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MARCHINI, Vitaliano

di Monica Grasso - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69 (2007)
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MARCHINI, Vitaliano

Monica Grasso

Nacque a Melegnano (Milano) il 18 febbr. 1888 da Angelo, cordaio, e da Maria Stella Maestri, cucitrice. Rimasto orfano di madre, a dodici anni si recò a Milano, presso la nonna materna, per trovare lavoro e fu dapprima garzone di fornaio e garzone muratore, quindi si stabilì come lavorante in alcune botteghe di marmisti dove apprese la tecnica della lavorazione del marmo. Si sviluppò così la sua passione per la scultura, che poté coltivare da autodidatta.

A soli diciotto anni espose alla mostra della Permanente di Milano nel 1906; frequentò poi anche lo studio dello scultore milanese Luigi Panzeri. In quegli anni suo riferimento era la scultura del tardo impressionismo e della Scapigliatura milanese: in particolare lui stesso avrebbe ricordato (Come divenni scultore, in Diocesi di Milano, VI [1965], 5, pp. 298-303) l'ammirazione provata per il Monumento alle Cinque giornate di Giuseppe Grandi.

Nel 1910, con l'opera Prime fatiche, una figura di ragazzo in gesso, partecipò all'Esposizione nazionale di belle arti di Brera e vinse il premio Tantardini. Nel 1912 vinse, sempre all'Esposizione di Brera, il premio Fumagalli con il bronzo Piccola madre e nel 1914 espose alla XI Biennale di Venezia il bronzo Ritratto d'artista. La prima guerra mondiale, durante la quale fu prima nel 7° reggimento fanteria e poi negli alpini, portò a un diradarsi dell'attività artistica; ma è datato al 1917 il gruppo bronzeo La cieca (collezione privata: Arte a Milano 1906-1929, fig. 74), nel quale una giovane cantante cieca e la suonatrice d'organetto che l'accompagna formano un insieme in cui l'accento patetico, il linearismo delle figure, la levigatezza delle superfici, rivelano la temperie ancora simbolista.

Alla XII Biennale di Venezia del 1920, il M. espose il marmo Bimbo malato (catal., p. 57). Nel 1921 sposò a Melegnano Piera Zucchelli e nello stesso anno divenne insegnante di figura modellata presso il liceo artistico dell'Accademia di Brera. Del 1922 è la sua prima mostra personale alla galleria Pesaro di Milano, con i pittori Ugo Bernasconi e Raoul Viviani, presentato da Adolfo Wildt.

Espose trentasei opere in marmo e in bronzo, tra le quali il citato gruppo La cieca, qui accompagnato da due teste della Cieca. La statua in marmo Primi turbamenti (collezione privata: Sgarbi, p. 141) mostra un linguaggio più classicheggiante nell'acerbo corpo nudo della giovinetta che richiama il tema di Leda con il cigno. Alcune opere testimoniano invece l'influenza di Wildt, al quale il M. si avvicinò molto in quegli anni, come il busto in marmo di Cristo, le cui costole esageratamente evidenziate e il capo incappucciato nel sudario assumono valenze espressionistiche, e come l'Autoritratto, levigata e geometrizzante maschera marmorea. Accanto ai temi religiosi, che saranno predominanti nell'opera matura del M., si confermano qui anche i ritratti dell'umile mondo contadino e operaio, come nella Seminatrice.

Nel 1925 il M. partecipò ancora all'Esposizione nazionale di belle arti di Brera, con due opere: il gruppo in gesso Deposizione e il marmo Testa di donna. Negli anni Venti si confermò la sua posizione: Carlo Carrà espresse giudizi favorevoli sulla sua opera e le sue sculture furono frequentemente riprodotte su riviste come Emporium, Domus e l'Illustrazione italiana (Caserini).

Nel 1926 partecipò alla I Mostra del Novecento italiano a Milano accanto a scultori come A. Maraini, D. Rambelli, R. Romanelli, L. Andreotti, con tre opere in marmo (Sosta, Madonnina, Torso nudo di donna), tra le quali Madonnina è ancora fortemente debitrice dell'arte di Wildt.

Dal 1927 fu insegnante di scultura all'Accademia di Brera, dove rimase fino al 1959. Dal 1929 fu anche direttore della Scuola superiore degli artefici, annessa a Brera. La Galleria d'arte moderna di Milano acquistò nel 1927 alla Esposizione nazionale di belle arti di Brera il bronzo Pescatrice; e nel 1928, la testa in terracotta Pastore alla I Mostra sindacale fascista lombarda.

Nella stessa mostra di Brera del 1927 il M. espose il bassorilievo La gioia degli umili, fra le sue più felici creazioni, un'affettuosa rappresentazione di un umile gruppo familiare (R. Giolli, Cronache. La Biennale di Brera, in Emporium, LXVI [1927], 394, p. 254: una composizione molto simile del 1932 dal titolo La famiglia fu acquistata dalla Galleria d'arte moderna di Milano nel 1936 alla VII Mostra sindacale lombarda).

Nel 1928 il M. partecipò alla XVI Biennale di Venezia con due opere, la Figura femminile in bronzo e la Madonna in marmo (catal., pp. 97, 112). Fu presente anche alla XVII Biennale di Venezia nel 1930, con tre opere (Salutazione materna, Contadina seduta, Contadina); e nel 1931 partecipò alla I Quadriennale romana sempre con tre opere (Topa il boscaiolo, La dama, Fuochi spenti).

Questi anni di intensa produttività e di relativa affermazione culminarono con la sala individuale consacrata al M. nella XVIII Biennale di Venezia del 1932, nella quale furono presentate sedici sue opere.

