DOLCE (Dulcis, De Dulcibus), Vittore (Vittore da Feltre)
Nacque a Feltre (prov. Belluno), probabilmente tra il 1380 e il 1385, da Bartolomeo; la data di nascita si può dedurre solo congetturalmente dal fatto che nel 1406 egli già insegnava diritto canonico nell'università di Padova. Nei primi anni del sec. XV il D. dimorò nel collegio del "Campione" o "Tornacense", che ospitava solo studenti di diritto canonico. Il suo insegnamento nello Studio padovano, iniziato nel 1405, continuò ininterrotto ed assiduo fino al 1449.
Canonista di grande fama, il D., che sembra non aver lasciato alcuna opera scritta, fu uno dei primi appassionati raccoglitori di codici di classici latini, di scrittori italiani e di giuristi.
Dal suo testamento e, in particolare, da un piccolo gruppo di lettere, si rileva che fu intimo amico del patrizio veneziano Leonardo Giustinian, uomo di Stato, umanista e autore di celebri canzonette popolari, da lui dette appunto "giustinianee". È probabile che il D. abbia conosciuto il Giustinian quando ambedue frequentavano l'università di Padova; la loro amicizia divenne più intima con gli anni, grazie all'affinità di indole, di studi e di principi morali e religiosi. Il D. soleva fargli frequenti visite a Venezia, dove contava anche altri amici, quali Giovanni Contarini e Zaccaria Giustinian e, dopo il 1443, nell'amoenitasrusticana dell'isoletta di Murano nella laguna, dove il Giustinian soleva ritirarsi per attendere ai suoi prediletti studi umanistici e alla poesia.
Le lettere hanno talvolta tono di familiarità, come quando il D. chiede all'amico di procurargli una veste per la moglie Cecilia o affida alla sua protezione un parente. A volte la confidenza diviene più intima, come nella lettera in cui il Giustinian esprime all'amico il grande dolore per la morte di un nipotino, figlio di Bernardo, suo figlio. In un'altra ancora il Giustinian dichiara la sua affettuosa stima all'amico, che, come gli era stato di esempio allorché si trovava ancora occupato negli uffici politici, così lo è ora, suggerendogli la maniera migliore di trascorrere gli otia nell'idillico recesso muranese. Molto interessante è anche un'altra lettera del Giustinian, scritta dal figlio Bernardo per incarico del padre, forse indisposto, nella quale si accenna all'amicizia intercorsa tra lui e s. Bernardino da Siena e come il santo, nel 1433, fosse solito fargli visita quasi giornalmente nel palazzo di Venezia, trattenendosi in lunghi colloqui su argomenti di morale e di religione, che il figlio giovanetto ascoltava ammirato.
Il D. morì a Padova nel 1453.
Non lasciò figli, anche se sembra che avesse contratto matrimonio due volte. La prima moglie, Francesca, era già deceduta nel 1440: il D. infatti, nel testamento steso in quell'anno, ricordava come sua consorte "egregia domina dilecta Cecilia". Ebbe tre nipoti, ricordati nel testamento: Battista, figlio di una sorella, Antonio Vittore, sacerdote, e Andrea. Nell'atto testamentario, vergato presso il notaio padovano Della Valle, il D., indicato quale "famosus decretorum doctor", disponeva che il suo corpo venisse sepolto nella chiesa di S. Francesco, che vi fosse eretto un sepolcro per lui e la moglie Cecilia e la zia Bernardina e posta una iscrizione a ricordo; il tutto a spese della Confraternita di S. Maria della Carità, che istituiva erede di tutta la sua sostanza. La volontà del testatore fu diligentemente eseguita dalla confraternita. Nella basilica di S. Francesco, a terra, sul lato destro, su una lapide, incisa sotto l'immagine del D., si leggeva la seguente epigrafe: "Victor ex Dulci Familia feltrensi natus / Juris Ponteficii accuratissimus interpres / Hoc marmore clauditur qui ut sapientia / Nostra claruit aetate ita exutus vita / fama nunc perbeate lustrat / Obiit MCCCCLIII." La pietra sepolcrale con l'epigrafe esisteva ancora nel 1922, ma in anni posteriori venne tolta e malauguratamente dispersa. Il Portenari e il Cambruzzi asserirono che la chiesa di S. Francesco fu fatta costruire dal D.; studiosi recenti però dimostrarono l'inesattezza della notizia. Ritornando alle disposizioni del testatore, ricordiamo che egli lasciava al collegio del "Campione", dove aveva dimorato come studente, 20 ducati d'oro. Una disposizione che rivela simpaticamente la bontà del testatore è la seguente: "lascio alla vedova Maria di Bulgaria, che abita nel cortiletto, 6 ducati annui finché vivrà, e desidero che si procuri una veste di panno nero e si acquisti un fazzoletto, conforme all'uso; e parimenti lascio ducati 10 a Novella, che un tempo è stata al mio servizio".
La parte del testamento che particolarmente ci interessa è quella riguardante i codici da lui raccolti dei quali disponeva fosse erede il nipote Battista. Se questi però fosse deceduto o avesse seguito altra via da quella degli studi alla quale era avviato, i libri dovevano passare agli eredi. Alla morte del D., avendo il nipote lasciato gli studi, i libri, dopo vari contrasti e liti tra la Confraternita della Carità, che si riteneva legittima erede, e il monastero di S. Giustina, furono raccolti nella biblioteca dei monaci benedettini, che ne compilarono il catalogo, sotto il titolo: Bona reperta in studio Victoris de Feltre. Si tratta di 101 codici; l'elenco però è piuttosto sommario: a volte l'opera manca del nome dell'autore, a volte questo si ricava da qualche nota di mano posteriore, apposta nei margini. La parte maggiormente rappresentata è quella dei codici latini. Cicerone vi figura con cinque opere: De officiis, De amicitia, De senectute, Paradoxa, De oratore; Virgilio, con le Bucoliche; Terenzio, Sallustio, Seneca (Epistole e Tragedie), Boezio, Cassiodoro, ecc. Vi sono pure parecchi classici della letteratura cristiana: s. Girolamo (Epistolae); s. Agostino (De civitate Dei); tre codici delle opere di s. Tommaso e un codice di s. Bonaventura. Numerosi i codici di diritto canonico (Decretales): tre soli i codici greci; due, quelli di Dante, più il commento di Benvenuto da Imola alla Divina Commedia e uno del Petrarca, con la raccolta di lettere Sine titulo. È pure da segnalare un discreto gruppo di libri di grammatica e ortografia, e due trattati di astronomia. La quasi totalità di questi codici è conservata nella Biblioteca di S. Giustina: due sono passati alla Biblioteca universitaria di Padova, che li elenca nel catalogo segnato B. P. 229, ms. sec. XV. Di recente L. Montobbio ne ha pubblicato l'intero inventario (1958) nell'estratto citato nella sottosegnata bibliografia.
Fonti e Bibl.: A. Portenari, Della felicità di Padova, Feltre 1874, lib. IX, p. 43; A. Cambruzzi, Storia di Feltre, II, pp. 431 s.; L. Rizzoli, La costruzione della chiesa di S. Giustina, in Atti d. Acc. padovana di scienze, lettere e arti, XXXVII (1921), pp. 7 s., G. Biasuz, V. D. da Feltre, in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, XXIV (1952), pp. 37 s.; L. Montobbio, V. D. da Feltre († 1453) e la sua biblioteca, in Bollettino del Museo civico di Padova, XLVI-XLVII (1957-58), pp. 169-194.