VOLTERRA, Vito
– Nacque ad Ancona il 3 maggio 1860 da Abramo, commerciante, e da Angelica Almagià.
Il padre morì improvvisamente nel 1862, lasciando Angelica e Vito privi di risorse economiche. I due si trasferirono allora presso il fratello di lei, Alfonso Almagià, che viveva insieme alla madre, Fortunata Basman, e da quel momento si fece carico anche della sorella e del nipote. Alfonso e Angelica erano nipoti di Saul Almagià, esponente di spicco della comunità ebraica anconetana, ed erano cresciuti a stretto contatto con i figli di lui: Virginia, Roberto, Edoardo e Vito. In questa rete di rapporti familiari, lo stretto legame di Angelica con il fratello Alfonso e con il cugino Edoardo avrebbe influito profondamente sulle vicende di Vito. Alfonso, divenuto funzionario della Banca nazionale, nel luglio del 1865 si stabilì a Firenze: lì si svolse la formazione scolastica di Vito, il quale fu inoltre spinto dalla madre a studiare il francese.
La vocazione matematica prese forma già da ragazzo e si consolidò con gli studi presso l’istituto tecnico di indirizzo fisico-matematico (antenato del liceo scientifico creato dalla riforma Gentile nel 1923), dove ebbe come docente il fisico Antonio Roiti, che fu poi il suo mentore anche nella carriera accademica. Dopo gli studi superiori, Vito poté completare la sua formazione grazie al sostegno del cugino Edoardo, che si rese conto delle sue doti. Ingegnere civile, Edoardo era divenuto uno dei maggiori imprenditori italiani nel campo delle costruzioni e delle grandi infrastrutture: la sua autorevolezza convinse i familiari a far proseguire gli studi di Vito, che superò – con l’incoraggiamento e i consigli di Roiti – il concorso di ammissione alla Scuola normale superiore di Pisa. Lì ebbe come maestri prima Ulisse Dini, poi Enrico Betti, con il quale si laureò il 30 giugno 1882, discutendo una tesi di idrodinamica.
Nel dicembre del 1882, su proposta di Betti, Volterra fu nominato assistente di meccanica razionale, insegnamento per il quale pochi mesi dopo vinse il concorso a cattedra. Nel 1883 divenne così professore nella stessa università in cui si era laureato un anno e mezzo prima. Già nel 1880-81, ancora studente, Volterra aveva pubblicato, incoraggiato da Dini, alcune note di analisi reale la cui rilevanza era stata riconosciuta dalla comunità matematica. Sotto la guida di Betti il suo campo di ricerca si allargò alla fisica matematica per orientarsi presto verso ricerche condotte in piena autonomia con gli studi sulle funzioni di variabile complessa, le equazioni differenziali e soprattutto la creazione dell’analisi funzionale. A Pisa, oltre all’insegnamento di meccanica razionale, Volterra tenne quello di statica grafica. Betti presentava regolarmente all’Accademia dei Lincei i lavori del suo allievo, che cominciò subito a essere apprezzato nella comunità scientifica nazionale: nel 1887 ricevette la medaglia per le matematiche dell’Accademia nazionale dei XL e divenne socio non residente del Circolo matematico di Palermo fondato da Giovanni Battista Guccia; nel 1888 fu eletto socio corrispondente dei Lincei (socio nazionale dal 1899). Nel 1892-93, dopo la morte di Betti, Volterra gli subentrò nell’insegnamento di fisica matematica e fu associato da Angelo Battelli e Riccardo Felici alla condirezione del Nuovo Cimento.
Nell’estate del 1893, tuttavia, forse insoddisfatto della propria situazione a Pisa, accettò di trasferirsi all’Università di Torino. Promotori della chiamata erano stati il fisico sperimentale Andrea Naccari e il fondatore della scuola torinese di geometria algebrica, Enrico D’Ovidio; a Volterra furono affidati gli insegnamenti di meccanica razionale e meccanica superiore. Nel 1895 fu eletto socio dell’Accademia delle scienze di Torino, e nel 1897 fece la sua prima esperienza di organizzatore scientifico partecipando attivamente alla fondazione della Società italiana di fisica. Nel 1899 divenne socio corrispondente delle accademie di Bologna e di Modena, e nel 1900 dell’Istituto lombardo.
Le principali ricerche svolte in questo periodo riguardavano le equazioni integrali e il movimento dei poli. Queste ultime diedero luogo nel 1895-96 a una vivace polemica con Giuseppe Peano, che ebbe un’eco anche nelle discussioni dell’Accademia delle scienze. La vicenda si risolse in modo sostanzialmente favorevole a Volterra. Ciononostante, egli si trovava in una situazione complicata, non essendo riuscito a integrarsi pienamente nella città subalpina.
