Vedi VIRUNUM dell'anno: 1966 - 1997
VIRUNUM (v. vol. VII, p. 1186)
La sostanziale scomparsa della città romana scavata fino agli anni Trenta è compensata in parte dall'avvio di nuove indagini, in parte da alcune scoperte riguardanti le fasi pre- e protostoriche.
La vasta, piatta regione che si estende a Ν di Klagenfurt fino a St. Veit, fiancheggiata da colline e da rare ma imponenti montagne, è denominata Zollfeld: toponimo che andrà ricondotto a una località di dogana nel ducato altomedievale della Carinzia, sito all'incrocio delle strade che attraversavano la regione, piuttosto che a una radice romana o preromana sol, con cui veniva denominata la regione nell'antichità. Soprattutto ai margini dello Zollfeld sono stati rilevati resti di insediamenti considerevoli, che vanno dalla fine della prima Età della Pietra a quella del Bronzo, e dalla cultura di Hallstatt sino alle ultime fasi di quella di La Tène; seguono inoltre l'insediamento a carattere urbano sul Magdalensberg, tardo-celtico e della prima epoca romana, e V., capitale della provincia norica, posta direttamente sullo Zollfeld; a essa succedettero nell'Alto Medioevo i centri di Karnburg e di Maria Saal, fondamentalmente politico il primo e cultuale il secondo. Tale varietà di insediamenti contraddistingue lo Zollfeld come essenziale fulcro culturale di tutta la regione. Inoltre, un'antichissima via di collegamento fra l'Adriatico e il Danubio attraversava lo Zollfeld e da qui faceva poi una deviazione attraverso la Carinzia sudorientale fino alla «via dell'ambra» che correva a S delle Alpi.
Questa è dunque la situazione in cui, negli anni attorno al 45 d.C., si iniziò a costruire la città romana di V., su una terrazza a E del fiume Glan: la città assunse il ruolo politico eminente dell'insediamento che l'aveva preceduta sul Magdalensberg, che probabilmente aveva avuto lo stesso nome. La sua fondazione da parte dell'imperatore Claudio e la sua denominazione ufficiale di Municipium Claudium Virunum è attestata da Plinio (Nat. hist., III, 16), come pure da una serie di iscrizioni. Come città romana autonoma di diritto latino, V. divenne anche capitale della provincia romana del Noricum, istituita contemporaneamente dallo stesso Claudio, e tale restò fino alla seconda metà del II sec. d.C. Quando, a seguito dei provvedimenti presi in occasione delle guerre contro i Marcomanni, attorno al 170 d.C., l'amministrazione della provincia venne spostata a Ovilava (Wels), a V. rimase solo la sede dell'organizzazione finanziaria; la città tornò a essere il centro della provincia solo dopo le riforme amministrative dell'imperatore Diocleziano alla fine del III sec., e divenne sede dei praesides provinciae Norici Mediterranei durante la tarda età imperiale. I primi ampî scavi della seconda metà del XVIII sec. e dell'inizio del XIX riportarono alla luce un numero insufficiente di reperti. Solamente gli scavi sistematici di F. Pichler, E. Nowotny e R. Egger, susseguitisi dalla fine dell'Ottocento al 1930, produssero risultati utili alla conoscenza della città (la cui estensione era di 1 km2 c.a), del suo sistema urbanistico e della sua stratigrafia. Tali ricerche rimisero in luce solamente alcuni settori parziali dell'abitato, non privi però di importanza: il centro della città col foro, il Capitolium e le due insulae con complessi abitativi adiacenti; i resti di un tempio, che non può essere attribuito, e di un santuario di Giove Dolicheno nella zona settentrionale, nonché di un teatro con scena, eretto sul fianco del Monte Töltschach. Altri resti erano già noti in precedenza: una costruzione posta sopra il teatro e identificata come palazzo dei governatori, oppure anche come un anfiteatro su una terrazza un po' più ampia e sita a E. Questi resti formarono la base per la pianta della città disegnata da H. Vetters: essa può risultare in parte confermata, e forse anche ampliata, da una serie di riprese aeree più recenti finora inedite. Se ne ricava in complesso una pianta di tipo ortogonale, il cui asse principale è allineato al «corso norico» che taglia la città in linea retta, lungo la direttrice S-SO/N-NE. Fra le singole strade rimangono blocchi di case di misure diverse, le cui fondazioni, stando a quanto emerso finora dagli scavi e dalle riprese aeree, consentono di ricostruire talvolta la struttura edilizia della stretta insula, talvolta quella dell'ampia casa a peristilio. Sembra che le strade non avessero alcun tipo di pavimentazione, ma erano provviste di canalizzazioni; la presenza di tubazioni in piombo e dispositivi per fontane agli incroci delle vie fa ritenere che esistessero condotte idriche.
