visus
Acutezza visiva, ossia la capacità dell’occhio umano di risolvere dettagli fini. La massima capacità visiva è ottenuta quando il sistema diottrico dell’occhio proietta l’immagine sulla fovea, che costituisce la regione più centrale della macula e presenta la maggiore densità di fotorecettori, i coni, che permettono la massima risoluzione e la visione dei colori.
L’occhio distingue due punti separati su un foglio e allontanati progressivamente solo fino a una certa distanza. Al di là di questa distanza li percepisce come un punto solo. L’angolo che congiunge l’occhio ai due punti diminuisce man mano che essi si allontanano: esiste, quindi, un angolo del minimo separabile, ossia un angolo visivo minimo perché l’occhio li distingua. Quindi, perchè i diversi dettagli di un’immagine possano essere percepiti, è necessario che essi formino un angolo visivo non inferiore a quello del minimo separabile.
Il v. viene comunemente espresso in frazione decimale. In partic., si definisce normale un v. di 10/10, che indica la condizione in cui un occhio è in grado di riconoscere un simbolo che sottende un angolo visuale di 5' d’arco con dettagli che sottendono un angolo di risoluzione di 1' d’arco. Le tavole sulle quali sono riportate le lettere o simboli da riconoscere sono denominate tavole ottotipiche e nella maggior parte dei casi permettono di valutare i v. che vanno da un minimo di 1/10 a un massimo di 10/10. Valori inferiori a un decimo vengono valutati avvicinando il soggetto alla tavola ottotipica ed espressi in ventesimi (1/20, 2/20, ecc.).
Il v. naturale è l’acuità visiva misurata senza correzione con lenti. Questo dato viene sempre valutato per certificare l’idoneità alla guida. Pazienti miopi o ipermetropi necessitano di lenti (montate su occhiali o a contatto) per correggere il loro difetto refrattivo. Il v. corretto è l’acuità visiva massima raggiungibile utilizzando lenti adeguate. La gradazione delle lenti viene espressa in diottrie.
In caso di patologie che alterino la trasparenza dei sistemi diottrici dell’occhio (per es., cataratta, opacità corneali), o di patologie retiniche che coinvolgano la macula, alterazioni del nervo ottico o delle aree del cervello deputate al riconoscimento dell’immagine, ossia in tutti i casi in cui il segnale che parte dall’oggetto osservato trova un ostacolo nel percorso verso la regione occipitale del cervello deputata al suo riconoscimento, l’acuità visiva risulta essere al di sotto del valore normale nonostante la migliore correzione del difetto rifrattivo.