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BELCALZER, Vivaldo

di Eugenio Ragni - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 7 (1970)
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BELCALZER, Vivaldo

Eugenio Ragni

Nato a Mantova, o nel circondario, in data presumibilmente anteriore al 1250, fu notaio e consigliere della città durante la signoria dei Bonacolsi: presso Bardellone prima, poi al servizio di Guido; qui restò, si suppone, fino alla morte, avvenuta dopo il 1308. Poche le attestazioni che della sua vita ci restano. La prima, un atto pubblico datato 23. sett. 1279, reca la firma del B., che, in qualità di consigliere del quartiere di S. Giacomo, ove abitava, ratifica la pace stipulata tra Mantova, Verona e Brescia. Gli anonimi Annales Mantuani ci tramandano poi l'importante notiziadella elezione del B., avvenuta il 6 luglio 1294, ad anziano "de bonis et maioribus civibus de populo mantuano". Di due anni posteriore è un documento conservato nell'Archivio primiceriale della basilica di S. Andrea, in cui il B. risulta acquirente di una terra posta "in vignalibus Mantue extra portam Aquadrucii".

Il 2 luglio 1299 Bardellone Bonacolsi era costretto a firmare un atto di rinuncia alla carica di "capitaneus" in favore del nipote Guido, che gli si era opposto aiutato da Alberto della Scala. Il B. è testimone firmatario del documento ed entra poi al, servizio del nuovo signore. Il 14 maggio 1305 egli interviene direttamente in consiglio nel formulare una proposta di pace, accettata, con Brescia.

Dei tre documenti posteriori, due (del 20 genn. 1306 e del 9 luglio 1308) riguardano il figlio del B., Pietro, che sottoscrive due procure di alleanza; il terzo, un atto che sancisce la lega tra Mantova, Verona, Brescia, Parma e Modena, e reca la data 13 apr. 1307, è firmato dal B. medesimo.

La traccia offertaci dai documenti si arresta qui: o che il B. morisse, o che si ritirasse definitivamente dalla pubblica attività. Incerta è la data di compilazione dell'unica opera pervenutaci sotto il suo nome, il volgarizzamento del De proprietatibus rerum, una enciclopedia di carattere scientifico in diciannove libri redatta da Bartolomeo Anglico intorno al 1260. La dedica che il B. ne fece "al segnor so nobel e magnifich meser Gui dey Bonacols, Capitaniy e perpetual segnor, de Mantoa" ne pone comunque il termine post quem, di composizione al luglio dell'anno 1299, e l'ante quem al gennaio del 1309, che è la data della morte di Guido; termine quest'ultimo che potrebbe tuttavia essere anticipato di qualche tempo, qualora si ritenesse valida (e non vi sono serie ragioni per negarlo) una nota, oggi scomparsa con l'antica legatura, che un certo Uguccione de' Lismanini "nobel citadino de Padoa" appose al codice, ora a Londra, in data 1320: nella quale egli afferma essergli stato regalato il libro da Guido Bonacolsi in persona; perciò, non potendosi ritenere che Guido si sia disfatto del libro, tanto amorosamente compilato dal B., subito dopo averlo ricevuto in dono, se ne potrebbe dedurre un ternune ante quem un po' precedente rispetto alla morte del Bonacolsi.

Nell'opera sua il B. non fa il benché minimo cenno dell'Anglico, che tuttavia egli traduce e segue fedelmente nel numero, contenuto e divisione in libri e capitoli dell'opera e persino nella struttura sintattica. Questo silenzio indusse i primi studiosi che del volgarizzamento si occuparono a ritenerla compilazione originale. Ben poco, invece, il B. vi mise di suo; confrontando il testo latino col volgarízzamento, infatti, si può unicamente sottolineare la precisione con la quale il B. ha compendiato la sterminata materia, sfrondandola dalle numerose citazioni e dalle pesanti parti dottrinali; e la discrezione con la quale egli l'ha qua e là ridotta ovvero integrata con personali osservazioni: pregi questi innegabili, ma che non valgono a sollevare di molto il volgarizzamento dalla mediocrità.

L'opera riveste comunque sommo interesse per il filologo, che può trovarvi un'ampia e sufficientemente genuina testimonianza del volgare niantovano dei primissimi del '300; e non merita comunque l'oblio in cui è rimasta finora, nonostante la sua importanza avesse ampiamente dimostrata il Cian nei primi anni del secolo, quale opera che si inserisce onorevolmente nella storia dell'enciciopedismo italiano, in quella dei volgarizzamenti scientifici dell'età di mezzo e, più in generale, nella storia di quella cultura medioevale, che, proprio negli stessi anni, culminava, altamente sintetizzata, nella Commedia.

Dei tre codici superstiti dell'opera del B di gran lunga il più importante è l'Additional 8785del British Museum di Londra, che è il medesimo donato dal B. a Guido Bonacolsi; è adorno di molte miniature e reca in margine correzioni di mano, probabibnente, dell'autore medesimo. Gli altri due, più tardi, sono il Riccardiano 2155, databile all'ultimo quarto del sec. XIV, e il Canoniciano 24, conservato nella Bibl. Bodleianà di Oxford, che è copia terminata il 16 marzo 1446 da un bolognese, Bartolomeo de' Ghislieri, per conto di Iacopo Foscarini. In questi due mss., tuttavia, la lingua ha perduto quasi completamente il colorito mantovano e abbondano gli errori.

Fonti e Bibl.: Annales Mantuani, a cura di G. H. Pertz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XIX, Hannoverae 1866, p. 30; C. Cipolla, Docum. per la storia delle relazioni diplomatiche fra Venezia e Mantova nel sec.XIII, in Biblioth. Rist. Italica, s. 2, vol. I (1901), n. XLVIII, 3, p. 180; n. LXV, I, pp. 331 s.; V. Cian, Varietà dugentistiche: una probabile Parodia letteraria e un saggio di precettistica matrimoniale, Pisa 1901; Id., V. B. e l'enciclopedismo italiano delle origini, in Giorn. stor. d. letterat. ital., suppl. n. 5 (1902), pp. 1-192 (V. rec. di C. Salvioni, in Giorn. stor. d. letterat. ital., XLI [1903], p. 460); C. Salvioni, Di un documento inedito dell'antico volgare mantovano, in Rendic. d. R. Ist. lombardo di scienze e lettere, XXXV (1902), pp. 957-970; C. Cipolla, Per la biografia di V. B., in Giorn. stor. d. letterat. ital., XLIII (1904), pp. 453-455; P. Torelli, Capitanato del popolo e vicariato imperiale come elementi costitutivi della signoria bonacolsiana, Mantova 1923, pp. 34, 35, note 2, 4; G. Bertoni, Il Duecento, Milano 1960, pp. 372 s., 378.

Vedi anche
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