CORCOS, Vittorio Matteo
Figlio di Isach è di Giuditta Baquis, nacque a Livorno il 4 ottobre del 1859. Egli s'indirizzò subito allo studio del disegno iscrivendosi all'Accademia di belle arti di Firenze, ove dal 1846 era professore un, altro livornese famoso, E. Pollastrini. La probabile insoddisfazione nei confronti di quel rigoroso epigono del purismo, che spesso si inquietava con l'allievo a causa della sua troppo spregiudicata maniera di tradurre il "vero", velocemente e senza correzioni, convinse il C. a intraprendere un viaggio a Napoli, dove D. Morelli attuava una pittura più "diretta" e complicata da inquietudini formali e letterarie. Risalgono a questo primo periodo, fra il 1878 e il 1879, la suggestione orientale dell'Araboinpreghiera, acquistatodal re e oggi al Museo di Capodimonte, e Il boia raffigurato a grandezza naturale, ricordato dal Targioni Tozzetti (1929) come "pittura forte, dalle pennellate larghe, sicura, disegnata magistralmente, evidentemente ispirata da Ribera".
Nel 1880 il C., su suggerimento del Morelli, si trasferì a Parigi dove, nell'ambiente del famoso mercante d'arte Goupil, al quale si legò con un contratto per quindici anni, avvicinò Boldini, De Nittis e forse Palizzi e Meissonnier. Contemporaneamente frequentò, in maniera saltuaria, lo studio di Léon Bonnat, il ricercatissimo ritrattista dell'alta borghesia parigina che, oltre ad indicargli la via di una maestà formale non disgiunta dai contemporanei suggerimenti della fotografia, era in grado di trasmettergli l'immagine dell'artista di successo, assediato nel suo studio dalle pressanti richieste di una élite, incline a farsi divinizzare. Al Salon del 1881 il C. presentò un quadro di grandi dimensioni e di soggetto parigino, A la brasserie, che ottenne un notevole consenso, poi ripetuto al Salon del 1882 con Rêverie, Lune de miel, L'anniversaire e a quello del 1885 con un grande Ritratto di dama, molto lodato dalla critica. La vocazione mondana del pittore, soprannoniinato in quel momento significativamente "peintre des jolies femmes", si esprimeva appunto in ritratti femminili assai vicini allo stile di Boldini e di De Nittis (Fata bruna, Fata bionda), in paesaggi ove l'esercizio poetico degli impressionisti è tradotto in più facile armonia di colori e di luce, in soggetti sportivi o temi graziosi particolarmente richiesti dalla clientela di Goupil (Les papillons, Age. ingrat, Le nouveau né, L'amateur des estampes).
Nel 1886 il C. ritornò in Italia per il servizio militare, partecipando nello stesso anno all'Esposizione di Livorno, ove erano presenti quasi tutti i macchiaioli insieme ai pittori meridionali, romani e lombardi. Nel 1887, dopo essersi convertito dalla religione ebraica al cattolicesimo, sposò Emma Ciabatti vedova Rotigliano e si stabilì definitivamente a Firenze, che abbandonerà solo per occasionali viaggi di lavoro a Londra e Parigi, e dove, accanto agli ultimi cenacoli dei macchiaioli, si imporrà per la sua ormai acquisita abilità di ritrattista. All'Esposizione di Firenze del 1896, che riuniva a Fattori, Signorini, Borrani, Cabianca e Nomellini anche Monet, Bonnat, Gérôme, Puvis de Chavannes, Burne-Jones, Alma-Tadema, fece particolarmente rumore il quadro del C. intitolato Sogni (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna), ritenuto troppo spregiudicato per la posa disinvolta con cui la giovinetta ritratta asseconda la sua immaginazione, ma tanto più segretamente apprezzato dall'ambiguo moralismo del pubblico fin de siècle, che lo volle riprodotto addirittura in una cartolina illustrata.
Della diffusione dei quadri del C. offre del resto un'utile testimonianza proprio l'Archivio fotografico Alinari, cui è necessario rivolgere l'attenzione per completare visivamente il corpus delle opere del pittore, quasi tutte in collezioni private e, il più delle volte, disperse.