Nella metà orientale della città, presso le falde del Monte Töltschach, si ergono il foro e il Capitolium. Il motivo di tale disposizione, come si può vedere soltanto dalle riprese aeree, risale al tracciato del «corso norico», che evidentemente fu scelto come asse principale del sistema viario della città e porta da S perpendicolarmente fino al foro. A Ν del Capitolium la via prosegue fra alcune insulae nella stessa direzione e passando presso il Santuario di Giove Dolicheno abbandona l'abitato. Dai resti del tracciato e di complessi funerari disposti lungo i suoi lati si è potuto stabilire che la via proseguiva ulteriormente in direzione N.
Come in numerose altre città romane provinciali, anche a V. foro e Capitolium, eretti l'uno di fronte all'altro, ma separati da una via, formano un tutto unico, tuttavia visibilmente deformato da una considerevole inclinazione del loro asse comune. La piazza del foro, lastricata, era fiancheggiata sui lati E e O da due serie di ambienti di dimensioni diverse, mentre sul lato S si estendeva una basilica a navata unica, che a ogni estremità dei lati corti presenta un'abside fornita di passaggio verso un'altra sala, ugualmente conclusa da un'abside. Su tre lati della piazza del foro (O, S ed E) era un portico a pilastri; l'intero complesso veniva ad assumere le dimensioni ragguardevoli di m 119,75x95,4. L'entrata di rappresentanza al foro si trovava sulla fronte S della basilica, e attraverso le aule e il portico conduceva alla piazza. Si può supporre che le sale e gli ambienti delle ali laterali o della basilica fossero riservati ai magistrati cittadini per le cerimonie relative ai culti delle varie divinità; il ritrovamento, in una delle sale, di un altare votivo per il Genius dei Norici (ora al Landesmuseum, ν. infra) conferma tale ipotesi.
L'area del Capitolium, a Ν del foro, consiste in un cortile pressoché quadrato, circondato, tranne che sul lato S, da portici coperti di 5,75 m di ampiezza: il livello era più alto dell'area circostante, e quindi i portici erano disposti su doppio ordine in modo da risultare agibili sia dal livello stradale inferiore, sia dall'alto, ossia dal cortile del tempio. Inoltre, la piazza del Capitolium stessa era collegata con quella del foro mediante un'ampia gradinata. Al centro del cortile interno, su un alto podio, si innalzava il tempio della triade capitolina, di cui però si sono conservati soltanto gli ambienti sotterranei; essi fanno pensare a un tempio in antis con vestibolo e con cella tripartita, in relazione agli dei della triade stessa, e cioè Giove, Giunone e Minerva. A O del tempio fu ritrovato un enorme piedistallo quadrato in muratura piena, originariamente rivestito di lastre marmoree, forse base per un grande monumento (una statua equestre, o simili). La testa del tipo «Atena di Velletri», ritrovata il secolo scorso e assai rovinata, apparteneva forse proprio alla statua di Minerva del Capitolium di Virunum.