Quando nel 1900, alla morte di Eugenio Beltrami, si rese vacante la cattedra di fisica matematica a Roma, Volterra scelse di trasferirsi nella capitale. A Roma insegnò fisica matematica e meccanica celeste: la Scuola di matematica aveva sede a S. Pietro in Vincoli, insieme alla Scuola di applicazione per gli ingegneri, ma lui stabilì il suo studio presso l’Istituto di fisica di via Panisperna, diretto da Pietro Blaserna.
Del resto, in quegli anni le questioni scientifiche che maggiormente lo interessavano erano proprio quelle fisico-matematiche: teoria dell’elasticità, distorsioni, fenomeni ereditari. Il loro approfondimento avrebbe peraltro portato sviluppi anche sul versante analitico, con le equazioni integro-differenziali e la nozione di composizione di due funzioni.
La questione del trasferimento a Roma si intrecciava strettamente con la decisione familiare del matrimonio tra Vito e Virginia Almagià, figlia di Edoardo. I futuri suoceri desideravano infatti che la coppia non si allontanasse dalla famiglia. Vito e Virginia si sposarono l’11 luglio 1900 e si stabilirono a Roma nel palazzo Fiano Almagià. Dal matrimonio nacquero sei figli: Luigi (1901), morto poco dopo la nascita, Luisa (1902), Edoardo (1904), Enrico (1905) e Gustavo (1906), scomparso anch’egli in tenera età e seguito da un altro Gustavo (1909). Nel 1904 iniziò la costruzione del villino Volterra di Ariccia, dove Vito e Virginia trascorrevano la villeggiatura estiva, secondo un costume diffuso tra le famiglie agiate della capitale: nel villino furono spesso ospiti anche i visitatori che si recavano a Roma per incontrare Vito.
Nel novembre del 1901 Volterra fu incaricato di tenere la prolusione per la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico. Il suo intervento fu poi pubblicato con il titolo Sui tentativi di applicazione delle matematiche alle scienze biologiche e sociali (s.n.t., 1901, p. 25, ristampato in Archivio di fisiologia, 1906, 3, pp. 175-191), tradotto in francese (Revue du mois, 1906, 1, pp. 1-20), e ripubblicato nella raccolta dei Saggi scientifici (Bologna 1920).
Quel testo conteneva importanti indirizzi di ricerca, ai cui sviluppi avrebbe in seguito contribuito egli stesso, ed esprimeva le prospettive politico-culturali con cui avrebbe messo a frutto le doti organizzative di cui aveva già dato prova. Il rapporto con gli ambienti tecnocratici che operavano nella Roma giolittiana, infatti, gli offriva l’occasione di partecipare alla definizione della politica scientifica italiana nel periodo del decollo industriale.
Nel 1904 fece parte, con Stanislao Cannizzaro e Valentino Cerruti, della commissione che promosse l’istituzione del Politecnico di Torino (1906). Nel 1905 fu nominato senatore del Regno. Nel 1907 fu eletto preside della facoltà di scienze, incarico nel quale fu più volte riconfermato, fino al 1919. Quando nello stesso 1907 fu riorganizzata la Società italiana per il progresso delle scienze, ne divenne presidente fino al 1910, promuovendo la costituzione del Comitato talassografico italiano (1909). Nel 1909, inoltre, incontrò per la prima volta George Ellery Hale, astrofisico statunitense, invitato presso l’istituto di via Panisperna per presentare gli importanti risultati delle sue ricerche sul Sole. Tale incontro va inquadrato in una prospettiva di relazioni internazionali che Volterra aveva iniziato a coltivare già agli inizi della carriera, incoraggiato da Guccia.
Questi, in occasione di un breve viaggio a Parigi nella primavera del 1888, lo aveva munito di lettere di presentazione, dandogli modo di incontrare fra gli altri Henri Poincaré, e nello stesso anno lo aveva messo in contatto col matematico svedese Gustaf Magnus Mittag-Leffler, il quale invitò Volterra a trascorrere insieme a lui, nel mese di luglio, una vacanza in Germania. Gli incontri fatti durante quel viaggio (fra gli altri Karl Theodor Wilhelm Weierstrass, Sofia V. Kovalevskaya, Felix Christian Klein, Georg Cantor) segnarono il suo esordio nel mondo matematico internazionale. Nel luglio del 1889, poi, Poincaré lo invitò a Parigi per partecipare ai lavori del Congresso di bibliografia matematica organizzato in concomitanza con l’Esposizione universale. A partire da quel momento il suo principale riferimento internazionale divenne la comunità matematica francese.
