DONATI, Vitaliano
Nacque a Padova l'8 sett. 1717 da Angelo, discendente probabilmente da una illustre famiglia fiorentina. Studiò medicina e filosofia a Padova, conseguendo il dottorato il 10 giugno 1739. Pur avendo come maestro nelle scienze mediche il Morgagni, il D. subì maggiormente l'influenza del fisico G. Poleni e dei naturalisti A. Vallisnieri e G. Pontedera. La sua inclinazione per la storia naturale, l'archeologia e il disegno gli fecero trascurare l'esercizio dell'arte medica. Di carattere inquieto, preferiva il contatto diretto con la natura e le ricerche sul campo all'erudizione pura e alla calma di biblioteche e di laboratori. Ancora studente percorse l'Italia settentrionale esplorandone la vegetazione e le caratteristiche geologiche. In compagnia del conte Gian Rinaldo Carli, storico ed economista, studiò la flora e i monumenti antichi della costa istriana, in particolare Pola.
Nel 1741 il Poleni lo prese come assistente nell'insegnamento della fisica sperimentale a Padova. Il D. lo accompagnò, in seguito, a Roma quando nel 1743 venne richiesto il suo parere circa le misure necessarie per prevenire il deterioramento della cupola di S. Pietro.
Benedetto XIV, avendo deciso di istituire una cattedra ed un museo di storia naturale alla Sapienza, consigliato dall'architetto A. Leprotti, ne affidò la realizzazione al Donati. Incaricato dal papa di recarsi nel Regno di Napoli e di Sicilia per raccogliervi esemplari di storia naturale, il D. si mise in viaggio, ma la peste che imperversava a Messina dal maggio 1743 gli fece abbandonare il progetto iniziale e preferire alla Sicilia un paese mediterraneo più sicuro e senza impedimenti di quarantene. Scelse allora come obiettivo la costa orientale adriatica.
Il D. studiò sistematicamente la geografia fisica, la flora e la fauna della Dalmazia, visitò le principali isole dell'Adriatico, visse con i pescatori, soggiornò nelle più importanti città costiere come Spalato, Zara, Sebenico, esplorò l'interno del territorio "illirico" tiri particolare la Lika e la Bosnia. Fu il primo naturalista competente ad erborizzare sulle cime di Velebit e a penetrare nelle foreste di Grmeč. Il rapporto scientifico che inviò, nel dicembre 1745, da Knin nella Dalmazia settentrionale, al suo protettore Leprotti a Roma fu pubblicato, col titolo Della storia naturale marina dell'Adriatico. Saggio, a Venezia nel 1750 a spese del conte Carli e restò la più importante opera dal naturalista padovano.
Il libro contiene considerazioni generali sulla biologia marina, osservazioni originali sull'idrografia e la geologia della costa adriatica orientale, nozioni schematiche sul materiale di pesca, le descrizioni di alcuni fossili e, soprattutto, la presentazione dettagliata e ben illustrata di molte specie che vivono in questo mare e con le quali "la natura fa passaggio dalle piante agli animali". L'opera del D. ha influenzato il pensiero biologico europeo per la dimostrazione del carattere sostanzialmente animale della riproduzione e della crescita dei coralli e per la scoperta della fruttificazione del Fucus che portò le prove dell'identità fondamentale degli organi di riproduzione nel vegetali marini e terrestri. Malgrado alcune voci critiche da parte del mondo scientifico francese, il successo di questo libro fu immediato e durevole: A. von Haller ne fece, ad esempio, l'elogio e ne sottolineò l'originalità: "nobile opus ex proprio labore natum" (in Bibl. botanica, Tiguri 1772, II, p. 400).
La parte dedicata ai coralli fu tradotta in inglese e pubblicata con il titolo: New discoveries relating to the history of coral nelle Philosophical transactions, XLVII (1751), p. 95. Solo un anno dopo fu stampata la traduzione tedesca del libro intero (Halle 1752) e un po' più tardi, nelle Philosophical Transactions del 1756, I'opera del D. fu ampiamente riassunta e analizzata per cura di A. Trembley.
