VITALE da Bologna
VITALE da Bologna. – Nacque con ogni probabilità a Bologna, verso la fine del XIII secolo. Nessuna notizia su di lui consta anteriormente alla professione religiosa nell’Ordine dei frati servi di Maria (avvenuta in data imprecisata), se non che ebbe un fratello di nome Paolo, frate professo nello stesso Ordine. Non trova nessun riscontro documentario la tradizione che a partire dal Seicento gli attribuì il patronimico Avanzi.
L’erudizione servita cinque-seicentesca, sulla scorta di documenti oggi irreperibili, sostiene attendibilmente che Vitale fu presente a Bologna nell’agosto 1318 come lettore nel convento di borgo San Petronio, sede del principale Studium dell’Ordine. A tale altezza cronologica, egli aveva già ottenuto il baccellierato in teologia a Parigi dove avrebbe trascorso numerosi anni di formazione, dedicandosi forse anche allo studio delle scienze matematiche e astronomiche.
La prima notizia documentata su Vitale da Bologna è del 17 dicembre 1333, quando presenziò come teste a un atto notarile. Almeno fino al dicembre 1337, ricoprì ancora l’incarico di lettore presso il convento di borgo San Petronio. Alla fine del 1338 ricevette il mandato dal priore generale Pietro da Todi (1314-44) di recarsi a Ferrara per organizzare, con il vescovo Guido da Baisio, l’insediamento dei frati in quella città.
Si era allora nel vivo di un’aspra diatriba all’interno dell’Ordine: a partire dal maggio 1333, un nucleo consistente di frati agì in netto contrasto con il generale (scomunicato il 24 marzo 1334 dal legato pontificio Ponzio Stefani), inducendolo a cassare nei due capitoli generali del 1334 e 1335 i decreti emanati nel 1328 e nel 1333. Vitale sembrò essersi schierato dalla parte di Pietro da Todi, in quanto presenziò il capitolo celebrato a Bologna nel maggio 1336, disertato dai rappresentanti di circa ventisette conventi sui sessanta attestati all’epoca. Anch’egli, insieme ai principali protagonisti della contesa, venne poi convocato ad Avignone il 1° aprile 1341 per la ‘riforma’ dell’Ordine. Non è noto se abbia avuto un ruolo, e quale, nel successivo processo (Siena, aprile-luglio 1341) che portò all’estromissione dei vicari generali di Pietro da Todi e alla nomina di due ‘amministratori generali’ dell’Ordine da parte di Benedetto XII (31 dicembre 1341).
Nel gennaio 1343 fu di passaggio presso il convento di Firenze proveniente dalla Curia avignonese. Fu sicuramente in questo periodo che si saldò il rapporto con l’entourage del pontefice, in particolare con Étienne Aubert, cardinale dal settembre 1342 (e futuro papa Innocenzo VI) che lo portò ad assumere incarichi rilevanti negli anni successivi. Infatti il 3 dicembre 1348, dopo la morte del priore generale Matteo da Castel della Pieve succeduto a Pietro da Todi alla fine del 1344, Clemente VI affidò la guida dell’Ordine a Vitale da Bologna, che subito (1349) nominò come suo vicario il fratello Paolo (anche lui lettore in teologia sicuramente dal marzo del 1346 e maestro dopo il 4 novembre 1359).
In continuità con la ‘riforma’ dell’Ordine sostenuta dal pontefice il 23 marzo 1346 (in particolare si previde la celebrazione a cadenza triennale del capitolo generale), Vitale, nei capitoli generali del 1350 e 1353, attuò una serie di decreti atti a organizzare, in particolare dal punto di vista amministrativo, lo Studium di Parigi. Egli promosse inoltre una serie di restrizioni riguardanti la vita religiosa dei frati come ad esempio il divieto di praticare attività commerciali, di possedere cavalli, di mangiare carne più di tre giorni a settimana. Si trattava soprattutto di arginare i casi di apostasia che in quel periodo dovettero essere frequenti, anche a fronte dell’emanazione di alcuni decreti specifici in materia. In questo periodo, forse nel 1351, Vitale conseguì il magistero in teologia a Parigi.
Durante il suo generalato, l’espansione territoriale dell’Ordine – che nel corso della prima metà del XIV secolo era stata notevole – subì una brusca frenata, in particolare a fronte della grande epidemia di peste che raggiunse l’Italia negli anni 1347-48 e seguenti. Furono fondati gli insediamenti di Mestre nel 1349, Como nel 1352, Pavia nel 1354, Montepulciano nel giugno-luglio 1355 e Praga negli anni 1359-60. Vi fu anche un tentativo d’insediamento, senza successo, a Pisa nel 1353. In merito alle nuove fondazioni, durante il capitolo generale di Pistoia del maggio 1356, si stabilì che fossero, per quanto possibile, dedicate alla Vergine Maria, senza però disdegnare le intitolazioni ad altri santi al fine di non trascurare le devozioni locali. Inoltre si aggiunse di non rifiutare le chiese impotentes a scapito di quelle divites et potentes (Constitutiones novae..., a cura di P.M. Soulier, 1898, pp. 45 s.).