Volterra entrò in un giro di relazioni che coinvolgeva i maggiori esponenti mondiali della disciplina. Nell’estate del 1891 trascorse un periodo di studio a Göttingen, all’epoca uno dei più importanti centri di ricerca matematica. Nel 1893 fu invitato a Chicago, in occasione dell’Esposizione universale, ma fu costretto a rinunciare per non mettere a rischio il trasferimento a Torino. Nel 1897 presenziò al I Congresso internazionale dei matematici, tenutosi a Zurigo, e nel Congresso successivo, tenutosi a Parigi nel 1900, partecipò come plenary speaker. Veniva così consacrata la sua autorevolezza scientifica anche fuori dall’Italia: nel 1904 fu eletto socio corrispondente dell’Académie des sciences di Parigi; nel 1908 divenne socio straniero dell’Accademia delle scienze di Stoccolma, dell’Academia Leopoldina di Halle e dell’Accademia imperiale di San Pietroburgo; nel 1910 della Royal Society di Londra.
Nell’estate del 1909 fu invitato a Boston per le celebrazioni del ventennale della Clark University e le conferenze tenute nell’occasione gli procurarono un allievo americano, Griffith C. Evans. Nel 1910-11 questi trascorse un periodo di studio a Roma presso Volterra, il quale guidò poi l’inizio della sua carriera accademica al Rice Institute di Houston. Nel 1911, candidato da Hale, fu eletto socio straniero della National Academy of sciences di Washington. Nel 1912 intraprese un secondo viaggio negli Stati Uniti e tornò in Italia fermamente convinto dell’importanza degli sviluppi scientifici in corso dall’altra parte dell’Atlantico. Hale e Evans divennero i suoi principali riferimenti americani.
Fra il 1911 e il 1913, Volterra manifestò la propria contrarietà alla guerra di Libia, insieme alla preoccupazione per la situazione europea e alla speranza che l’Italia si mantenesse estranea a un eventuale conflitto. Tuttavia, quando questo si materializzò, nell’agosto del 1914, la violazione della neutralità del Belgio e la distruzione della biblioteca universitaria di Lovanio nel corso di una rappresaglia tedesca spinsero Volterra su posizioni fortemente antigermaniche.
Alla riprovazione politica si univa in questa circostanza la sua particolare sensibilità nei confronti del patrimonio librario. Incoraggiato da ragazzo a coltivare interessi storico-umanistici e stimolato negli anni pisani a interessarsi di libri e documenti di carattere scientifico, la sua passione per i libri diede luogo alla formazione di una raccolta in cui confluivano, accanto alle pubblicazioni legate ai suoi studi e a quelle ricevute dai colleghi (gli scambi erano allora un importante canale di circolazione dei risultati scientifici), anche un rilevante patrimonio di libri antichi di argomento fisico-matematico. Creò in tal modo una biblioteca storico-scientifica tra le più note e importanti a livello internazionale.
Nel dibattito che si sviluppò nell’estate del 1914 sulla dichiarazione di neutralità dell’Italia, Volterra osservò un iniziale riserbo pubblico, rotto soltanto nelle corrispondenze private con i colleghi francesi. Successivamente, dopo l’appello in favore della Germania rivolto da novantatré intellettuali tedeschi all’opinione pubblica dei Paesi neutrali, si impegnò nella propaganda per l’intervento italiano a fianco delle potenze dell’Intesa e nello sviluppo della cooperazione culturale, partecipando anche, nel luglio del 1916, alla costituzione dell’Associazione italiana per l’intesa intellettuale tra i Paesi alleati e amici. Nel maggio del 1915, quando l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria, si arruolò volontario e in considerazione delle sue competenze scientifiche fu incaricato di studiare l’armamento dei dirigibili. Dopo la dichiarazione di guerra italiana alla Germania, nell’agosto del 1916, il suo lavoro fu sempre più indirizzato, anche su sollecitazione francese, verso la collaborazione scientifica interalleata e quando nel gennaio del 1917 fu istituito – presso il Sottosegretariato delle armi e munizioni – l’Ufficio invenzioni ne ebbe la direzione.