La prevalenza dei contenuti sulle esigenze dello stile (Rupture, Primo dolore, Le due vergini, Morfinomane), oltre a giustificare il successo e la grande diffusione di quelle riproduzioni, è l'elemento che contribuisce soprattutto a collocare la personalità dei pittore entro il clima artistico e letterario dell'Italia umbertina, che il C. avvicinò per la sua fama di ritrattista e per il tramite della moglie, amica di intellettuali e poeti come D'Annunzio e Pascoli. La società di cui Emma era parte gravitava intorno al cenacolo del Marzocco, il giornale che si colloca fra il solenne declino del Carducci e l'atmosfera tra letteraria e galante determinata dalla presenza di D'Annunzio alla Capponcina. Il C. divenne il pittore ufficiale di tale società, etemandone i valori in ritratti sapientemente "corretti" e corrispondenti più spesso ai dettami delle convenzioni estetiche del momento che non alla effettiva sostanza del personaggio ritratto (Contessa Annina Morosini, Contessa Nerina Volpi di Misurata, Lina Cavalieri, Iole Moschini Biaggini, Contessa di St. Roman).
Come confidava lo stesso C. al Targioni Tozzetti: "Il ritratto di un uomo deve sempre rappresentare con evidenza la posizione sociale che esso occupa nel mondo. Un ritratto di donna deve sempre renderla provocante, anche se ottantenne". "Chi non conosce la pittura di Vittorio Corcos ? - scriveva Ojetti sul Corriere della Sera il18 nov. 1933 - Attenta, levigata, meticolosa, ottimistica: donne e uomini come desiderano d'essere, non come sono". C.E. Oppo, (1948): "Una pittura chiara, dolce, liscia, ben finita: la seta, seta, la paglia, paglia, il legno, legno c'le scarpine lucide di copale, lucide come le so fare soltanto io, diceva Corcos". Ancora Ojetti nel 1928: "Giura di aver inventato una macchinetta per far le perle da quando dovette ridipingere tutti i vezzi della contessa Canevaro perché alla cliente sembrarono troppo piccoli: e una specie di pettine per far le righe sui pantaloni a righe. Cinico sì, ma ci soffre..." (I Taccuini, 1954).
Oltre che autore di un famoso ritratto di G. Carducci, frequentatore del salotto letterario di famiglia, il. C. fu impegnato in ritrattì ufficiali retrospettivi (Ritratto di Garibaldi per il municipio di Livorno), in "istantanee" di importanti personaggi contemporanei (A Barbera, E. Treves, G. Biagi, Mons. G. Bonomelli, P. Rajna, G. Puccini, P. Mascggni, S. Lega, Yorick) e di ricchi committenti stranieri (M.me Godillot, Mme d'Yendlle, Cipriano Godebski, Alice Barley, Jane Cru Ewing, Jack La Bolina), in incarichi assai clamorosi, come i ritratti di Carlos e Amalia del Portogallo (1904), dell'imperatore Guglielmo II con l'imperatrice (1904), della Regina Margherita (1922).
Egli stesso, in un articolo sul Marzocco del 10 genn. 1926, rievoca l'incontro con la sovrana, esponendo il metodo compositivo adottato nel concepire l'ambientazione, metodo che venne considerato innovatore nell'ambito della esecuzione d'un ritratto ufficiale: "... in quei giornì di continuata convivenza colla Regina avevo avuto agio dì osservare le tendenze, le predilezioni, le attitudini, i gesti, e tosto germogliò in me l'idea di completare il ritratto includendovi quegli attributi che appunto ne avrebbero rivelato il carattere, rinunciando a far campeggiare la figura sul solito fondo unito ed asfaltoso, oppure sul leggendario svolazzo di velluto cremisi con le inevitabili nappe dorate. E pensai invece dipingervi oggetti o cose che rivelassero all'osservatore le nobili preferenze di Lei, ponendo su di un mobile in secondo piano una immagine bronzea della Vergine del Sansovino, e più sopra a luce bassissima un antico paesaggio fiammingo, e giù a portata di mano libri classici e riviste, a rappresentare l'amore delle arti, la profonda cultura, e la cristiana carità dell'adorata scomparsa".
Gli interessi letterari del C. si manifestarono, in margine alla sua attività di pittore, in alcuni articoli su Il Marzocco (cfr. C. Rotondi, Indici, Firenze 1980) e La Tribuna;in un volume di novelle (Madamoiselle Le Prince, Livorno 1901); in conferenze di vario genere, fra cui una importante commernorazione di T. Signorini, tenuta nel 1904alla fiorentina Società Leonardo Da Vinci. Collaboratore di giornali anche per la parte grafica sin dal tempo del suo primo soggiorno parigino (Le Figaro, L'Illustrazzione italiana), il C. estese la sua facile vena immaginativa anche alla illustrazione di libri (A "Mezzocolle". Storia semplice, di F. Vanzi-Mussini, Firenze 1892, p. 311, partecipando per un breve periodo ai progetti editoriali di G. Pascoli, che lo aveva accomunato a Nomellini e De Carolis nella pianificazione decorativa dei propri volumi. Per l'interessamento della moglie, la "gentile ignota" della corrispondenza pascoliana, il C. pubblicherà sul Marzocco (4 febbr. 1900) il disegno In processione, ipotesi per una copertina dei Poemetti, e invierà Il mendico, altro disegno ispirato alla omonima poesia compresa nei Canti di Castolvecchio, cheperò il Pascoli stesso rifiuterà (Marabini, 1972, pp. 107 s.).