Quando J. Salvemini de Castillon tradusse dall'italiano e pubblicò in Olanda questo libro sotto il titolo Essai sur l'histoire naturelle de la mer Adriatique (La Haye 1758), il D. si lamentò, in una lettera al Vallisnieri, "di questo sfortunato abbozzo", che, a suo parere, non era che un pallido riflesso delle sue reali ricerche. Egli si era preoccupato di dare all'edizione italiana il sottotitolo Saggio e di sottolineare, fin dall'introduzione, che si trattava soltanto di una specie di estratto di "una non picciola opera": "Mi sia lecito il dir non picciola, perché oltre la storia marina, non ho trascurato di notare nei miei viaggi non solo molto di ciò, che alla storia naturale terrestre appartenere e giovare ho creduto, ma eziandio dei costumi di questi popoli, dei mali particolari, e de' rimedi, della situazione geografica di queste regioni, e de' quasi infiniti pezzi d'antichità ed iscrizioni; moltissime osservazioni ho fatte e non forse dispregievole raccolta io posseggo" (introduzione: lettera a Leprotti del 1745). Questo ampio studio sull'Adriatico non fu mai completato. Da un lato. come notava con rammarico il conte Carli, la quantità di incisioni necessarie per illustrare l'opera completa era già sufficiente a impedirne la pubblicazione, dall'altro il D. fu distolto dall'impresa da nuovi impegni. Egli preferiva la raccolta di osservazioni allo studio dei materiali accumulati. Si ignora il destino delle sue note e collezioni riguardanti l'Adriatico, ad eccezione delle piante terrestri che, malgrado gli obblighi del D. verso l'università papale, furono inviate al botanico G. Pontedera a Padova.
Dopo il 1746 il D. cercava disperatamente un impiego, dato che la cattedra di storia naturale a Roma si era rivelata, alla fine, un miraggio. Grazie alla fama internazionale procuratagli dal successo scientifico del libro (era già da qualche anno membro corrispondente della Accademia reale delle scienze di Stoccolma e venne eletto membro della Royal Society di Londra) fu nominato il 6 ott. 1750 da Carlo Emanuele III professore di botanica e storia naturale all'università di Torino.
Il D. vi si trasferì durante l'inverno 1750-51 e inaugurò il suo insegnamento universitario; il 4 gen. 1751 divenne consigliere del protomedicato. Le attività pedagogiche e sanitarie non gli impedirono di continuare le sue escursioni scientifiche e di passare i mesi estivi sulle montagne della Savoia e della Val d'Aosta.
I rapporti manoscritti del D., conservati nell'Archivio di Stato di Torino (Istruzione pubblica, Univ. di Torino, m. 8, a. 1759), e la sua corrispondenza con A. Vallisnieri mostrano che, tra il 1751 e il 1759, egli si interessò soprattutto alla mineralogia delle regioni alpine e degli animali marini della Costa Azzurra. Le sue Osservazioni di storia ... fatte in Savoia e Aosta nella scorsa estate dell'anno 1751 (ms.) contengono informazioni sullo sfruttamento delle miniere. D'ordine del re egli fece un rapporto ufficiale su una frana catastrofica avvenuta il 31 luglio 1751 nell'alto Faucigny (Relazione riguardante i diroccamenti della montagna di Plenejoux, ms.), in cui poteva dimostrare che la causa non era vulcanica come si temeva. Nelle Philosophical transactions (XLIX [1756], 2, p. 612) si trova l'estratto di una lettera del D. ad A. Trembley sui terremoti avvertiti a Torino il 9 dic. 1755 e l'8 marzo 1756.
Dato che Carlo Emanuele III aveva deciso la creazione di due musei reali, uno di antichità orientali e l'altro di storia naturale, il D. fu incaricato di una spedìzione in Egitto e nelle Indie. Giunse ad Alessandria nel luglio del 1759, accompagnato dal pittore Christian Wehrlin e dal medico naturalista G.B. Ronco. Fornito di grossi mezzi finanziari, secondo le disposizioni reali, il D. cominciò l'acquisto sistematico di oggetti d'arte e di campioni mineralogici, botanici e zoologici. Ma violente dispute sfasciarono il gruppo e il D. decise, dopo gravi delusioni dategli dal Ronco, di continuare il suo compito senza collaboratori europei. Prese come apprendista medico, interprete e guida un autoctono molto bravo, Stefano Aspahan, il quale, in effetti, lo servì fedelmente fino alla morte e partecipò alla redazione e poi alla conservazione del diario di viaggio.