Tra il gennaio e il luglio 1357, Vitale da Bologna dovette affrontare un’aspra controversia sorta con Bartolo Ruggeri, priore del convento di Firenze, e i trentaquattro frati di ‘stanza’. In quel periodo forse già risiedeva a Osimo (o nelle vicinanze), incaricato dal cardinale Egidio Albornoz – legato in Italia dal 30 giugno 1353 – di predicare personalmente il verbum crucis contro Francesco degli Ordelaffi, accusato di eresia, e i suoi seguaci nelle città e diocesi di Rimini, Pesaro, Fano, Urbino, nella Massa Trabaria e nelle terre di Sant’Agata.
L’accusa dei frati di Firenze mossa in forma di appellatio presso la Curia avignonese e l’Albornoz riguardò probabilmente il suo interventismo sul patrimonio immobile del convento. Dopo il processo presieduto dal vescovo di Firenze (25 marzo-5 aprile 1357), Vitale fu infatti citato di fronte all’uditore papale Giovanni da Corman, cardinale diacono di San Giorgio al Velabro, o ad altri commissari, per «bonorum et rerum dictorum conventus et loci (di Firenze) spoliationibus necnon possessionum alienationibus et distractionibus pecuniis et multis et quam pluribus aliis gravaminibus illicitis et iniustis ac indebite factis» (Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico, SS. Annunziata, 1° luglio 1357). Non si hanno notizie sull’esito della causa, ma il prestigio di Vitale da Bologna in ambiente curiale rimase intatto (come già il 13 giugno 1357, anche il 7 luglio 1357 Albornoz gli reiterò l’incarico sopra accennato di predicare il verbum crucis contro l’Ordelaffi), e lo stesso fece negli anni successivi (1° aprile 1358, 16 febbraio 1359) il nuovo legato in Italia, l’abate cluniacense Androin de la Roche.
Nel 1359 Vitale fu invitato a predicare nel regno d’Ungheria con la collaborazione di due suoi confratelli, Andrea da Faenza e il fratello Paolo. Rientrò in Italia nel luglio 1359, per occuparsi di affari interni all’Ordine a Venezia e Bologna trattenendosi almeno fino al novembre del 1360.
Nel 1362 Vitale celebrò a Genova un capitolo generale, nel quale – a prova del suo perdurante prestigio – fece approvare delle norme che prevedevano il carcere per i frati ribelli nei confronti dei loro superiori, nonché i decreti emanati nel 1350 e 1353 (al contrario di quanto era avvenuto con Pietro da Todi). Nell’agosto dello stesso anno Albornoz gli intimò di rendere conto del denaro proveniente dalle indulgenze concesse per le sue spedizioni, in seguito ad accuse di appropriazione indebita provenienti da soggetti non meglio identificati. Il procedimento non andò avanti, forse anche per la morte di Innocenzo VI (12 settembre 1362) e l’elezione di Urbano V, il quale ben presto, il 19 dicembre, lo nominò vescovo di Ascoli. Ottenuto il prestigioso incarico, egli si dimise dalla carica di priore generale: il 20 febbraio 1363 il pontefice nominò come suo successore Nicolò da Venezia.
Pochi mesi dopo, il 21 luglio 1363, Vitale venne subito trasferito presso la sede vescovile di Chieti a seguito della nomina del predecessore Bartolomeo Paparuzzi ad arcivescovo della diocesi di Patrasso. Come presule della diocesi teatina, si prodigò subito nel raccogliere le decime imposte da Urbano V con l’obiettivo di riaffermare la propria giurisdizione sui territori e i beni episcopali; in particolare si scontrò con successo tra il marzo e l’ottobre del 1367 con gli eredi di Francesco di Turre, bollato come ‘eretico’ nel 1354 da Innocenzo VI, il quale aveva preso indebitamente possesso di alcuni beni spettanti alla Mensa vescovile.
Come testimonierebbero alcune iscrizioni su pietra oggi perdute, ma tramandate da eruditi seicenteschi locali, nella seconda metà degli anni Sessanta egli cercò anche di rivitalizzare il culto di figure come s. Flaviano e il beato Alberto confessore, traslando i rispettivi resti e reliquie sotto un altare all’interno della cattedrale di Chieti (Nicolino, 1657).