Nel 1913 donò agli Uffizi il proprio Autoritratto per la Galleria dei ritratti. Nei Taccuini di Ojetti, in cui si ricorda la morte del pittore avvenuta a Firenze l'8 nov. 1933, una nota del 15 agosto 1928 sottolinea le ultime commissioni ufficiali ottenute da C. in pieno Novecento, tra cui il ritratto di Benito Mussolini: "Pel Togni di Brescia ha dipinto quest'anno dieci ritratti, e adesso farà Mussolinì e Turati".
Fonti e Bibl.: Necrol. in: IlMessaggero, 9 nov. 1933; Il Giornale d'Italia, 10 nov. 1933; A. De Gubernatis, Diz. d. artisti ital. viventi, Firenze 1889, pp. 140 s.; G. Mazzoni, Giosuè Carducci, in Natura e arte, II (1900-1901), pp. 97-104; Kodak [A. Orvieto], L'istantanea, V. C., in IlMarzocco, 14 genn. 1904; E. Corcos, Il Carducci in Posa, in Giornalino della domenica, 24 febbr. 1907; U. Ojetti, V. C., in L'Illustr, ital., 21 aprile 1907, pp. 377-80; S. Maria della Vittoria di V. C., in Emporium, XLV (1917), p. 77; G. Gatti, Pittori ital. dall'800 ad oggi, Roma 1925, p. 158; G. Targioni Tozzetti, V. C, in Liburni Civitas, II (1929), pp. 5-20; A. M. Comanducci, I pittori ital. dell'Ottocmto, Milano 1934, pp. 157 s.; E. Galdi, Macerie e vecchia Maremma, in IlMomento, 19ott. 1947; P. A. Manca, Collettiva dell'800 alla Galleria d'arte, in Il Corriere dell'Isola, 21 dic. 1947; Sil. Fil., Il "Gruppo Labronico" a Milano, in La Gazzetta, 15 nov. 1948; C. E. Oppo, Il padre d'America, in IlGiornale della Sera, 24 nov. 1948; A. Lancellotti, Pittori livornesi. V. C., in IlTirreno, 17 sett. 1949; U. Ojetti, I Taccuini 1914-1943, Firenze 1954, pp. 296, 303, 429; M. Giardelli, I macchiaioli e l'epoca loro, Milano 1958, ad Indicem;G. Pascoli, Lettere agli amici lucchesi, a cura di F. Del Beccaro, Firenze 1960, ad Ind., D. Durbé, Mostra di V. C. (catal.), Livorno 1965 (recens. in Il Popolo, 25 ag. 1965; Il Telegrafo, 31 luglio 1965; Il Gazzettino [L. M. Personé], 11 ag. 1965; Arte. Rass. minima d'arte figurativa [L. Servolini], Pisa, agosto 1965, pp. 218 s.); M. Strozzi Corcos, La vita di mio padre V. C., Livorno s. d. [1965]; G. Pascoli, Lett. alla gentile ignota, a cura di C. Marabini, Milano 1972, passim; A. Schettini-G. Scuderi, Aspetti dell'Ottocento pitt. ital., Putignano 1972, p. 31 (Figura in bianco);L. Ginori Lisci, Palazzi di Firenze, Firenze 1972, 11, pp. 510 s., fig. 414 (ritratto della Contessa B. Pandolfimi);A. Novasconi, Ilcastello di Sant'Angelo Lodigiano, Lodi 1972, pp. 90-93, ill. (ritratti dei conti Morando Bolognini, Attendolo Sforza); Musei e Gall. di Milano, L. Carainel-G. Pirovano, Gall. d'arte moderna, Ottocento, I, Milano 1975, p. 43, tav. 531 (ritratto di S. Lega);B. Sanniiniatelli, Un ritrattista furbo e famoso, in Il Resto del Carlino, 14 apr. 1975; J. Busse, Internationales Handbuch aller Maler und Bildhauor des 19. Jahrhunderti. Wiesbaden 1977, p. 261; P. Dini, Diego Martelli, Firenze 1978, p. 281; U. Thieme-F. Becker, Künsterlexikon, VII, pp. 397 s.; Enc. Ital., XI, p. 364; H. Vollmer, Künstlerlexikon des XX. Jahrh.s, I, p. 474; Diz. encicl. Bolaffi..., III, s. v.;L. F. Luciani, Diz. d. pittori ital. dell'800, Firenze 1974, pp. 143 s.