Le insulae scavate a tutt'oggi, la I e la IV (cui è da aggiungere un'altra indagata a partire dal 1992), site a O del foro, grazie alla loro stratigrafia sono al momento le uniche possibili fonti di indizi sulle varie fasi edilizie della città. Nella insula I, il c.d. quartiere dei bagni, si possono riconoscere complessivamente quattro periodi, il primo dei quali va datato all'età di Claudio. Attorno al 260 d.C. una distruzione portò presumibilmente a un'estesa ricostruzione, cui appartiene anche il prezioso mosaico di Dioniso (ora al Landesmuseum, ν. infra), posto nel vestibolo di una sala absidata di tipo basilicale. Dopo un incendio divampato nella seconda metà del IV sec., nella parte NO dell'insula fu eretto un complesso termale, presumibilmente pubblico, che rimase in attività forse fino al V secolo. Ricostruzioni e riduzioni degli spazî caratterizzano quest'ultima fase: in effetti si tratta soltanto di forme di occupazione sporadica prima dell'abbandono della città da parte della popolazione, iniziato forse già intorno a quest'epoca, ma sicuramente in atto nel successivo VI secolo. Nella parte SO dell'insula era un edificio allestito lussuosamente, forse luogo di riunione di un'associazione dedita al culto di Dioniso, cui potrebbe rinviare il mosaico pavimentale di cui sopra: vi era anche un cortile a peristilio con serie di fontane, dove presumibilmente erano stati collocati in un secondo momento i frammenti sparsi di numerose statue di divinità ed eroi (ora al Landesmuseum, ν. infra). Stando ai dati di scavo, l'impianto era stato distrutto intenzionalmente nella seconda metà del IV secolo. Anche la parte centrale dell'insula presenta mosaici pavimentali, pareti decorate di marmi e sale riscaldate; anche senza considerare le sculture e mosaici pavimentali, i rinvenimenti effettuati nell'insula I sono notevoli.
L'insula IV mostra solamente due periodi costruttivi: il primo è caratterizzato da case a peristilio, con locali di abitazione e botteghe, mentre nel secondo il cortile a peristilio passa in secondo piano rispetto all'inserimento di un bagno privato.
I ritrovamenti in queste insulae rivelano le componenti fortemente italiche di costruzioni e arredi degli edifici, mostrando contemporaneamente la romanizzazione progressiva degli abitanti della città.
L’insula indagata più recentemente presenta anch'essa varie fasi costruttive: si sono individuate, più precisamente, una fase risalente alla seconda metà del II sec. d.C. e una fase di età severiana. Sono stati rinvenuti ambienti di varie dimensioni (alcuni dei quali riscaldati): sotto uno di questi, si è scoperta una tavola di bronzo (m 0,90x0,60) interamente riscritta. La prima iscrizione ricordava l'inaugurazione (183 d.C.) di un mitreo ricostruito; poi la lastra fu reimpiegata come album sacratorum per i soci della comunità mitriaca di V.; infine fu probabilmente nascosta dagli ultimi fedeli attorno al 400 d.C. È la più grande iscrizione romana in bronzo scoperta finora in Austria.
Sulle pendici del Monte Töltschach si trovano le rovine di un teatro, l'unico di questo tipo finora rinvenuto nel Noricum. La cavea riservata agli spettatori, con un raggio di 35 m, è poggiata sul pendio naturale; di fronte, si ergeva la scena, di 5,8x35,2 m. Dietro, accessibile mediante tre porte, si apriva un portico ampio 4,50 m, da cui si passava a una terrazza, che peraltro venne già chiusa in antico. Stando ai resti rinvenuti, sembra che la scena fosse molto alta e riccamente decorata, datata probabilmente al II sec. d.C. Le statue accatastate di dei ed eroi ritrovate nel «quartiere dei bagni», forse originariamente destinate alla decorazione della scaenae frons, si datano attorno al 130 d.C. Fra i principali elementi di datazione per il teatro va ricordato un busto dell'imperatore Adriano, recuperato nell'edificio stesso. Un restauro dell'impianto dovette essere compiuto sotto Eliogabalo nel 221 d.C., come risulta da un'iscrizione per lui e Alessandro Severo, ritrovata nelle macerie sotto la porta centrale della scena (ora nel castello Töltschach). Nello Zollfeld fu ritrovata un'iscrizione, che definisce homerista T. Flavio Eliano, un attore specializzato nella parodia di scene di tipo omerico: probabilmente anch'essa va collegata al teatro.
