LUGLI, Vittorio
Nacque a Novi di Modena il 30 sett. 1885, da Evangelista e Clonice Costa. Nel 1890 la famiglia si trasferì a Carpi; il L. frequentò qui le elementari e il ginnasio e proseguì gli studi a Modena al liceo Muratori. Si iscrisse, quindi, alla facoltà di lettere dell'Università di Bologna, approdando alla "scuola bolognese", che aveva avuto in G. Carducci il principale punto di riferimento.
Il L. ebbe tra i suoi maestri G. Albini, V. Puntoni e G. Pascoli; di quest'ultimo soprattutto il L. si sentì allievo, dimostrando sempre ammirazione senza riserve, affetto e riconoscenza per il poeta di Myricae.
Il L. si laureò nel 1908, relatore Pascoli, con una tesi su I trattatisti della famiglia del Quattrocento, che ottenne il premio Vittorio Emanuele dell'ateneo bolognese e fu pubblicata (Modena 1909) con un "giudizio" del poeta stesso. Subito dopo, a pochi mesi dalla laurea, intraprese la carriera di docente che lo avrebbe portato a coprire tutti i ruoli d'insegnamento, dal ginnasio inferiore all'Università.
Ottenne il primo incarico di supplenza al ginnasio di Cento; l'anno successivo passò al liceo di Viterbo e, nel 1910, ottenne l'immissione in ruolo a Montepulciano. Nell'autunno 1911 insegnò al ginnasio inferiore di Imola, per continuare dopo qualche mese presso quello superiore dell'Aquila. Nell'ottobre 1912 fu a Monteleone di Calabria (l'attuale Vibo Valentia) e poi, dal gennaio 1913, a Palermo. Intanto andava pubblicando i primi articoli e recensioni di letteratura italiana e francese in alcune riviste come Cronache letterarie, Gazzetta d'Emilia e nei più noti Il Marzocco e Fanfulla della domenica. L'anno scolastico successivo prese servizio al liceo Morgagni di Forlì, dove rimase fino agli inizi del 1916.
A Forlì il L. tornò a "respirare" letteratura e a frequentare studiosi e critici militanti, pubblicando vari articoli nella rivista La Romagna, animata dalla collaborazione di R. Serra. La letteratura d'Oltralpe, oltre a quella italiana, costituiva il nucleo dei suoi interessi letterari, con particolare attenzione al grand siècle e all'Ottocento francesi; nel luglio del 1914 aveva visitato Parigi per la prima volta e aveva iniziato a lavorare alla Bibliothèque nationale, ma il suo soggiorno era stato bruscamente interrotto dallo scoppio della prima guerra mondiale.
Chiamato alle armi come ufficiale di artiglieria ai primi del 1916, raggiunse la zona di guerra nell'Alto Cadore, dove rimase fino alla primavera del 1917, quando fu trasferito in Macedonia, non lontano da Salonicco; in questa città conobbe tra gli altri R. Calzini e A. Savinio. Terminata la guerra, il L. riprese l'insegnamento a Forlì fino al 1928, quando fu trasferito al liceo Tito Livio di Padova e infine, due anni dopo, al Galvani di Bologna.
Dal 1919 aveva intensificato la sua collaborazione a giornali e riviste, e in particolare, dal 1924, a La Cultura di C. De Lollis.
Entrò così in contatto con quanti si riconoscevano nella critica e nei metodi d'indagine del De Lollis: F. Neri, A. Cajumi, B. Migliorini e, in particolare, P.P. Trompeo, con il quale instaurò un intenso e prolungato rapporto epistolare. Proprio nella Cultura (settembre 1924) pubblicò l'articolo Rileggendo Racine, in cui si delinea chiaramente il suo metodo critico; il L. fu attento a cogliere "crocianamente" gli aspetti poetici dell'autore, sempre però attraverso un'analisi filologicamente accurata, che sapeva riconoscere, grazie alle numerose letture, gli echi dei classici antichi e moderni, mediante un'indagine critica che aveva come principale modello Ch.-A. Sainte-Beuve. Nel 1926 pubblicò il primo libro interamente dedicato al "suo" Racine (Roma), cui sarebbe rimasto sempre fedele.
Nel 1925 il L., presentato da Cajumi, aveva cominciato a pubblicare articoli su autori francesi e italiani nel quotidiano milanese L'Ambrosiano. Conseguita nel 1927 la libera docenza in lingua e letteratura francese, la poté esercitare nelle Università di Padova e Bologna. In quegli anni, inoltre, collaborò all'Enciclopedia Italiana.
