FORNARI, Vito
Nacque a Molfetta (Bari) il 10 marzo 1821 da Giuseppe Antonio e da Anna Maria Tridente, "genitori di onorata probità". Compì i primi studi classici col dotto sacerdote S. Bartoli, oratore e umanista (G. Pansini, Il maestro di V. F.: S. Bartoli, Barletta 1936), proseguendoli con G.M. Giovene, del quale appena sedicenne scrisse e pronunciò l'elogio funebre. Di quest'ultimo il F., di debole e cagionevole costituzione ma di precoce e non comune intelligenza, a quindici anni aveva tradotto in accuratissimo toscano una Vita Conradi Bavari… pubblicandola col titolo Vita del beato Corrado Bavaro patrono della città di Melfi, Napoli 1839, ristampa anastatica Molfetta 1984). Dal 1833 al 1837 il F. soggiornò per la maggior parte del tempo a Trani, presso il maggiore dei suoi fratelli, Francesco, per approfondire lo studio delle lingue antiche e moderne.
Il 1° ott. 1838, su consiglio e per raccomandazione del cardinale F. Giudice Caracciolo, arcivescovo di Napoli, che dal 1820 al 1833 era stato vescovo di Molfetta, egli partì per Napoli, per entrare nel collegio dei canonici regolari di S. Agostino, dove si imbevve delle dottrine agostiniane, che saranno determinanti nella formazione del suo pensiero, e dove studiò il greco e le lingue orientali. Ma non meno determinante per lui fu l'assidua frequenza della scuola di B. Puoti, alfiere del purismo napoletano, del quale completò con un quarto libro L'arte di scrivere in prosa… (Napoli 1848), rimasta incompiuta per la morte nel 1847 del maestro, e del quale pronunciò l'Orazione in morte… (Napoli 1848).
Dal purismo napoletano il F. ricevette un'impronta indelebile che fece di lui uno scrittore dallo stile impeccabile, elaborato e nobile, anche se non di rado gli fu rimproverato un eccesso di ricercatezza e di forbitezza che lo impastoiava "nelle minuzie della punteggiatura e dell'ortografia" a scapito dei concetti (Croce, p. 34).
Per alcuni anni il F. aveva meditato seriamente di farsi monaco benedettino, ma finì poi con lo scegliere di diventare sacerdote secolare: consacrato diacono il 6 apr. 1843, fu ordinato prete nell'ottobre dello stesso anno. Dal 1844 fu addetto all'interpretazione dei papiri ercolanesi presso il Museo Borbonico di Napoli, e nello stesso anno prese parte al VII congresso degli scienziati italiani, pronunziando una dissertazione sui rapporti fra archeologia classica e mitologie del Nordeuropa (Atti del VII Congr. degli scienz. ital., Napoli 1846, pp. 662 ss.).
Alla scuola del Puoti il F. si era aperto agli ideali di unità nazionale, onde gli avvenimenti del 1848 e la susseguente reazione lo videro partecipe (sembra che, insieme con il suo amico C. Troya, sia stato sorvegliato dalla polizia borbonica come "elemento pericoloso"); da allora fino all'Unità alternerà la residenza a Napoli con frequenti soggiorni a Molfetta.
Caduti i Borboni, con decreto del prodittatore G. Pallavicino nell'ottobre 1860 ottenne la nomina a prefetto della Biblioteca nazionale di Napoli e fu chiamato a far parte, con F. De Sanctis, S. Baldacchini e S. Tommasi, della commissione provvisoria istituita il 20 agosto dello stesso anno per provvedere a una radicale riforma della pubblica istruzione. Nel 1861 si presentò candidato al Parlamento per il collegio di Molfetta-Bisceglie-Giovinazzo, ma senza successo. Da allora, anche a causa della malferma salute per la quale aveva rifiutato nel 1858 la cattedra di filosofia nell'università di Pavia, non lascerà mai più Napoli, se non per due brevi gite di studio a Montecassino per visitare gli abati C. De Vera e L. Tosti, e per due escursioni a Cava dei Tirreni e ad Amalfi.
