CASTIGLIONI, Vittorio (Izhac, Haim)
Nacque a Trieste il 25 marzo 1840 da Moisè Davide Vita e Annetta Campos.
Il bisnonno paterno, pure di nome Moisè, toscano di origine, si era stabilito prima in Romagna ma poi, a causa delle discriminazioni antiebraiche poste in atto dalle autorità pontificie, era emigrato a Trieste, allora sotto il dominio austriaco. In questa città gli ebrei erano stati emancipati già alla fine del secolo XVIII e godevano di una discreta prosperità economica grazie ai commerci marittimi dell'allora porto franco asburgico.
Con il nonno di Vittorio, Abramo, la famiglia Castiglioni raggiunse una discreta agiatezza, ma la grave depressione che colpì Trieste con l'occupazione francese, mandò in rovina l'azienda e lo stesso Abramo fu costretto ad accettare il posto di bidello nella scuola della Comunità israelitica locale.
Poche e generiche sono le notizie relative al padre, che il C. commemora a trent'anni dalla scomparsa con un sonetto in lingua ebraica. Il giovane C. crebbe sotto l'influenza di una famiglia osservante (anche il nonno materno era impiegato presso la Comunità triestina). Condizionato dai modesti mezzi finanziari dei suoi, il ragazzo frequentò regolarmente la scuola elementare israelitica, sia per scelta familiare, sia anche a causa delle restrizioni che incontravano gli alunni ebrei nelle scuole pubbliche. Superato brillantemente l'esame di Stato, il C. continuò gli studi presso la scuola superiore della Comunità, che preparava i giovani nelle materie rabbiniche. Si guadagnava un piccolo stipendio come assistente in una scuola privata, ma poco dopo la Comunità, notando il suo impegno nello studio, lo incoraggiò con un assegno annuo per tutta la durata del corso.
Le lezioni sulle materie ebraiche venivano impartite dai rabbini Sabato Graziadio Treves, Marco Tedeschi, Samuele Vita Zelman e Moisè Tedeschi. Quest'ultimo influenzò molto il giovane C. che gli rimase legato da profondo affetto come provano quattro sonetti a lui dedicati. Si considerava discepolo anche di Samuel David Luzzatto, uno dei massimi dotti dell'ebraismo italiano del suo tempo, il quale dirigeva allora la scuola rabbinica di Padova e anche in suo onore compose odi celebrative. Ottenne la laurea rabbinica nel giugno 1861. Due anni prima aveva dato le dimissioni da supplente presso la scuola ebraica della Comunità e aveva cominciato a insegnare in una scuola pubblica. Si era nel frattempo interessato anche di materie diverse da quelle ebraiche come la matematica e la pedagogia e nel 1870 fu chiamato a insegnarle nel liceo femminile commerciale di Trieste. Mantenne questa cattedra per ben 32 anni, fino al 1902. Per la sua competenza in campo pedagogico ebbe l'incarico di dirigere il settore didattico dei giardini d'infanzia triestini ai quali, primo in Italia, applicò i metodi froebeliani.
Fu vicerabbino a Trieste per vari anni finché nel 1904 fu chiamato a succedere a Mosè Ehrenreich, da poco deceduto, nella cattedra di rabbino-capo di Roma e tenne questo incarico fino alla sua morte.
Rimasto prematuramente vedovo della prima moglie Enrichetta Bolaffio, il C., dopo tre anni di lutto, si sposò di nuovo con Giulia Sonnino. Ebbe cinque figli fra i quali Arturo che fu medico-capo del Lloyd Triestino e docente di storia della medicina a Padova, e Camillo.
Educatore e pedagogista, il C. operò e scrisse in un'epoca di transizione, caratterizzata, per quanto riguarda le scienze pedagogiche, da uno spiritualismo in declino e un positivismo in ascesa. Rispetto alla tradizione nazionale cattolica liberale dei Rosmini, Gioberti, Capponi e Lambruschini, il positivismo di Bentham, Comte e Saint-Simon, propone una pedagogia svincolata da ideali religiosi e che si preoccupi unicamente del benessere fisico e psichico del bambino. Il C. si inserisce in questa corrente di pensiero, influenzato soprattutto da Aristide Gabelli, la cui ben nota relazione "Sul metodo d'insegnamento nelle scuole elementari d'Italia" fu presentata all'XI Congresso pedagogico di Roma del 1880. Il C., che al congresso rappresentava la città di Trieste, ricevette in tale occasione la medaglia d'oro per meriti educativi. Aveva gia partecipato ai congressi pedagogici precedenti di Berlino e Vienna.
Nell'organizzare a Trieste i primi asili nido, il C. seguì soprattutto, come si è detto, il metodo froebeliano che, mettendo il bambino al centro del processo educativo, insiste sull'importanza formativa dei primi anni di vita. Tra i suoi scritti pedagogici più importanti vale ricordare: Semper recte: Alcune riflessioni ad uso del popolo intorno ai principali bisogni e doveri dell'uomo nelle più importanti contingenze della vita, Firenze 1890.