Tra il 1930 e il 1937, redasse oltre trenta voci tra cui quelle dedicate ad A. Chénier, J.-M. de Heredia, Ch. Leconte de Lisle, alla poesia parnassiana, a Ch. Péguy, M. Proust, A. Rimbaud, J. Romain, L. de Clapiers Vauvenargues, A. Villiers de l'Isle-Adam. La voce su Chénier, già terminata nel 1929, gli diede lo spunto per gli articoli Volti di André Chénier e Il poeta della "Jeune Tarentine", apparsi nella Cultura fra il dicembre del 1929 e il gennaio seguente, e poi raccolti, con altri su G. Flaubert, in volume (Due francesi. Flaubert - Chénier, Firenze 1933).
Nel 1930 pubblicò Il posto nel tempo. Pagine dei quarant'anni (Torino), raccolta di articoli apparsi nell'Ambrosiano e in altre riviste.
Il L. rivelò così il suo modo di interpretare il tempo e la vita (Il posto nel tempo): la consapevolezza del passare degli anni e la prossimità della vecchiaia non lo turbano, anzi, con rinnovata serenità traccia un bilancio dei propri studi (Esperienza critica); soprattutto riconosce l'importanza della tradizione (Avanti lettera) come fondamento e insieme termine di confronto per dare giusta collocazione a scrittori e movimenti, senza tuttavia disconoscere o negare gli elementi di novità e di cambiamento che, a loro volta, devono progressivamente essere inseriti nella tradizione, determinandone significative modifiche. Così il critico affina la propria sensibilità, la propria "confidenza" con gli scrittori che hanno lasciato un segno nella storia (Coi grandi), mentre la letteratura viene a confondersi con l'esistenza stessa (Letteratura, amore nostro).
Negli anni Trenta il L. si occupò di vari autori: contemporanei, come A. Gide, A. Bonnard, C. Mauriac, P. Claudel, H. de Régnier, e classici come M.-E. de Montaigne e J. de La Bruyère.
A quest'ultimo dedicò uno studio importante (La Bruyère, Genova 1935), in cui ripercorre le tappe della creazione dei Caractères, da un lato individuandone filologicamente i modelli, e dall'altro evidenziandone l'originalità e la modernità. Nello stesso anno uscì anche il Montaigne (Lanciano) completato dal volumetto dedicato all'amicizia tra Montaigne e E. La Boétie: Une amitié illustre: Montaigne et La Boétie (Firenze 1935).
Nel 1935 il L. ottenne la cattedra di letteratura francese presso l'Università statale di Milano. Nell'ateneo milanese rimase fino all'anno accademico 1939-40, quando venne chiamato a insegnare nella "sua" Bologna. Negli anni milanesi il L. aveva cominciato a collaborare con l'editore Bompiani, dapprima per l'Almanacco letterario 1939 e 1940, poi per il Dizionario letterario delle opere e dei personaggi di tutti i tempi e di tutte le letterature e per il Dizionario letterario degli autori di tutti i tempi e di tutte le letterature.
Il L. assunse la direzione editoriale della sezione francese per i primi otto volumi delle Opere e per i primi tre degli Autori, scrivendo, fino al 1957, poco meno di duecento voci.
Continuò la collaborazione con giornali e riviste, alternando saggi di critica letteraria ad articoli di ricordi personali, spesso relativi alla sua esperienza d'insegnante, caratterizzati da uno stile efficace, elegante e pur semplice. In questi anni il L. approfondì anche l'indagine su J. de La Fontaine con uno dei suoi saggi più noti, Il prodigio di La Fontaine (Messina 1939).
Il prodigio, secondo il L., era quello per cui La Fontaine nelle Fables era riuscito a coniugare "la regola" imposta dall'ideale estetico del grand siècle con "quello che essa pareva escludere: capriccio, immaginazione, lirismo"; e a La Fontaine, negli anni della guerra, dedicò ancora un'antologia di scritti (Milano 1943).
Nel dopoguerra il L. fu tra i fondatori dell'Associazione universitaria italo-francese di Bologna (trasformatasi nel 1959 nell'Associazione culturale italo-francese di cui fu presidente fino al 1963); nel 1948, iniziò a collaborare alla terza pagina de Il Giornale dell'Emilia e dal 1950 regolarmente a Il Mondo, in cui apparvero, in quindici anni, circa cinquanta articoli. Contemporaneamente dava alle stampe nuovi volumi.