Ottenne molti riconoscimenti ufficiali, dall'Ordine civile di Savoia all'ammissione a molte insigni accademie, fra cui l'Ercolanese, la Pontaniana, quella romana di S. Luca, l'Istituto lombardo, l'Ateneo veneto, fino alla Crusca. Godette dell'amicizia di molti uomini celebri, come G. Capponi, A. Mai, A. Maffei, A. Manzoni, F. Sclopis, M. Tabarrini, N. Tommaseo, e soprattutto di A. Rosmini Serbati, che aveva frequentato assiduamente a Napoli nell'inverno e primavera 1849 e che ebbe grandissima influenza sull'orientamento del suo pensiero filosofico.
Partendo, come già accennato, dalle tesi caratteristiche della tradizione platonico-agostiniana il F., nel tentativo per lui fondamentale di conciliare il pensiero cristiano tradizionale con le esigenze dei tempi, si richiama alla dottrina di s. Bonaventura, di s. Anselmo, di G. Duns Scoto, ma più alle teorie del Rosmini e soprattutto del Gioberti, nei binari dello spiritualismo romantico della seconda metà dell'Ottocento. Il Croce afferma che la filosofia del F. consisteva "in una contaminazione del cattolicesimo con alcune dottrine dell'Hegel, dello Schelling e del Gioberti, e propriamente con le parti più scadenti ed antiquate dei sistemi di quei filosofi" (Note, 1907, p. 340), riconoscendo tuttavia l'alta qualità del suo stile e il rigore e l'autenticità della sua vita di meditazione e di ascetico distacco. In realtà il F. si proponeva di rinnovare la tradizione cattolica alla luce di un moderato equilibrio politico, religioso e filosofico: il tentativo, non riuscito, di dare una forma sistematica al suo pensiero rappresentava per lui solo uno strumento.
La prima opera filosofica del F. fu Dell'armonia universale: ragionamenti, Napoli 1850 (2ª ed., Firenze 1862; 3ª ed. ritoccata, in due volumi, Napoli 1878), articolata in tre dialoghi filosofici intitolati: Zingarelli, ovvero dell'armonia ideale; Leopardi, ovvero dell'armonia dello spirito; Giovene, ovvero dell'armonia della natura, dei quali ancora il Croce afferma che "al F. premeva soprattutto la bella forma letteraria intesa al modo del purismo italiano", mentre "il contenuto del pensiero era per lui secondario" (ibid.). Maggiormente impegnato a esprimere il suo sistema filosofico, se mai ne ebbe uno, e specialmente la sua metafisica, fu il suo lavoro successivo, Dell'arte del dire: lezioni, in quattro volumi, che ebbe a Napoli diverse edizioni fra il 1857 e il 1876.
Si tratta di una vera enciclopedia teoretica delle principali letterature e belle arti, che suscitò molte polemiche (è difficile immaginare quali attese prima e quali discussioni poi creò a Napoli, ma anche a Firenze, l'uscita del quarto volume, l'estetica); si affermò che la cultura del F., sebbene solida, non era tale da sostenere un'impresa tanto impegnativa; che se anche egli conosceva il greco non era tuttavia un ellenista in senso moderno; che con le belle arti aveva poca familiarità; che spesso gli bastava trovare una formula per credere d'aver stabilito un legame fra fatti letterari disparatissimi. Il culmine della querelle, iniziata con l'uscita dell'aggressivo libello Delle opere dell'abate V. F. di F. Montefredini (Napoli 1866) fu raggiunto con l'articolo di V. Imbriani V. F. estetico (in Giorn. napolet. di filos. e lettere, I [1872], nn. IV-VII, XI; ripreso dal Croce in Studi letterari e bizzarrie satiriche, IV, Bari 1907, pp. 209-304), cui ribatté il più devoto ammiratore del F., F. Acri, provocando le dure repliche della critica hegeliana, e specialmente di F. Fiorentino (Scritti vari di letteratura, filosofia e critica, Napoli 1876) e di B. Spaventa (Lettera, nel Fanfulla del 26 marzo 1876), alle quali l'Acri controreplicò.
Di fronte a questa diatriba il F. si mostrò indifferente e distaccato, come del resto fece anche nei riguardi dei davvero troppo acri attacchi di Olindo Guerrini, occupato com'era a dare alle stampe la sua opera principale, Della vita di Gesù Cristo libri tre, la cui stesura l'aveva impegnato per quasi trent'anni e per la quale i suoi lavori precedenti erano stati, nelle sue intenzioni, il sostrato metafisico ed estetico.