Nonostante l'area indagata sia minima e sia stata pressoché interamente ricoperta dopo lo scavo, l'antica capitale della provincia romana ci ha lasciato un notevole patrimonio archeologico. La vicinanza all'Italia e un periodo di pace abbastanza lungo e pressoché ininterrotto hanno favorito moltissimo lo sviluppo della cultura e dell'arte romano-provinciale nel meridione del Noricum (per le arti figurative v. norico-pannonica, arte).
A partire al più tardi dalla prima metà del IV sec., V. era già sede di un vescovo, la cui diocesi era formata dal territorio della città. Non è stato possibile ritrovare una chiesa paleocristiana nell'ambito di V.: essa, peraltro, non sarà stata posta al centro dell'abitato, bensì ai margini della zona edificata, come di norma anche altrove. Potrebbero forse essere pertinenti a una chiesa i contorni murarî di un edificio rettangolare con abside a E, identificati dalle riprese aree all'estremità NE della città; e forse provenivano da qui due capitelli di pilastro già noti, murati nella c.d. Prunnerkreuz. D'altro canto, nelle vicinanze immediate della città sono state portate in luce e studiate altre chiese paleocristiane: due sul Grazerkogel e una sull'Ulrichsberg. Esse si trovano in parte inglobate entro fortificazioni, probabilmente erette come rifugî dagli abitanti di V. sin dagli inizî del V secolo. Orde di barbari, come le schiere di Ostrogoti e altre bande di quella tribù sotto la guida di Radagaiso attorno al 405 d.C., oppure il presunto soggiorno del visigoto Alarico con le sue schiere attorno al 408 d.C. crearono sicuramente grandi problemi alla città priva di difese e alla sua popolazione; queste scorrerie ridussero in misura notevole la vita sociale a V., ed è in questo periodo che inizia un lento declino degli edifici della città. Alla fine del V sec. troviamo già nominata la fortificata Teurnia (St. Peter in Holz) quale centro del Noricum, divenuto nel frattempo provincia sottoposta all'ostrogoto Teodorico; anche a questo si deve lo spopolamento della città sullo Zollfeld.
Bibl.: H. Vetters, in RE, Suppl.IX, A1, 1961, c. 244 ss., s.v. Virunum, R. Fleischer, Die römischen Bronzen aus Österreich, Magonza 1967, passim; G. Piccottini, CSIR, Österreich, II, 1. Die Rundskulpturen des Stadtgebietes von Virunum, Vienna 1968, passim; id., Frühes Christentum in Kärnten, in Carinthia I, 161, 1971, p. 10 ss.; id., CSIR, Österreich, II, 2. Die Rundmedaillons und Nischenporträts des Stadtgebietes von Virunum, Vienna 1972, passim; id., CSIR, Österreich, II, 3. Die Dienerinnen und Dienerreliefs des Stadtgebietes von Virunum, Vienna 1977, passim; H. Vetters, Virunum, in ANRW, II, 6, 1977, p. 302 ss.; G. Piccottini, Virunum. Die Stadt unter dem Zollfeld, in Die Brücke, 1982, 4, p. 5 ss.; L. Beckel, O. Harl, CSIR, Österreich, II, 4. Die kultischen und mythologischen Reliefs des Stadtgebietes von Virunum, Vienna 1984, passim, V. Moiling, Die reliefverzierte Terra sigillata von Virunum, Innsbruck 1987; O. Harl, Der Stadtplan von Virunum nach Luftaufnahmen und Grabungsberichten, in JbZMusMainz, XXXVI, 1989, p. 521 ss.; G. Piccottini, Mithrastempel in Virunum, Klagenfurt 1994; id., CSIR, Österreich, II, 5. Grabstelen, Reiterund Soldatendarstellungen sowie dekorative Reliefs des Stadtgebietes von Virunum und Nachträge zu CSIR-Österreich II, 1-4,Vienna 1994; Ch. Cugl, Die römischen Fibeln aus Virunum, Klagenfurt 1995.
)