Si tratta di un'opera a carattere pedagogico e morale nello stesso tempo, come del resto indica il titolo: è divisa in sei capitoli in ognuno dei quali tratta delle varie fasi che attraversa l'uomo dall'infanzia alla vecchiaia. Nei capitoli sull'età evolutiva l'autore si sofferma sui giardini d'infanzia, ricordando il Froebel e il suo precursore Vittorino da Feltre, la cui Casa giocosa di Mantova fu il primo esperimento di asilo nido. Questo lavoro vinse il primo premio al concorso dell'Istituto di scienze, lettere ed arti di Venezia.
In Saggi di pedagogia, Torino 1895, sono raccolte le lezioni tenute al liceo femminile di Trieste. Alcuni temi riguardano la psicologia, trattata però come scienza ausiliaria della pedagogia; altri invece investono direttamente la scienza dell'educazione. Un anno dopo vide la luce a Trieste Il trattato del metodo di Cartesio considerato dal punto di vista educativo. In questo piccolo saggio (39 pagine), l'autore affronta in maniera originale il metodo cartesiano, scoprendo in esso gli elementi utili per la scienza pedagogica. Nella Storia delle istituzioni educative per l'infanzia del Comune di Trieste, con un cenno storico sulla educazione infantile, apparso a Trieste nello stesso anno, oltre alla descrizione del cammino percorso dalle istituzioni triestine, vi è un rapido quadro storico che comprende le figure più importanti della storia della pedagogia moderna, da Vittorino da Feltre a Rousseau.
In campo ebraico gli interessi del C. furono molteplici. In italiano scrisse una storia della Scuola israelitica triestina L'Istituto scolastico della Comunità Israelitica di Trieste, 1786-1886. Cenni storici documentati, pubblicati in occasione del primo centenario della fondazione dell'Istituto, Trieste 1886; alcuni opuscoli per l'insegnamento della lingua ebraica; traduzioni di preghiere del rito israelitico; studi e commenti su manoscritti ebraici dei secoli precedenti. L'opera di maggior rilievo rimane la traduzione della Mishnà, accompagnata da ampi commenti e note illustrative. Il lavoro, presentato con il titolo Mishnaiot. Testo ebraico punteggiato con traduzione italiana, proemio e note illustrative di V. Castiglioni triestino, uscì a dispense, a partire dal 1893,con i tipi dell'editore Fischer di Cracovia e, dopo la morte del C., fu continuata dal suo discepolo E. Schreiber.
In ebraico e in italiano uscì a Francoforte, nel 1906, una raccolta di sonetti, Crotalia Aurea, che, più che per il valore poetico, riveste una certa importanza per il fatto che con tali sonetti il C. era solito celebrare gli eventi tristi e lieti della sua famiglia come pure le date storiche più significative per l'ebraismo del suo tempo.
Scrisse anche altre opere in lingua ebraica, fra le quali, con i titoli anche in latino, ricordiamo: Monumentum Iosephi. Iosephi Almantii carmina, epistulae, inscriptiones nunc primum edidit V. C. tergestinus...,Cracovia 1889; Rachelis Citharae cantus, sive tergestituie matronae Rachelis Morpurgo e gente Lausatia carmina, epistulae scripta...,Cracovia 1890; Samuelis verbum, quo libro continentur Samuelis Vita Lolli carmina, epistulae...,Cracovia 1895; Epistolae ad Sciadal..., Cracovia 1900.
Avendo vissuto la maggior parte della sua vita a Trieste, allora sotto l'Impero asburgico, il C. subì le influenze delle correnti ebraiche riformiste dell'Europa centrale che lo fecero allontanare dalla linea ortodossa italiana. Questo atteggiamento "modernista" fu favorito anche dalla riacquistata emancipazione israelita avvenuta pochi anni prima e che trovò il suo culmine con la visita ufficiale di Vittorio Emanuele III all'inaugurazione della nuova sinagoga romana il 2 luglio 1904. Il C. che, da poco assunto all'incarico di rabbino-capo, ebbe l'onore di celebrare in quel giorno la funzione solenne, intese farsi interprete di questo nuovo clima politico liberale. Durante il periodo del suo magistero romano modificò alcune regole del culto; fece celebrare i matrimoni anche nei periodi tradizionalmente proibiti e permise la pratica della cremazione. Si spense a Roma l'8 genn. 1911.
Bibl.: Una bibl. degli scritti del C. è in Rivista degli studi orientali, V (1913), 1, pp. 43-47; E. Blustein, Storia degli ebrei a Roma, Roma 1921, pp. 289 s.; A. Milano, Storia degli ebrei d'Italia, Torino 1963, p. 373; Y. Colombo, Il pensiero pedagogico di V. C., in Scritti in mem. di Enzo Sereni, Milano-Gerusalemme 1970, pp. 197-215; P. S. Colbi, V. C., un dotto rabbino ital., esponente di un'epoca di transizione, in Rass. mens. d'Israel, XLIII (1977), pp. 478-88; Enc. Catt., III, col. 1041.