GELMETTI, Vittorio
Nato a Milano il 25 apr. 1926 da genitori piemontesi (il padre era ufficiale di carriera, la madre figlia di un pastore protestante), trascorse l'infanzia a Bardolino, presso i nonni. Furono proprio questi ultimi che avviarono il G. alla musica; il nonno, infatti, era flautista dilettante, mentre la nonna, formatasi alla scuola di danza del teatro Regio di Torino, era una ballerina. Grazie a loro il G. assistette sin da bambino a opere di G. Meyerbeer, G. Donizetti, V. Bellini, G. Verdi, G. Bizet, potendo apprezzare cantanti quali B. Gigli e T. Dal Monte sotto la direzione di T. Serafin. Consigliato dal prozio C. Parente, direttore della banda municipale di Venezia, intraprese inoltre lo studio del pianoforte.
Alla morte del nonno (1938), il G. raggiunse il padre a Roma, dove questi era stato trasferito. Nella capitale frequentò un istituto tecnico per geometri. Dopo la caduta del regime fascista si arruolò nelle milizie della Repubblica di Salò. Nel 1945 iniziò a rivedere criticamente le posizioni assunte in precedenza. A Roma seguì la vita concertistica, interessandosi alle avanguardie europee; a ventiquattro anni decise di mettere da parte il diploma di geometra per dedicarsi unicamente alla musica. Studiò dapprima da autodidatta, prendendo A. von Webern, B. Bartók, A. Schönberg e I. Stravinskij come sicuri modelli di riferimento per il suo apprendistato. Tuttavia, date le difficilissime condizioni economiche in cui versava la sua famiglia, per guadagnarsi da vivere dovette svolgere svariati mestieri.
Il debutto ufficiale avvenne nel 1958 quando, dopo aver frequentato un corso di direzione d'orchestra all'Accademia Chigiana di Siena, si presentò al pubblico con la composizione Musica per quattro archi. Nello stesso periodo iniziò a collaborare come critico musicale per Il Popolo di Roma: il primo articolo, dedicato a Bartók, rivelò tutta la passione del G. per la musica contemporanea.
Dal 1959 al 1963 frequentò la Discoteca di Stato e il laboratorio di elettroacustica del ministero delle Poste e Telecomunicazioni, dedicandosi alla musica elettronica, e giungendo alla composizione di una delle sue opere più importanti: Treni d'onda a modulazione d'intensità (1963). Successivamente si allontanò dalla musica elettronica pura, adottando nuove tecniche compositive quali il "collage musicale" (di origine dadaista e surrealista), la manipolazione di brani preesistenti, oltre all'utilizzo di strumenti tradizionali.
Il 1963 fu anche l'anno in cui il G. entrò in contatto con il cinema; il cineasta e documentarista C. Di Carlo lo presentò a M. Antonioni, impegnato in quel periodo nella ricerca di particolari pagine di musiche d'avanguardia per il film Deserto rosso.
Nel film furono utilizzate, accanto ai brani d'impronta romantica di G. Fusco (collaboratore abituale del regista), anche le composizioni elettroniche del G., che continuavano, con finalità espressive, i rumori delle raffinerie, delle macchine, delle navi.
Nel 1965 il G. collaborò con lo studio S2FM di Firenze, componendo il collage Nous irons à Tahiti, e Intersezioni II e III - in memoriam di E. Varèse. Il ritorno al cinema avvenne l'anno successivo con le musiche per il film A mosca cieca di R. Scavolini.
In teatro esordì a Palermo nel 1969 con La descrittione del Gran Paese, su testi di E. Sanguineti; successivamente continuò a comporre musiche di scena per spettacoli teatrali, accompagnando al pianoforte e collaborando più volte con C. Bene e con T. Calenda presso il teatro Stabile de L'Aquila.
Sempre nel 1969, ospite a Varsavia dello Studio sperimentale della Radio polacca, compose il collage L'opera abbandonata tace e volge la sua cavità verso l'esterno. Risale allo stesso anno la collaborazione con i fratelli P. e V. Taviani per il film Sotto il segno dello scorpione, e con A. Giannarelli per Sierra Maestra. Nel 1970 scrisse le musiche per Il sasso in bocca di G. Ferrara, regista con il quale collaborò successivamente in Cento giorni a Palermo (1984).
