Storaro, Vittorio
Autore della fotografia, nato a Roma il 24 giugno 1940. È il maggior rappresentante di una scuola di pensiero che reclama dignità autoriale per il direttore della fotografia, definizione che però S. considera inadatta a descrivere il proprio ruolo artistico e ha sostituito dapprima con quella di 'autore della fotografia' e quindi con quella di 'cinematografo' (in opposizione semantica a 'fotografo'). Avvezzo a impostare il suo lavoro sulla base di dicotomie 'filosofiche' (luce-ombra, giorno-notte, maschile-femminile), nei suoi film ha saputo spesso rendere protagonista la luce. Sulla scia della fama ottenuta con il lavoro fatto per Bernardo Bertolucci ha esportato nella New Hollywood il suo modello fotografico, ottenendo grande successo grazie all'uso drammatico della luce in Apocalypse now (1979) di Francis Ford Coppola, film per il quale ha ottenuto nel 1980 il suo primo Oscar. Ne ha ricevuti altri due, nel 1982 per Reds (1981) di Warren Beatty e nel 1988 per The last emperor (1987; L'ultimo imperatore) di Bertolucci, oltre a una nomination nel 1991 per Dick Tracy (1990) di Beatty. Quattro volte candidato al Bafta Award, lo ha vinto nel 1991 per The sheltering sky (1990; Il tè nel deserto) ancora di Bertolucci. Ha ricevuto inoltre cinque Nastri d'Argento per film a lungometraggio e due per i cortometraggi, un David di Donatello, un Goya, un Emmy e molti altri riconoscimenti. Infine nel 2001 l'American Society of Cinematographer lo ha insignito di un prestigioso premio alla carriera.
Figlio di un proiezionista della Lux Film, studiò fotografia all'Istituto Duca d'Aosta, al Centro italiano avviamento al cinema e infine al Centro sperimentale di cinematografia. Lavorò nelle troupe di Aldo Scavarda e Marco Scarpelli, e a ventun anni divenne il più giovane operatore alla macchina italiano. Come direttore della fotografia prese parte a diversi cortometraggi, per due dei quali, L'urlo (1965) e Rapporto segreto (1967) di Camillo Bazzoni, vinse altrettanti Nastri d'argento. Esordì nel lungometraggio con Giovinezza, giovinezza (1969) di Franco Rossi, il suo unico film in bianco e nero, antiretorica ricostruzione degli anni del fascismo, che nel 1970 gli procurò un altro Nastro d'argento. Venne poi chiamato da due registi che si stavano affacciando sulla scena con progetti di rilievo: Dario Argento, per L'uccello dalle piume di cristallo (1970), giallo dal taglio espressionista, e Bertolucci, per una parte di La strategia del ragno (1970), film sospeso tra realismo e suggestioni pittoriche, Il conformista (1970) e Ultimo tango a Parigi (1972), che contaminano tonalità fredde e tonalità calde sfidando il gusto fotografico dell'epoca. L'incontro con Bertolucci lo segnò profondamente: da lui apprese la capacità di razionalizzare i procedimenti creativi. Iniziò così a mettere in relazione colore ed emozioni, miscelando la luce naturale (soprattutto quella dell'alba e del tramonto) con interventi di luce artificiale, come accade in Novecento (1976), dove, per assecondare la mobilità della macchina da presa del regista, S. rischiò numerosi interni-esterni e soluzioni di illuminazione 'mista'.
Tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Novanta S. visse un periodo d'oro. Coppola, che lo avrebbe voluto già per The godfather, part II (1974; Il padrino ‒ Parte II), gli affidò le immagini di Apocalypse now, in cui S. applicò l'idea del conflitto fra luce naturale e luce artificiale alla guerra del Vietnam, adattandola al tema di fondo del romanzo di J. Conrad Heart of darkness, quello di fondo dell'eroe che si confronta con l'ignoto; il risultato ‒ frutto di una lavorazione faticosa e talvolta drammatica ‒ fu un film barocco e inquietante, nel quale il lavoro sulla luce risulta in primo piano e che rivelò il talento di S. a Hollywood. Con Coppola ha illuminato anche One from the heart (1982; Un sogno lungo un giorno), costruito sulla centralità della luce nella folle notte di Las Vegas, nel quale per la prima volta S. utilizzò una consolle a controllo dimmer (apparato elettronico regolatore di tensione) delle luci, Tucker: the man and his dream (1988; Tucker ‒ Un uomo e il suo sogno) e l'episodio Life without Zoe (La vita senza Zoe) di New York stories (1989), firmato anche da Woody Allen e Martin Scorsese. Nel frattempo era tornato a collaborare con Bertolucci per La luna (1979) e The last emperor, partecipando poi a The sheltering sky e Little Buddha (1993; Piccolo Buddha). Per Warren Beatty ha firmato invece il kolossal storico Reds e Dick Tracy, fantasiosa trascrizione di un celebre fumetto. Tra i più raffinati esiti della fine degli anni Settanta e degli anni Ottanta da ricordare in particolare il crepuscolare Agatha (1978; Il segreto di Agatha Christie) di Michael Apted e il fantasy Ladyhawke (1985) di Richard Donner, due esempi di magistrale utilizzo della luce naturale in una cornice di grande spettacolo. In seguito S., rotto il sodalizio con Bertolucci, si è allontanato dal cinema italiano. Ha vissuto un periodo di riflessione e ha iniziato un'intensa collaborazione con lo spagnolo Carlos Saura (interrotta dal lavoro compiuto per Beatty in Bulworth, 1998, Bulworth ‒ Il senatore), per il quale ha firmato le immagini di Flamenco (1995), Taxi (1996), Tango (1998), Goya en Burdeos (1999; Goya).
Tra gli altri registi con i quali ha collaborato sono da ricordare Salvatore Samperi, Giuseppe Patroni Griffi, Giuliano Montaldo, Fabio Carpi, Elaine May, Alfonso Arau, Paul Schrader.Temi prediletti della ricerca di S. sono il rapporto fra scrittura cinematografica tradizionale e nuove tecnologie (prima elettroniche, poi digitali); la diffusione di un formato standard per l'immagine in movimento, sia cinematografica sia televisiva (chiamato prima Univision e poi Univisium), che egli individua nel rapporto due a uno, mutuato dal senso d'armonia dell'arte classica greca; il riconoscimento del diritto d'autore per i direttori della fotografia. Negli ultimi anni ha realizzato un nuovo tipo di consolle per il controllo delle luci specificatamente destinata al cinema, denominata Eclissi. Dal 1995 insegna stabilmente all'Accademia delle arti e della scienza dell'immagine dell'Aquila, per la quale ha scritto una monumentale opera filosofica e iconografica che rappresenta la summa del suo lavoro e del suo pensiero, Scrivere con la luce, in tre volumi (La luce, 2001; I colori, 2002; Gli elementi, 2003).
Lo statunitense David Thompson ha girato su di lui il documentario Writing with the light: Vittorio Storaro (1998).
L. Codelli, Entretien avec Vittorio Storaro directeur de la photographie, in "Positif", 1979, 222, pp. 41-49.
D. Schaefer, L. Salvato, Writing with the light: an interview with Vittorio Storaro, in "Film quarterly", 1982, 3, pp. 15-25.
R. Gentry, Vittorio Storaro: an interview, in "Post scriptum", 1984, 1, pp. 2-17, e 1985, 2, pp. 2-18.
M.I. Zambelli, Scrivere con la luce, in "Cineforum", 1984, 231, pp. 21-30.
D. Heuring, N. Lee, This is the city: 'New York stories', in "American cinematographer", 1989, 3, pp. 54-62.
R. Gentry, Writing with the light, in "Film quarterly", 1994-95, 2, pp. 2-9.
B. Fisher, Master of light and motion, in "American cinematographer", 1998, 6, pp. 52-54, 56-57.
B. Fisher, J. Bailey, S. Pizzello, Guiding light. Shadows of the psyche. A clash of two culture, in "American cin-ematographer", 2001, 2, pp. 72-103.