Anche questa ebbe numerose edizioni, principali quella di Firenze per i tipi di Barbera, che divenne il suo editore d'elezione (I-III, 1869-93), quella di Roma (I-V, 1888-94, riveduta 1901), e quella di Torino del 1930, a cura del nipote G. Fornari. L'opera non concerne solo la vita di Cristo, ma comprende l'intera storia dell'umanità: dalla creazione dell'universo e dalla vera e propria vita di Gesù arriva a delineare a grandi tratti la storia e le future vicende dell'umanità rigenerata in Cristo, da lui guidata nei secoli verso il suo finale glorioso destino.
L'entusiastica accoglienza da parte cattolica va spiegata soprattutto con la convinzione, diffusa quanto erronea, che si trattasse di una confutazione polemica della Vie de Jésus di E. Renan, uscita nel 1863 e conosciuta in Italia l'anno seguente, che aveva suscitato scandalo presentando, in chiave positivistica, un Cristo sommo fra gli uomini ma privo di divinità.
In realtà l'intento del F., anche se apertamente edificatorio, era di dare compiutezza al suo costante ideale etico, radicato nella concezione unitaria dello spirito, nel tenace sforzo di conciliare fede e ragione, scienza e rivelazione, finito e infinito, attraverso il Cristo inteso come realtà suprema, Dio e uomo, però sempre nell'ossequio incondizionato alle tradizioni e all'inviolabilità delle fonti (Vangelo e tradizione), le quali contengono "la luce intelligibile e immediata dell'intelligenza assoluta" (Dell'arte del dire, II, p. 212). Lo stile, sempre netto, chiaro, scultoreo, come riconobbero anche i detrattori, gli meritò il 12 febbr. 1867 l'ammissione all'Accademia della Crusca come socio corrispondente.
Accanto allo scrittore e al filosofo non va però dimenticato il bibliotecario, visto che egli fu per quarant'anni prefetto della Biblioteca nazionale di Napoli. A quell'istituto dedicò una Notizia della Bibl. naz. di Napoli (Napoli 1872), pubblicata in occasione dell'Esposizione universale di Vienna, in cui ne illustra la storia, la funzionalità e la consistenza, che era allora di 200.000 volumi, 25.000 rari, e 10.000 manoscritti. Procedette a considerevoli acquisizioni, favorito anche dalla sua posizione di capo della commissione per l'esecuzione a Napoli della legge di soppressione degli ordini religiosi, nella quale veste fece assegnare alla Biblioteca S. Giacomo le opere storiche e di scienze sociali, e quelle citate dalla Crusca; alla Biblioteca universitaria quelle di matematica, fisica e scienze naturali; e infine alla Nazionale i manoscritti, gli illustrati e i più pregiati in genere. Temporaneamente il F. tenne anche la direzione delle biblioteche S. Giacomo e Brancacciana.
Appena nominato alla Nazionale aveva proceduto alla stesura della pianta organica, approvata con decreto ministeriale n. 273 del 23 febbr. 1861, e alla formulazione del regolamento interno della stessa; da un punto di vista di biblioteconomia la sua amministrazione non fu esente da critiche: trascurò le suppellettili e non fece molto per ammodernare i cataloghi e dare una migliore sistemazione ai fondi, che peraltro arricchì. In ogni caso l'istituto marciò sui binari da lui creati per lunghissimo tempo.