Nell’aprile del 1917 anche gli Stati Uniti entrarono in guerra a fianco dell’Intesa. Evans si arruolò nell’aviazione americana, e divenne addetto militare a Parigi e a Roma. Nell’organizzazione dell’impresa bellica americana svolse inoltre un ruolo centrale Hale, che aveva promosso a questo scopo l’istituzione del National research council. Volterra inviò un giovane collaboratore dell’Ufficio invenzioni, l’astrofisico Giorgio Abetti, presso l’osservatorio di Mount Wilson, che Hale dirigeva. Quando Hale decise di promuovere una riorganizzazione della collaborazione scientifica internazionale, attraverso la costituzione di un organismo basato sul modello americano, Volterra fu coinvolto nell’iniziativa, assieme al francese Charles-Émile Picard, all’inglese sir Arthur Schuster e al belga Georges Lecointe. A questo scopo furono organizzate tre conferenze interalleate, che si svolsero a Londra (ottobre 1918), a Parigi (novembre 1918) e a Bruxelles (luglio 1919), e portarono all’istituzione dell’International research council, di cui Volterra divenne vicepresidente.
Negli anni che seguirono Volterra ebbe incarichi di grande prestigio: nel 1919 fu eletto presidente dell’Accademia nazionale dei XL, di cui era socio dal 1896; lasciò l’incarico nel 1920, quando fu eletto presidente dell’Accademia dei Lincei; dopo la costituzione del Consiglio nazionale delle ricerche (1923), ne divenne presidente. Dal 1924 al 1930 fu referente europeo per la fisica e la matematica dell’International board of education della Rockefeller foundation. Benché estremamente preoccupato per la situazione politica e contrario alle riforme scolastiche promosse dal ministro della Pubblica Istruzione Giovanni Gentile (sulle quali i Lincei si espressero criticamente attraverso una commissione presieduta da Guido Castelnuovo), collaborò tuttavia istituzionalmente con il governo, che considerava legittimo perché nominato dal re. Egli sosteneva però le posizioni del gruppo liberaldemocratico e aveva un forte legame con Giovanni Amendola, e quando la situazione politica mutò, in conseguenza delle leggi che nel biennio successivo instaurarono la dittatura, Volterra si oppose apertamente al fascismo.
Dopo la prima guerra mondiale aveva partecipato al progetto di dar vita a un’enciclopedia italiana, ma quando nel 1925 essa venne presa in mano da Gentile rifiutò di collaborarvi. Firmatario del manifesto Croce e membro del piccolo gruppo dei senatori di opposizione, nel 1926 lasciò la presidenza dei Lincei e fu estromesso da quella del Consiglio nazionale delle ricerche. Nel novembre del 1931 fu uno dei dodici professori universitari che rifiutarono il giuramento di fedeltà al fascismo e nel 1933 rifiutò un’analoga imposizione ai soci delle accademie. Di conseguenza fu dispensato dal servizio universitario nel 1932 ed espulso dalle accademie nel 1934. Cancellato dalla vita pubblica, divenne oggetto di una vera e propria damnatio memoriae, protrattasi anche dopo la fine della dittatura. Costretto all’invisibilità accademica in patria, continuò a svolgere un ruolo di rilievo nella comunità scientifica internazionale e i tentativi del governo fascista di estrometterlo dagli organismi sovranazionali in cui svolgeva ruoli di rilievo fallirono, grazie a una ferma opposizione in cui si distinsero i matematici francesi.
Conservò quindi gli incarichi nell’International research council, nel Bureau des longitudes, e la presidenza del Bureau international des poids et mesures. Su proposta di Tullio Levi-Civita, sostenuta da padre Agostino Gemelli, nel 1936 Pio XI lo nominò socio della Pontificia Accademia delle scienze, con una scelta carica di significato politico. Continuò inoltre il lavoro scientifico, avviando un’ulteriore fase della sua attività di ricercatore. Fra il 1926 e il 1936, traendo spunto dalla difficile interpretazione dei dati sulla pescosità nel mare Adriatico durante la guerra (problema che gli era stato sottoposto da Umberto D’Ancona, suo futuro genero), arrivò all’elaborazione delle equazioni di Lotka-Volterra. Note anche come modello preda-predatore, esse sono oggi considerate uno dei momenti fondativi dell’ecologia matematica. Partecipò inoltre alla vita universitaria francese attraverso l’attività dell’Institut Henri Poincaré.
Nel 1938 la carica di senatore gli permise di evitare alcuni effetti delle leggi antiebraiche, benché fosse molto preoccupato per il futuro dei familiari.
Morì a Roma l’11 ottobre 1940 e fu sepolto ad Ariccia.