Tra queste il bassorilievo in bronzo Il ritorno del papà e il bronzetto intitolato La siesta, acquistati dalla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma, e il gruppo bronzeo Le amiche (1931) che nel 1938 verrà acquistato dalla Galleria d'arte moderna di Milano.

Se il bronzetto di piccolissime dimensioni La siesta mostra una vena ironica e bozzettistica, Le amiche rientra nel filone intimista più tipico del M., nell'affettuosa complicità mostrata dalla postura e dalla gestualità delle due donne; il linguaggio plastico espanso, volumetrico e dai tratti sintetici dimostra la consonanza con il Novecento italiano, con riferimenti più espliciti alle opere di A. Martini e di M. Marini.

Dal 1932 al 1934 il M. fece parte della commissione edilizia e della commissione artistica del cimitero del Comune di Milano. Nel 1934 fu presente alla XIX Biennale di Venezia con quattro opere e alla II Quadriennale romana del 1935 con Ragazzo che dorme.

Nel 1938 partecipò alla XXI Biennale di Venezia con il bronzo Bimbo seduto e alla Primaverile della Permanente di Milano con sei opere, tra le quali Padre e bimba e Viandanti, due bassorilievi.

In quegli anni partecipò alla decorazione di grandi opere pubbliche milanesi come il palazzo di Giustizia di M. Piacentini, nel quale furono coinvolti numerosi artisti e per il quale eseguì il bassorilievo La condanna di Caino (1936-39), trascrizione bonariamente umana dell'episodio biblico, e l'ospedale Maggiore di Niguarda, per la cappella del quale eseguì il bassorilievo con la Guarigione del cieco (1939).

Nel 1938-39 eseguì inoltre, per il duomo di Milano, le statue in marmo di S. Michele per una guglia e di S. Bernardo all'interno.

Nel 1943 la sua abitazione e il suo studio di Milano furono colpiti da un bombardamento, ed egli si trasferì a Mergozzo in provincia di Novara. Nel dopoguerra si dedicò sempre di più a opere di arte sacra e si interessò alla scultura in legno. Nel 1954-55, per il centenario della morte di A. Rosmini, eseguì dodici formelle in bronzo per il portale della collegiata di Domodossola, con episodi ispirati al magistero rosminiano, e le statue in travertino dei ss. Gervasio e Protasio per la rinnovata facciata dello stesso edificio. Del 1960 è l'altorilievo in cotto con il Battesimo di Cristo posto sopra il portale d'ingresso della chiesa di S. Giovanni Battista a Melegnano. Dal 1967 al 1969 insegnò educazione artistica all'istituto Bellini di Candoglia. Nel 1969 ammalatosi, si trasferì a Melegnano, dove morì il 29 luglio 1971.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. bio-iconografico della Galleria nazionale d'arte moderna; Melegnano, Archivio degli eredi Marchini; Esposizione nazionale di belle arti (catal.), Milano 1910, p. 29; Mostra individuale dei pittori Ugo Bernasconi, Raoul Viviani e dello scultore V. M. (catal., galleria Pesaro), Milano 1922; Esposizione nazionale d'arte (catal.), Milano 1925, pp. 27, 30; Novecento italiano (catal.), Milano 1926, pp. 27, 71; R. Giolli, Cronache. La Biennale di Brera, in Emporium, LXVI (1927), 394, pp. 253 s.; XVI Esposizione internazionale d'arte (catal.), Venezia 1928, pp. 97, 112; L'arte nostra nei cimiteri, in Domus, 1932, n. 59, p. 653; Mostra sociale primaverile (catal.), Milano 1938, ad ind.; M. vive ancora nelle sue opere, in Il Melegnanese, 1971, n. 17, p. 4; L. Caramel - C. Pirovano, Galleria d'arte moderna. Padiglione d'arte contemporanea. Raccolta Grassi, Milano 1973, pp. 21 s., tavv. 103, 304-306; Súbulo Calvo, Il lombardo scultore V. M., in Arterama, V (1973), 1, p. 15; G. Sannazzaro, Pitture e sculture, in L'arte nel territorio di Melegnano, Milano 1977, p. 139; P. Marescalchi, in Anni Trenta (catal.), Milano 1983, p. 517; A. Casmerini, Melegnano non dimentica M. grande scultore, serio maestro, in Il Cittadino (Lodi), 25 ag. 1992, p. 22; Sculture italiane del primo Novecento (catal.), a cura di V. Sgarbi, Bologna 1992, pp. 140 s.; Arte a Milano 1906-1929 (catal.), a cura di P. Biscottini, Milano 1995, p. 313, fig. 74; V. Palmisano, V. M. scultore, in Il Melegnanese, 1995, n. 20, p. 4; n. 21, p. 3; G. Ginex, Le opere d'arte decorative del palazzo di Giustizia di Milano. Inventario, in Muri ai pittori (catal.), Milano 1999, p. 210; Italia quotidiana. Dipinti e sculture dagli anni Venti agli anni Quaranta della Galleria nazionale d'arte moderna (catal.), a cura di M. Margozzi, Roma 2003, p. 84; Milano anni Trenta. L'arte e la città (catal.), a cura di E. Pontiggia - N. Colombo, Milano 2004, pp. 170, 258; M. Picciau, V. M., in Galleria nazionale d'arte moderna. Le collezioni. Il XX secolo, a cura di S. Pinto, Milano 2005, p. 164; A. Panzetta, Diz. degli scultori italiani dell'Ottocento e del primo Novecento, Torino 1994, I, p. 177; II, fig. 502.

Vedi anche
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vitale agg. [dal lat. vitalis, der. di vita «vita»]. – 1. a. Di vita, proprio della vita: fenomeni, elementi v.; forza v., spirito v., forma v. (e sostantivato al masch., il vitale, nella filosofia di B. Croce; v. anche vitalità); funzioni...
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