Il 21 agosto 1371, ormai assai anziano, restituì al convento di Strada Maggiore dei frati Servi di Bologna, tramite vari intermediari, i libri da lui procurati durante il periodo passato nell’Ordine, aggiungendo inoltre le acquisizioni fatte durante il suo episcopato. Si trattava di settantaquattro manoscritti, da lui chiesti in prestito il 22 novembre 1363 allo stesso convento – pochi mesi dopo essere diventato vescovo di Chieti –; gli erano stati concessi per la «dilectionem et affectionem» che aveva avuto nei confronti dei frati locali e degli «honores, commoda et emolumenta ac privilegia et beneficia» da lui procurati per loro (Taucci, 1935-1936, p. 148).
La varietà degli interessi culturali di Vitale da Bologna è notevole: dalla Cronica Ianuensis di Iacopo da Varazze alla Commedia di Dante Alighieri, dalle opere di carattere storico (Tito Livio, Svetonio, Eutropio) a quelle di argomento scientifico (Aulo Celso, Tolomeo, Giovanni di Sacrobosco, Al-Farghani). Non mancavano scritti di natura teologica, filosofica. giuridica, geografica (Mapamundi) e omiletica.
È plausibile che la sua morte avvenne a Chieti prima del 5 settembre 1373, data in cui Gregorio XI nominò come nuovo vescovo teatino Eliazario da Sobrano.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Corporazioni religiose soppresse, S. Maria dei Servi, b. 6/6095, nn. 3, 5, b. 6/6096, nn. 13, 21bis, b. 189/6777, cc. 20v, 22r; Ufficio dei memoriali, 188, cc. 152r-153v, 190, cc. 496rv; Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico, SS. Annunziata, 1357 luglio 1; Corporazioni religiose soppresse dal governo francese, 119, filza 682, passim; Notarile Antecosimiano, 2541, passim, 2543, passim, 3831, cc. 43rv; 7373, cc. 10v-11r; 7376, cc. 25v-26r; Firenze, Biblioteca nazionale, Conventi Soppressi, A.IX.1484 (II), cc. 8r-v, 80v-81r, 100r-v; Archivio di Stato di Lucca, Diplomatico, Serviti, 1353 aprile 16; Roma, Archivio generale dell’Ordine dei Servi di Maria, Diplomatico Montepulciano, 1355 luglio 4; Annalistica, vol. MM. SS. Monumenta historica Ordinis S.B.M.V., cc. 199v, 200rv; Libro di Spogli segnato A, agli anni 1343, 1349, 1351, 1352, 1353, 1354, 1355; Archivio di Stato di Siena, Archivio Bucelli, 62, Ristretto de’ contratti dei Servi di Santa Maria, passim; De Collegio Parisiensi Ordinis Servorum sancate Mariae, a cura di P.M. Soulier, in Monumenta Ordinis Servorum sanctae Mariae, I, Bruxelles 1897, pp. 167 s., 197 s.; Constitutiones novae sive ordinationes factae in capitulis generalibus 1295-1473, a cura di P.M. Soulier, ibid., II, Bruxelles 1898, pp. 16 s., 24-30, 32-47; Regesto delle pergamene della Curia arcivescovile di Chieti (1006-1400) a cura di A. Balducci, I, Casalbordino 1926, pp. 71-75; Fonti storico-spirituali dei Servi di santa Maria, II. Dal 1349 al 1495, Gorle 2002, ad indicem.
M. Poccianti, Chronicon rerum totius sacri Ordinis Servorum Beatae Mariae Virginis..., L. Torrentino, Firenze 1567, pp. 150-154, 157 s.; G. Nicolino, Historia della città di Chieti metropoli delle Provincie d’Abruzzo, Napoli 1657, pp. 103 s., 111 s., 163 s., 166-168; Annalium sacri Ordinis fratrum Servorum b. Mariae..., a cura di A. Giani - L. Garbi, Lucca 1719, pp. 194, 242, 277, 287-289, 290, 295, 304, 313 e ad ind.; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, VI, Venetiis 1720, coll. 744-746; R.M. Taucci, Delle biblioteche antiche dell’Ordine e dei loro cataloghi, in Studi storici dell’Ordine dei Servi di Maria, II (1935-1936), pp. 147-156; D.M. Montagna, Liber capitulorum generalium O.S.M., XV. Pistoia 1356, in Studi storici dell’Ordine dei Servi di Maria, XL (1990), pp. 67-71; F. Gobbo, La chiesa e il convento di Santa Maria dei Servi di Ferrara dalla fondazione (1339) al 1424, ibid., XLVI (1996), pp. 42-48, 58 s., 100 s.; R. Citeroni, L’Ordine dei Servi di santa Maria nel Veneto. Tre insediamenti trecenteschi: Santa Maria dei Servi a Venezia (1316), Santa Maria della scala a Verona (1324), Santa Caterina a Treviso (1346), Roma 1998, ad ind.; I Servi di santa Maria: tra intuizione carismatica e istituzionalizzazione (1245-1431). Atti del Convegno di Roma..., in Studi storici dell’Ordine dei Servi di Maria, LIX (2009), ad indicem.