La sola commemorazione a cui la famiglia poté assistere fu tenuta nel 1941 presso la Pontificia Accademia delle scienze. In Italia soltanto il Bollettino dell’Unione matematica italiana, dopo un dibattito interno, ne aveva pubblicato, nello stesso 1941, un breve ricordo. Un’ampia e documentata rievocazione, corredata dalla bibliografia completa dei suoi lavori, fu pubblicata dalla Royal Society (E. Whittaker, V. V., 1860-1940. Obituary notices, in Biographic memoirs of fellows of the Royal Society, III (1941), pp. 690-729). Nel 1946, con il ritorno alla vita democratica, a lui fu dedicato il discorso con cui Castelnuovo inaugurò la ripresa delle attività dell’Accademia nazionale dei Lincei.
Fonti e Bibl.: Un’abbondante documentazione archivistica su Vito Volterra si trova presso varie istituzioni italiane e internazionali, e negli archivi privati dei suoi numerosi corrispondenti. Il suo archivio personale è conservato dal 1984 a Roma, presso l’Accademia nazionale dei Lincei; alcuni fascicoli sono però a Pasadena presso il California Institute of technology (Institute Archives, V. V. files), e documenti di carattere familiare sono tuttora presso gli eredi, in Italia. Inoltre, non si conosce la sede di conservazione dei carteggi con la moglie e con la madre, utilizzati da Judith Goodstein nella biografia citata in seguito, senza indicarne la collocazione (p. 282). La biblioteca, acquisita nel 1984 dal Dibner Institute, è conservata dal 2006 presso la Huntington Library di San Marino (Cal.): in essa si trovano anche i V. Offprints (S. Sigurdsson, 17,000 reprints later: description and analysis of the V. V. reprint collection, in Historical studies in the physical and biological sciences, XXII (1992), n. 2, pp. 391-397). L’Accademia nazionale dei Lincei ne ripubblicò le Opere matematiche, I-V, Roma 1954-1962, e ne commemorò il centenario della nascita nel 1960, e il cinquantenario della morte nel 1990 (Convegno internazionale in memoria di V. V.: Roma 8-11 ottobre 1990, Roma 1992). In quest’ultima circostanza fu organizzata una mostra documentaria, nel cui catalogo fu edita per la prima volta una selezione della corrispondenza: V. V. e il suo tempo (1860-1940), a cura di G. Paoloni, Roma 1990. Da allora gli è stata dedicata un’ampia produzione storiografica, accompagnata da edizioni di carteggi. Si segnalano come particolarmente attinenti ai temi qui trattati: Scienza, tecnologia e istituzioni. V. V. e l’origine del CNR, a cura di R. Simili, Roma-Bari 1993; G. Paoloni, V. V. and the International Board of education. A correspondence (1924-1930), in The “unacceptables”. American foundations and refugee scholars between the two wars and after, a cura di a cura di G. Gemelli, Bruxelles 2000, pp. 273-298; The biology of numbers. The correspondence of V. V. on mathematical biology, a cura di G. Israel - A. Millán Gasca, Basel-Boston-Berlin 2002; S. Linguerri, V. V. e il Comitato talassografico italiano. Imprese per aria e per mare nell’Italia unita (1883-1930), Firenze 2005; J. Goodstein, The V. chronicles: the life and times of an extraordinary mathematician, Providence (R.I.) 2007; S. Coen, La vita di V. V. vista anche nella varia prospettiva di biografie più o meno recenti, in La matematica nella società e nella cultura. Rivista dell’Unione matematica italiana, s. 1, I (2008), 3, pp. 443-476; A. Guerraggio - G. Paoloni, V. V., Roma 2008; R. Simili - G. Paoloni, V. V. and the making of research institutions in Italy and abroad, in The migration of ideas, a cura di R. Scazzieri -R. Simili, New York 2008, pp. 123-150; G. Paoloni, “Senza il peso del passato”: V. V., gli Stati Uniti e il modello scientifico americano, in Le vie dell’innovazione. Viaggi tra scienza, tecnica ed economia (secoli XVIII-XX), a cura di C.G. Lacaita, Milano-Lugano 2009, pp. 329-355; L. Mazliak - R. Tazzioli, Mathematicians at war. V. and his french colleagues in World War I. Correspondence between V. and Borel, Hadamard and Picard, Berlin 2009; Il villino V. in Ariccia, a cura di R. Veneziani - V. Volterra, Roma 2011; P. Nastasi - R. Tazzioli, I matematici italiani e l’internazionalismo scientifico, in La matematica nella società e nella cultura. Rivista dell’Unione matematica italiana, s. 1, VI (2013), 3, pp. 355-405; A. Capristo, V., fascism and France, in Science in context, XXVIII (2015), 4, pp. 637-674; The correspondence between Gösta Mittag-Leffler and V. V., a cura di F. Jaëck et al., Berlin 2019.