Educatore e umanista (Feltre 1378 circa - Mantova 1446). Prof. di retorica a Padova (1421), a lui si deve la fondazione (1423) a Mantova del primo istituto di istruzione in cui venissero realizzati gli ideali umanistici. V. organizzò la scuola secondo una disciplina di uguaglianza per tutti, di rispetto per l'individualità di ciascuno, di mutua fiducia, di ordine, e annoverò tra i suoi allievi letterati, religiosi e uomini di stato.
Nacque da Bruto dei Rambaldoni; andato a Padova verso il 1396 per studiarvi, subì l'influenza di P. P. Vergerio il Vecchio. Negli anni 1415 e 1416 imparò il greco a Venezia alla scuola di Guarino. Dopo l'insegnamento a Padova, l'anno dopo tornò a Venezia, direttore di una scuola frequentata da giovani patrizi; nel 1423 fondò a Mantova, chiamatovi da Gianfrancesco I Gonzaga, in una villa gonzaghesca, già denominata "zoiosa" e ribattezzata da lui "giocosa", la prima scuola realizzatrice degli ideali umanistici fusi con lo spirito cristiano, ai fini di un'integrale formazione della personalità. Ai figli e alle figlie di Gonzaga, ai quali in origine la scuola era destinata, si aggiunsero poi Federico da Montefeltro, Giberto da Correggio e via via tanti altri alunni, fino a settanta, italiani e stranieri, appartenenti a classi sociali diverse, anche poveri, ospitati questi per carità. La giornata trascorreva in un intenso lavoro, in cui le occupazioni della mente si alternavano con esercizi ginnici e guerreschi. Il programma degli studi comprendeva il trivio e il quadrivio, ma ravvivati e filtrati dalla nuova cultura letteraria e scientifica che V. portò nella sua scuola, fondendo nell'unità del fine educativo e dell'indirizzo didattico la varietà dei maestri che collaboravano con lui, tra i quali furono, per l'insegnamento del greco, Giorgio da Trebisonda e Teodoro Gaza. La sua scuola durò ancora vent'anni dopo la sua morte e costituì una grande fucina, non tanto di letterati, come quella di Guarino, quanto di capi di stato, come i Gonzaga e i Montefeltro; condottieri, come Giberto da Correggio; prelati, come Sassolo da Prato, Niccolò Perotto, Giovanni Andrea Bussi; educatori, come Ognibene da Longino; umanisti, come Gregorio Correr e Il Platina. V. non lasciò scritti, eccettuati il trattatello De Orthographia e alcune lettere.