Nel 1947 uscì una nuova edizione, arricchita da altri scritti, della raccolta Il posto nel tempo. Ripresa e congedo (Milano), che doveva poi confluire nel volume Pagine ritrovate. Memorie fantasie e letture (Torino 1964), una sorta di autobiografia, a cavallo tra il saggio critico e il ricordo. Nel 1949 pubblicò una fortunata antologia, Da Villon a Valéry (Messina-Firenze) che ebbe diverse edizioni e ampliamenti in ambito novecentesco, con l'inserimento, tra i grandi, di poeti contemporanei come J. Supervielle, P. Éluard, Saint-John Perse (A. Saint-Léger). Seguì Dante e Balzac con altri italiani e francesi (Napoli 1952), una raccolta di saggi riguardanti le due letterature e i loro rapporti e relative influenze (esemplare Il discorso indiretto libero in Flaubert e Verga). Nel suo ultimo anno d'insegnamento tenne un corso ritornando sull'amato Racine, il cui materiale utilizzò poi in Interpretazione di Phèdre (Bologna 1958).
Collocato fuori ruolo nel 1955, dall'anno precedente aveva ripreso a collaborare con Il Resto del carlino, avviandosi così all'ultima fase della sua produzione, dedita soprattutto all'elzeviro.
Nello spazio dell'elzeviro il L. riuscì a condensare analisi psicologica, descrizione dei fatti letterari, rievocazione di uomini e vicende, inserendosi a pieno titolo nella schiera dei grandi "elzeviristi", letterati e docenti, del Novecento come Neri, Trompeo, Cajumi, M. Valgimigli.
Professore emerito dell'ateneo bolognese, le ultime pubblicazioni della sua bibliografia (la quale ammonta a circa mezzo migliaio di titoli) sono costituite da raccolte di articoli, saggi, testi di interventi a convegni e congressi: Bovary italiane ed altri saggi (Caltanissetta-Roma 1959), il citato Pagine ritrovate( del 1964, e La cortigiana innamorata e altri saggi, uscito postumo (Torino 1972) a cura di E. De Michelis.
Il L. morì a Rapallo il 16 genn. 1968.
Socio di molte importanti istituzioni culturali e accademie, il L. fu in particolare socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei dal 1967 e cavaliere della Legion d'onore.
Fonti e Bibl.: Per quanto riguarda la bibliografia del L. si veda: C. Cordié, Bibliografia degli scritti di V. L. e Diego Valeri, in Studi in onore di V. L. e Diego Valeri, Venezia 1961, I, pp. XXI-XLIX; con qualche aggiunta fino al 1969, anche per la bibliografia critica, in Letteratura italiana (Marzorati), I critici, Milano 1970, IV, pp. 2941-2944. Vedi inoltre: G. Macchia, Gli studi di letteratura francese, in Cinquant'anni di vita intellettuale italiana 1896-1946: scritti in onore di B. Croce per il suo ottantesimo anniversario, a cura di C. Antoni - R. Mattioli, Napoli 1966, pp. 33 s.; P.P. Trompeo, Per L. scrittore, in Letteratura italiana (Marzorati), cit., pp. 2936-2939; C. Pellegrini, ibid., p. 2940; F. Forti, V. L., in Giorn. stor. della letteratura italiana, CXLVI (1969), pp. 158-160; Id., Giovanni Pascoli e V.L.: maestro e allievo, in Incontri e letture del Novecento (1940-1980), Bologna 1983, pp. 41-43; Ricordo di V. L. nel centenario della nascita(, a cura di L. Petroni, in Atti e memorie della Accademia di scienze, lettere e arti di Modena, s. 7, IV (1986-87), pp. 118-190; L. Anceschi, Ricordo di V. L., ibid., pp. 159-165; D. Dalla Valle, L. secentista, in Gli studi francesi in Italia tra le due guerre. Atti del XIX Convegno della Soc. universitaria per gli studi di lingua e letteratura francese,( 1986, Urbino 1987, pp. 125-132; A. Carrannante, Rileggendo V. L., in Otto/Novecento, XIX (1995), 1, pp. 77-96; V. L. e V. Bompiani, in Lingua, cultura e testo. Miscellanea di studi francesi in onore di S. Cigada, Milano 2003, II, 2, pp. 755-765.