vituperare (vitiperare)
Compare solo in prosa e in un esempio del Fiore; per lo più con il significato attenuato di " biasimare ": Cv I II 6 del non potere e del non sapere ben sé menare le più volte non è l'uomo vituperato, ma del non volere è sempre; III IV 7 non dovemo vituperare l'uomo perché sia del corpo da sua nativitade laido... ma dovemo vituperare la mala disposizione de la materia onde esso è fatto; e così in I I 5.
In altri casi ha il senso più grave di " coprire d' improperi " o " svergognare ": Vn VIII 12 Questo sonetto si divide in quattro parti: ne la prima parte chiamo la Morte... ne la terza la vitupero (si riferisce ai versi E s'io di grazia ti voi far mendica, / convenesi ch'eo dica / lo tuo fallar d'onni torto tortoso [9 7-9] del sonetto Morte villana, di pietà nemica); Fiore CLXXXVI 11 Ed i' lassa dolente, malaurata, / so che vitiperata ne sarei (è ciò che la donna teme debba accaderle qualora venisse scoperta mentre s'intrattiene con il suo amante). Il giudizio negativo implicito nel vocabolo, anche per effetto dell'uso della figura etimologica, risulta più evidente nel passo del Convivio in cui lo ma[l]estr[u]o disceso de li buoni maggiori è definito un vituperio vituperante de la bontade (IV XXIX 7), cioè una persona degna d'infamia, causa a sua volta di disonore per la virtù.