Nel 1760 il D. risalì il Nilo. Fece degli scavi a Karnak e vi dissotterò - per spedire poi in Italia - molti oggetti preziosi fra cui le due grandi statue che egli credette immagini di Iside e Osiride (ancora conservate a Torino, in realtà esse rappresentano Ramsete II e la dea Sekmet); visito poi le cave di marmo e studiò la petrografa della valle e l'idrografia del fiume, arrivò alla cataratta d'Assuan, ne fece la carta topografica e la superò per penetrare nella Nubia. Di ritorno al Cairo il Natale del 1760, ne ripartì subito per il monte Sinai per vedere i monasteri copti e prendere appunti sulle iscrizioni antiche e sul contenuto delle biblioteche e delle collezioni di curiosità naturali.
Nel 1761 il D. viaggiò in Palestina e in Siria; in settembre giunse per via terra a Damasco donde passò a Basra e di là, per mare, a Masquat. Il 13 febbr. 1762 s'imbarcò su una nave turca per andare dal Golfo Persico alle coste di Malabar; ma si ammalò durante la traversata e morì il 26 febbr. 1762; fu seppellito a Mangalore.
Soltanto una parte delle note, dei disegni, degli oggetti artistici, dei documenti storici e dei campioni di storia naturale raccolti dal D. nel suo viaggio in Oriente poté salvarsi ed essere trasportata in Italia. Oltre ai materiali che costituirono il primo nucleo del futuro Museo egizio e le piante e i minerali uniti alle collezioni del Museo di storia naturale di Torino, ciò che resta a testimoniare questa spedizione è soprattutto il Giornale di viaggio redatto dal D. dalla partenza da Venezia nel giugno 1759 fino all'arrivo a Masqat nel gennaio '62. Il testo integrale di questo giornale non fu mai pubblicato. Esso comprende informazioni non soltanto di archeologia, geografia fisica e storia naturale dell'Egitto, della Palestina e della Siria, ma anche di antropologia culturale, commerci e medicina dei popoli che abitano questi paesi.
In onore del D. due generi di piante furono chiamate la Vitaliana Sesler e la Donatia Forster.
Fonti e Bibl.: I manoscritti del D. sono conservati presso la Biblioteca Reale di Torino (Man. Varia, 291-93, 307) e l'Accademia delle scienze a Torino. Di particolare importanza è la trascrizione del Giornale di viaggio fatto in Levante nell'anno 1759 d'ordine di Sua Maestà dal medico Vitaliano Donati (Ibid., Ibid., 291). Le lettere del D. al Vallisnieri sono state pubblicate in A. Roncetti, Lettere inedite scientifico-letterarie, Milano 1845, pp. 119-158. Per la biografia cfr. I. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, Patavii 1757, II, pp. 411 s.; A. J. L. Jourdan, in Biographie medicale, Paris 1821, III, pp. 506 s.; G. G. Bonino, Biografia medica piemontese, Torino 1825, II, pp. 146-176; G. Gennari, Elogio di V. D., Padova 1839; P. Revelli, Il viaggio in Oriente di V. D., in Cosmos, XII (1894-1896); P. Baroncelli, Il viaggio del dottor V. D. in Oriente (1759-1762) in relazione con le prime origini del Museo egiziano di Torino, in Atti d. R. Acc. d. scienze di Torino, XLVII (1912), pp. 411-425; P. A. Saccardo, La botanica in Italia, Venezia 1895, I, p. 67; II, p. 42; P. Baroncelli, L'Egitto e il Sinai nel Giornale di viaggio di V. D. (1759-62), in Atti d. R. Acc. d. scienze di Torino, XLVIII (1913), pp. 471-496; G. B. De Toni, V. D., in A. Mieli, Gli scienziati italiani, Roma 1923, I, pp. 452-455; O. Sonntag, The correspondence between Albrecht von Haller and Charles Bonnet, Berti 1983, pp. 78, 170, 366, 371, 374, 858.