Il F. fu anche un apprezzato epigrafista, e si parlò di pubblicare le sue iscrizioni (oltre 300), ma ciò avvenne solo in parte dopo la sua morte, a cura della R. Accademia di archeologia, lettere e belle arti di Napoli (Iscrizioni, Napoli 1914); non vide invece mai la luce il suo ricco epistolario. Fra le sue pubblicazioni minori si ricordano un Proemio alla Vita di Gesù Cristo (Napoli 1864), un Discorso del Convito di Dante Alighieri, in Dante e il suo secolo (Firenze 1865), una Lettera a F. Zembrini presidente della R. Commissione dei testi di lingua…, in data 21 apr. 1868, in Il Propugnatore, 1868, n. 1, pp. 3, 10, un Elogio del marchese Basilio Puoti (Firenze 1879), e una Lettera sull'Accademia di Mickievicz (s.n.t., presentata all'Accademia di archeologia, lettere e belle arti di Napoli nella tornata del 3 ag. 1880). Infine, a cura del nipote G. Fornari, uscì postumo (Roma 1904) Dell'età dell'oro del genere umano: discorsi e pensieri di V. F., con una breve notizia della vita e delle opere dell'autore (alle pp. V-XIV): si tratta di tre conferenze tenute alla Società Reale di Napoli (I, 14 nov. 1881, Esiodo; II, 8 maggio 1894, Vestigia; III, 10 nov. 1896, Riverberi).
Il F. morì a Napoli il 6 marzo 1900, nello stesso giorno della morte della sorella Isabella che viveva con lui. Aveva legato i suoi manoscritti ai nipoti Giuseppe e Gaetano Salvatore, benedettino cassinense, figli del fratello Giovan Battista.
Fonti e Bibl.: Molfetta, Biblioteca comunale, F. Samarelli, Cenni biogr. su l'abate V. F. (ms.); F. Verdinois, Profili letterari napoletani, Napoli 1881, ad vocem; G. Samarelli, V. F., in L'Ofanto, 24 sett. 1882 (anche in Rassegna pugliese, I [1884], 8, p. 187); S. De Candia, Commemoraz. di V. F., Molfetta 1900; G. Olivieri, V. F., Salerno 1900; F. D'Ovidio, V. F. nell'anniversario della morte, in Riv. d'Italia, III (1900), pp. 590-603; G. Mazzoni, Commem. degli accademici corrispondenti V. F. ed E. Bechi, in Atti della R. Accad. della Crusca, 6 genn. 1901, pp. 15-19; F. Acri, Commem. di V. F., Firenze 1901; C. Villani, Scrittori ed artisti pugliesi…, Trani 1904, pp. 365 ss.; B. Croce, Note sulla letteratura ital. nella seconda metà del sec. XIX, in La Critica, 1907, pp. 337-366 (spec. 337-343; a p. 362 breve nota bibliografica); A. Miola, Commemor. di V. F., Napoli 1910; G. De Simone, Commemor. di V. F., Napoli 1912; D. Carabellese, V. F. scrittore e pensatore, Trani 1919; B. Croce, La letteratura della nuova Italia, I, Bari 1921, pp. 380 ss.; U.A. Padovani, V. F., saggio del pensiero religioso in Italia nel sec. XIX, Milano 1924 (alle pp. 10 s. bibliografia delle opere del F.); P. Losapio, Dell'arte del dire dell'abate V. F., Bisceglie 1926; L. Russo, F. De Sanctis e la cultura napoletana, Firenze 1928, pp. 232 ss.; F. D'Ovidio, Rimpianti vecchi e nuovi, II, Caserta 1930, pp. 151-173; L. Dell'Aversana-Orobona, L'unicità della verità in s. Tommaso, Dante e Fornari…, Melfi 1932; E. Battaglia, V. F. in rapporto al movimento intellettuale-letterario dell'Italia meridionale della seconda metà dell'Ottocento, Bari 1941; M.F. Sciacca, La filosofia italiana, Milano 1941, pp. 8 s., 11, 13; D. Giusto, Diz. bio-bibliografico degli scrittori pugliesi…, Bari s.d., pp. 71 ss.; G. Mazzoni, L'Ottocento, Milano 1943, p. 1080; F. De Sanctis, Saggi critici, II, Bari 1957, pp. 216-239; G. Guerrieri, V. F. e la Biblioteca nazionale di Napoli, in Almanacco dei bibliotecari ital., Roma 1960, pp. 67-74; D. Amato, Cristo centro e respiro della storia. Il pensiero cristologico di V. F., Roma 1995; C. Frati, Diz. bio-bibliogr. dei bibliotecari e bibliofili ital., Firenze 1933, pp. 232 s. (anche M. Parenti, Aggiunte al Dizionario…, ibid. 1959, pp. 89 s.); Enc. Italiana, XV, p. 709; Dict. d'histoire et de géographie ecclésiastiques, XVII, ad vocem.