzi, curato da L. Cherubini, 1803-4, con pochi saggi di G. Spontini, di G. Rossini, di N. Vaccai. Le tecniche, gli stili successivi, sì difficili e diversi, da Meyerbeer e Verdi a Wagner e Debussy, per citare i casi più tipici, non ebbero alcuna eco nella pedagogia, la quale rimase orientata sul bel canto e sul rossinianesimo. Onde, lamentele e recriminazioni dei compositori, del pubblico, fin dalla metà dell'800, sulla crisi dei cantanti. Il carattere industriale del teatro e la frettolosità della vita, più intensi dalla fine dell'800, accrebbero le deficienze dei cantanti, quando la diffusione della cultura avrebbe più voluto studio, specializzazione, competenza. Ai vocalizzi s'è ritornato con le iniziative degli editori Leduc (dal 1907) e Ricordi (1930) i quali hanno incaricato parecchi compositori di fornire ai cantanti i loro moduli tecnici e stilistici.
Bibl.: A. Della Corte, Vicende degli stili del canto dal tempo di Gluck al '900, nel vol. Canto e bel canto, dove sono ristampati i trattati di P. F. Tosi (1723) e G. B. Mancini (1777), Torino 1933.