Romance, Viviane
Nome d'arte di Pauline Ortmans, attrice cinematografica e teatrale francese, nata a Roubaix il 4 luglio 1912 e morta a Nizza il 25 settembre 1991. Prosperosa, sensuale, aggressiva, riprese dalla tradizione del cinema muto italiano il personaggio della 'donna vampiro', divenendo la più celebre vamp del cinema francese nel periodo tra le due guerre. Impersonò così in modo convincente la femmina fatale che conduce alla rovina i suoi amanti, rendendo il suo personaggio inimitabile e arricchendolo con una personale carica d'immediatezza e di spontaneità.
Iniziò giovanissima a lavorare come ballerina, comparendo al Moulin Rouge anche in uno spettacolo della mitica Mistinguett e, successivamente, al Bal Tabarin. Nel 1930 riuscì a farsi eleggere, alterando i suoi dati anagrafici, Miss Parigi: scoperta la vera età, fu squalificata, ma l'incidente servì a renderla popolare. Nel 1931 ebbe un interessante esordio cinematografico in La chienne di Jean Renoir, ma negli anni successivi stentò a trovare ruoli che esaltassero le sue notevoli potenzialità: apparve fugacemente in Ciboulette (1933) di Claude Autant-Lara e in Liliom (1934; La leggenda di Liliom) di Fritz Lang. Dopo averle affidato un ruolo marginale in La bandera (1935), di cui era protagonista Jean Gabin, il regista Julien Duvivier le offrì finalmente il personaggio che ne avrebbe fatto una diva di enorme richiamo, quello della perfida Gina in La belle équipe (1936; La bella brigata), sempre accanto a Jean Gabin. Divenuta l'attrice più richiesta del cinema d'oltralpe, la R. replicò il suo personaggio di maliarda in Mademoiselle Docteur (1936; Mademoiselle Docteur o Salonicco, nido di spie) di Georg Wilhelm Pabst, e vi apportò alcuni ritocchi, attribuendogli un bisogno di redenzione, in Gibraltar (1938; Allarme a Gibilterra) di Fédor Ozep. Alle prese con una figura mitica che pareva ideata per lei, superò sé stessa in Carmen (1945) di Christian-Jaque, e s'impose in Panique (1946; Panico) di Julien Duvivier, da un romanzo di G. Simenon, nello scabroso ruolo di Alice, che fa incolpare un innocente di un crimine commesso dal suo amante. Nel dopoguerra non riuscì a ripetere i suoi passati trionfi, e tentò la fortuna anche in Italia, recitando accanto a due partner d'eccezione, Totò e Orson Welles, in L'uomo, la bestia e la virtù (1953) di Steno, dall'omonima commedia di L. Pirandello, ma il film fu un insuccesso. Tornata in patria, la R. si vide offrire soltanto ruoli di caratterista, apparendo in film di scarso rilievo, con la parziale eccezione di Mélodie en sous-sol (1963; Colpo grosso al casinò) di Henri Verneuil, in cui si fece notare accanto a Jean Gabin e ad Alain Delon, e di Nada (1974; Sterminate "Gruppo Zero") di Claude Chabrol, con il quale si congedò dal cinema.