Per quest'ultimo film il G. entrò in contrasto con il regista - il quale in fase di montaggio aveva operato alcuni tagli alla musica - fino quasi a disconoscere la paternità di quelle composizioni; ciononostante, proprio per tali musiche gli venne assegnato il premio SIAE "La colonna sonora" per l'anno europeo della musica 1985.
Nel 1990, nell'ambito del Festival 900 Musica di Trento, venne eseguita la prima esecuzione di Guernica, composizione commissionatagli dal Theater des Augenblicks di Vienna. L'anno successivo, nel corso della manifestazione svoltasi a Trieste per il bicentenario mozartiano, la sua composizione Eine kleine K Musik (per pianoforte e nastro magnetico) venne scelta per rappresentare la musica contemporanea.
Alla composizione il G. affiancò sempre un'intensa attività didattica, critica e teorica: docente al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, curatore di varie trasmissioni radiofoniche per la terza rete RAI, autore di libri e saggi teorici, redattore musicale della rivista d'avanguardia Il Marcatré.
Dal sincero interesse per il problema dell'educazione musicale, infatti, nacque Tutto è musica, un ciclo di programmi televisivi per la RAI, seguito dall'omonimo libro (1980), vera e propria integrazione delle stesse trasmissioni. L'idea di fondo che guida l'intero lavoro è quella di comunicare ai non addetti che la musica è un bene collettivo e da tutti fruibile. Nel 1984 pubblicò il libro-intervista Nostalgia d'Europa.
Il G. morì a Firenze il 5 febbr. 1992.
Oltre che per i film già menzionati, il G. compose le musiche per Nerosubianco di T. Brass (1968); La sua giornata di gloria di E. Bruno (1969); Come ti chiami amore mio? di U. Silva (1970); RADS 1001 di G. Treves (1973); … e di Shaul e dei sicari sulle vie da Damasco di G. Toti (1973); Non ho tempo di A. Giannarelli (1974); Angelus Novus di P. Misuraca (1987); Pagana 1988 di Sarenco (1988); Bachi da seta di G. Visentin (1989).
In Sotto il segno dello scorpione, film singolare che rinuncia alla ovvietà della narrazione per mezzo di immagini e di dialoghi essenziali, il G. adotta un linguaggio musicale scarno, articolato su pochi elementi sonori; fa uso di ritmi irregolari, impiega la tecnica aleatoria nell'utilizzo di lunghe fasce sonore corali e orchestrali, alterna momenti di percussione violenta a stati di profondo silenzio, tutto ciò al fine di dare origine a un tempo musicale "sospeso" e indeterminato.
Anche nel film Sierra Maestra sono presenti fasce sonore dal timbro nettamente metallico che procedono in modo non determinato, alternandosi a veri e propri grappoli di suoni elettronici "puri".
Per Angelus Novus ha poi manipolato, con l'aggiunta di un'orchestra d'archi e di musica elettronica, gli ultimi quartetti di L. van Beethoven e il concerto per clarinetto di W.A. Mozart.
Tra le composizioni del G. si ricordano anche: Concertino per pianoforte e archi (1954); Jeu de structures per orchestra (1957); 4 poesie di Lorca per voce e 7 strumenti (1958); Misure per nastro magnetico (1959); Organum quadruplum per coro, organo, chitarra e nastro magnetico (1967); Dura mors per flauto, clavicembalo, e percussioni (1973); Modus sonandi (1974); Alzare le gru ad alta voce (1975); Per Adrian: Libro I e Libro II (1976-78); Apocryphe per chitarra e piccola orchestra; Apocrifo, opera in due atti.
Fonti e Bibl.: V. Gelmetti, Una musica per lo Scorpione, in Cinema e utopia: i fratelli Taviani…, Parma 1974, pp. 67-69; E. Comuzio, V. G.: avanguardia ma…, in Cineforum, XXVIII (1988), pp. 11-14; F. Ferrari, V. G., in Nuova Riv. musicale italiana, XXVI (1992), pp. 332 s.; E. Comuzio, Colonna sonora, Diz. ragionato dei musicisti cinematografici, Roma 1992, pp. 191 s.; Diz. encicl. univ. della mus. e dei musicisti, Le biografie, III, p. 151.