VISCHIO (fr. gui; sp. muérdago; ted. Mistel; ingl. mistletoe)
Nome volgare del Viscum album L., pianta Dicotiledone della famiglia Lorantacee: è parassita dei peri, meli, sorbi, susini, mandorli, pioppi, aceri, abeti, vivendo sui loro rami dai quali assorbe, per mezzo della radice opportunamente trasformata in austorî, l'acqua con i sali nutritivi che circola nell'alburno; è un arbusto ramosissimo con rami cilindrici, opposti, articolati, foglie opposte, coriacee, carnose, ottuse; fiori gialli sessili, diclini e dioici riuniti in piccoli capolini ascellari o terminali, frutti sferici bianchi, a bacca monosperma, con mesocarpo gelatinoso vischioso. Il genere Viscum (Linneo, 1735) conta circa 30 specie delle regioni temperate e tropicali del vecchio mondo.
Vischio quercino è il Loranthus europaeus L. che vive parassita sulle querce e sui castagni; ha foglie brevemente picciolate, fiori piccoli a perigonio doppio in spighe semplici terminali, frutti a bacca ovata gialla monosperma. Dalle bacche e dalla corteccia di questa pianta si estrae una sostanza vischiosa che serve, insieme con quella ottenuta dallo Ilex aquifolium e dal Viburnum lantana, a preparare la pania degli uccellatori.
Il vischio, nei paesi nordici specialmente, è simbolo di buon augurio, tanto che serve a ornare le case nelle feste natalizie di capo d'anno.
Farmacologia. - Già nell'antichità venivano usate le foglie e i teneri rami disseccati del vischio, come antispastico. Recentemente alcuni autori ne isolarono i principî attivi: la viscalbina, di natura alcaloidea, la visciflavina, di natura, probabilmente, glucosidica. Questi principî dimostrano un'azione sinergica abbassando la pressione arteriosa. Questa ipotensione, consecutiva a una vasodilatazione generalizzata, sarebbe da riferire, secondo alcuni, prevalentemente a influenze centrali sui nuclei vasomotori (S. Fubini, P. Niccolini), mentre, secondo altri, non sarebbe da escludere un'azione diretta periferica sulle cellule muscolari lisce delle pareti vasali (C. Foà). I preparati di vischio occupano una posizione eminente nel trattamento dell'ipertensione, data la loro scarsa tossicità per l'organismo e il facile dosamento. L'estratto fluido di Viscum album contenente i diversi principî attivi in quelle proporzioni e condizioni che ne avvalorano il sinergismo, ha dato buona prova nell'ipertensione arterosclerotica renale, eclampstica, climaterica, saturnina, e può venire adoperato nelle emottisi, nelle epistassi, nell'ipertensione endoculare. La posologia è da riferire soprattutto ai sintomi d'intolleranza gastroenterica (diarrea, flogosi catarrale ed emorragica). Si usa alla dose di gr. 0,10-i in pillole o pozioni.
Etnografia religiosa. - Presso i popoli più disparati (primitivi di Australia e di Africa, Ainu del Giappone) il vischio si ritiene dotato di particolari virtù sia curative, sia fecondative. Questo valore sacro della pianta è rimasto nel folklore delle popolazioni nordiche d'Europa, particolarmente di Scandinavia e Inghilterra, soprattutto in occasione dei due solstizî, d'estate (San Giovanni) e specialmente d'inverno (Natale). Per quest'ultimo, l'usanza di appendere in casa, o regalare un ramo di vischio, quale simbolo di buon augurio, è penetrata di recente anche in Italia.
In Gallia i druidi, che costituivano insieme il sacerdozio e l'aristocrazia intellettuale celtica, ritenevano che la nascita di questa pianta parassita su di una quercia ne attestasse la santità. E la coglievano con solenne cerimonia al sesto giorno della luna. Avanti al popolo radunato un druida biancovestito saliva sull'albero e tagliava con un falcetto d'oro il vischio che cadeva sopra un drappo bianco steso per terra. Seguiva il sacrificio di due tori bianchi mai aggiogati (Plinio, Nat. Hist., XVI, 249-51).
Il vischio entra anche nel mito nordico di Balder, il quale muore quando alla quercia viene strappato il vischio. J. G. Frazer congettura che quel ramoscello d'oro che l'aspirante al sacerdozio nemorense doveva staccare da un albero, prima di sfidare il sacerdote in carica, fosse appunto un ramo di vischio; come vischio a suo parere doveva essere quel ramoscello d'oro che Enea per ordine della Sibilla deve impugnare prima di entrare negl'inferi (Virg., Aen., VI, 136 seg.)
J. G. Frazer, The golden boughia; a study in magic and religion, Londra 1907-15; ediz. ridotta, ivi 1922 (trad. ital., Roma 1925).